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pd-m5sdi Nicola Tranfaglia - 8 luglio 2014
Il tentativo di accordo tra il Partito democratico e i seguaci di Grillo è fallito, dopo che i grillini, come ormai si autodefiniscono, hanno scritto dieci risposte che hanno dichiarato: "sono altrettanti sì" alle proposte formulate qualche giorno fa dal segretario-presidente del Consiglio e dai suoi più stretti collaboratori. Il movimento dell'ex comico è apparso disponibile sulla legge elettorale ma, entrando nel merito, si è scoperto che i grillini parlano in realtà di un primo turno proporzionale privo di risultati nel caso in cui al secondo turno partecipano i due partiti più votati.
l vincitore del secondo turno ottiene un premio limitato in cui ottiene una maggioranza limitata. Ma si parla, tuttavia, e su questo punto il movimento è irremovibile sempre di liste e non di coalizioni di liste. C'è quindi apertura dal partito dell'ex comico genovese per uno scorporo del CNEL ma non sulla sua soppressione.
Il Movimento Cinque Stelle è vago sulla riforma dei collegi per arrivare magari al risultato che una parte del PD potrebbe accettare di collegi uninominali, e come quelli presenti nel vecchio Mattarellum, cosi definito da Sartori. E varie riserve restano in piedi a proposito della riforma delle autonomie proposta nell'attuale disegno di legge e  riguardante il titolo Quinto nella formulazione approvata  nel 2001.

Inoltre - e qui si arriva al cuore della contesa - i grillini pongono come punto irrinunciabile per la formazione del nuovo Senato che vi si arrivi attraverso le elezioni di primo grado  e, su questo, il Partito democratico non è disposto a cedere come non lo è sulla immunità,aspetti fondamentali del patto concluso e di recente riaffermato a chiare lettere prima con Berlusconi al Nazareno e poi riaffermato più volte con i suoi delegati Verdini e Brunetta in un nuovo, recente incontro.
Ora le accuse si sprecano dall'una come dall'altra parte.
Del resto per chi segue la politica italiana è ormai noto che sia nel Partito democratico ci sono il senatore Vannino Chiti e altri membri del gruppo democratico al Senato che continuano a insistere per il Senato elettivo e in Forza Italia ci sono 39 senatori (sui 59 di cui si compone la delegazione azzurra che è sulle medesime posizioni).
Poiché si tratta delle giornate decisive ormai prima delle imminenti votazioni non c'è da stupirsi se i toni sono alti e i due maggiori partiti si scontrano in maniera decisa e, sembra, inconciliabile visto che  dagli atteggiamenti che si avranno nei prossimi giorni dipenderà se le riforme potranno andare avanti rapidamente e con risultati positivi o bloccarsi ed essere ferme fin dopo le vacanze estive senza conseguire i risultati attesi. La posta in gioco è grande e dipende da varie ragioni. Senza fare supposizioni legate a improbabili retroscena bisogna ricordare almeno due cose:
1) che esiste un accordo preciso tra Renzi e Berlusconi sulla legge elettorale e sulle riforme istituzionali che nessuno dei due vuole rimettere in discussione;
2) che qualcuno in parlamento sente che la legislatura non potrà arrivare al termine e pensa a quello che potrebbe capitale durante le votazioni e tra questi c'è sicuramente Grillo che da un anno e più a questa parte non vede l'ora di misurarsi con gli elettori. Se questi due elementi hanno un minimo di consistenza, non c'è da stupirsi di fronte ai tentativi di accordi come agli scontri che ne seguono.

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