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parlamentodi Nicola Tranfaglia - 4 marzo 2014
Il professor Roberto D'Alimonte, direttore del Centro Italiano Studi elettorali che è stato il collaboratoretecnico dell'attuale presidente del Consiglio Matteo Renzi durante la fase calda della stesura dell'ITALICUM, a giorni in discussione alla Camera dei Deputati, in un'intervista al Corriere della Sera, fa un'obiezione di fondo al testo della legge elettorale che anche chi scrive non si sente di criticare. Di fronte a un testo che garantisce al partito vincitore 321 seggi a fronte di una maggioranza assoluta di 316 deputati rischia di lasciare le sorti del paese in mano a sei deputati, una maggioranza troppo fragile per qualsiasi governo che ascenda a reggere il potere. D'Alimonte suggerisce una modifica al testo che potrebbe farsi in due modi: o alzando al quaranta per cento la soglia di voti che fa scattare un premio di maggioranza del quindici per cento; oppure, se si lascia la soglia di maggioranza al 37 per cento come è oggi, alzando il premio al diciotto per cento.Un'unica soglia uguale per tutti e fissata al quattro per cento semplificherebbe il sistema e lo renderebbe più presentabile.

Insomma D'Alimonte fa un ragionamento complessivo che vale la pena riprodurre: "Bisognerebbe correggere la formula per la restituzione dei seggi alle regioni, ai colleggi, ai partiti dopo averli attribuiti a livello nazionale. Il meccanismo attuale privilegia il criterio territoriale rispetto a quello politico e crea un grosso problema rispetto a quello politico e crea un problema soprattutto per le piccole formazioni. Per loro il sistema elettorale diventa una specie di roulette. Ma si può lavorare su una formula più equilibrata mettendo insieme competenze diverse dai matematici e gli informatici ai giuristi e ai politologi, visto che ci sarebbe tempo per farlo. Peraltro D'Alimonte, anche perchè vicino all'attuale capo del governo e al suo progetto politico, è convinto (come tanti tra gli esperti e gli elettori consapevoli) che la riforma del Senato vada fatta al più presto e si rivela, a suo avviso, più urgente della medesima riforma elettorale.
Così arriva anche da settori diversi del movimento Cinque Stelle e della sinistra interna al Partito democratico e, da parte di uno studioso riconosciuto tra i più esperti di leggi e di elezioni, la duplice osservazione su una legge elettorale, il testo attuale dell'Italicum, criticato da molti giornalisti e anche da chi scrive proprio sulle colonne di Articolo Ventuno: il premio di maggioranza attuale, contrariamente a quanto ha più volte dichiarato l'attuale capo dell'esecutivo, è insufficiente a garantire una maggioranza efficace e tranquillizzante alla Camera dei Deputati; e non esiste neppure un testo di riforma che riguardi la Camera Alta prevista nella costituzione vigente, sia pure destinata ad essere modificato con le procedure parlamentari previste. Di qui il nervosismo che si avverte negli ambienti vicini al governo Renzi e l'ipotesi ancora presente di elezioni che si svolgerebbero molto prima del fatidico 2018.
Difficile far previsioni ma che le cose non procedano al meglio e che le due opposizioni esistenti a livello parlamentare - Forza Italia, da una parte, e la Lega di Salvini dall'altra - incalzino il governo con durezza, è per ora indubbio.   

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