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tranfaglia-nicola-web11di Nicola Tranfaglia - 4 maggio 2014
Aspettiamo da molti anni il risanamento dell'Italia che è da sette anni in crisi ma, se si fa il mio mestiere (quello di mode sto artigiano del passato), si comprende con chiarezza che le ragioni della crisi insieme economica, sociale, culturale e politica, affondano le loro origini in un passato che affonda nel processo di unificazione nazionale di 153 anni fa o ancora prima.
Peraltro anche se si fa un altro mestiere come capita alla maggior parte dei miei cari lettori, si può accertare - indagando sui dati ufficiali contenuti in tutte le statistiche nazionali, a partire da quelle contenute negli ottimi fascicoli e libri del CENSIS - che in Italia ci sono, a tutti gli effetti, cittadini di serie A e cittadini di serie B. Basta andare a leggere le statistiche che riguardano il trattamento di cui godono, nel nostro paese, le Regioni a statuto speciale e se ne ha la prova più chiara ed evidente.

In quelle regioni - le citiamo per chi non le ricordasse: il Trentino, la Valle d'Aosta, l'Alto Adige e la Sicilia - a spese del bilancio pubblico nazionale - agli abitanti vengono rimborsate regolarmente le cure dentistiche, gli stipendi dei pubblici dipendenti e degli amministratori sono in media più alti di quelli delle altre regioni, le aziende godono di sovvenzioni lontane dagli standard italiani e vicini ai limiti europei che, come è noto, vietano aiuti di Stato.
Del resto non è affatto vero (anzi si potrebbe dire che è il contrario) che nelle regioni a Statuto speciale gli enti regionali spendono meno rispetto ai loro colleghi delle regioni ordinarie. Anche qui ci soccorrono i dati delle statistiche ufficiali. Ne cito qualcuna e non tutte per non rendere noiosa l'esposizione e soprattutto il ragionamento che è alla base di questo articolo.
In Emilia Romagna dal 2000 al 2009 (passando da 7.310 euro a 17.567) le spese regionali sono cresciute del 149 per cento. In Sicilia (passando da 13.131 euro a 29.635) sono cresciute del 125,7 per cento. E se si prendono ad esempio alcune regioni a statuto ordinario si ha modo di verificare che le percentuali della crescita vanno da percentuali di circa 40 per cento che riguardano regioni come la Campania, il Veneto, le Marche e il Molise e a regioni come la Puglia, la Toscana e il Piemonte che sono intorno all'80 per cento con il caso, quasi eccezionale, del la Basilicata che registra una crescita del 115,2 per cento della spesa regionale.
E questo senza dimenticare i processi in corso in Lombardia, il Lazio e ancora in altre regioni contro consiglieri regionali li o assessori che hanno chiesto e ottenuto rimborsi per spese ridicole, e comunque non incluse negli appositi tariffari. Insomma quando qualcuno, riferendosi ai consiglieri regionali delle regioni a statuto speciale parlano di un'altra casta, oltre quella maggiore che prospera nella penisola non è facile da parte dei singoli come delle istituzioni rispondere in maniera efficace e ineccepibile giacchè i dati appena citati  parlano chiaro e conducono a conclusioni chiare.
Se, come sentiamo ogni giorno nei canali televisivi, siamo vicini a una riforma istituzionale convincente, una materia come questa dovrebbe entrarvi di filato. Se questo non accade e le cose continueranno ad andare come vanno adesso, allora c'è da credere che gli annunci restano tali e che - come quasi sempre - nel nostro Paese non può succedere niente o quasi niente.

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