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italiani c michele d ottaviodi Salvo Vitale - 17 febbraio 2014 

Molto è stato scritto sull'argomento: “italiani brava gente”, italiani “popolo di navigatori, poeti, santi”, “maledetti italiani” ecc.. Nell'Ottocento Mazzini, ha teorizzato l'esistenza di una “terza Roma”, dopo quella dei Cesari e quella dei Papi, la “Roma del popolo”, con cui gli Italiani avrebbero dovuto proporsi all'Europa come i promotori della lotta per la conquista della patria e della democrazia. Nella retorica della storiografia ufficiale, la lotta per la patria sembrò realizzarsi nell'epopea risorgimentale, per contro, quella per la democrazia aveva precursori troppo illustri e più stabilizzati, dall'Inghilterra, agli Stati Uniti, alla Francia, per sperare di poter suggerire qualcosa di nuovo oltre le teorie autoritarie e spregiudicate del “Principe” di Machiavelli.

E così, dopo l'unità, bisognò adoperarsi per fare gli Italiani. Si poteva, si doveva scegliere il federalismo per mettere insieme stati regionali con culture ed economie del tutto diverse e invece, nella paura che il nuovo soggetto politico-geografico si sgretolasse, si scelse il centralismo autoritario e l'amministrazione delle province come conquiste personali del re di Sardegna. La violenza con cui vennero represse le agitazioni popolari, dalla rivolta palermitana del Settebello (1866) al diffuso fenomeno di disagio sociale, definito “brigantaggio”, sono un chiaro esempio di come la Destra italiana decise di risolvere i problemi del lavoro, della sopravvivenza, dell'economia, prima  di quelli della democrazia, con la forza delle armi. Dopo l'inutile esibizione di forza di Bixio, con la fucilazione dei contadini di  Bronte,  seguì l'episodio di Porto Lanfranco, (14 agosto 1861), (ricordato come “il massacro dimenticato”, su “La Repubblica” del 27 agosto 2010), dove la morte di 40 bersaglieri venne “vendicata” con la distruzione del paese e con l'eccidio di 400 persone innocenti:  nulla di diverso dall'operato dei nazisti alle Fosse Ardeatine. Con il suo autoritarismo da operetta  l'ex-rivoluzionario siciliano Francesco Crispi riuscì a distruggere il grande movimento di ispirazione socialista de “i Fasci siciliani” con fucilazioni, incarcerazioni, processi, condanne, lasciando ai suoi conterranei l'emigrazione, come unica possibilità per cercare un tipo di vita e di società diversa. Le crudeltà degli Italiani in Libia e il massacro gratuito dei capi berberi venuti a consegnare la resa, sono  ulteriori esempi di cattiverie e di  ferocia, non molto distanti dalle decimazioni ordinate dal generale Luigi Cadorna durante la prima guerra mondiale, per dare un esempio a chi avesse meditato di disertare o di dare ascolto alla propaganda socialista. La  spirale si completa con il fascismo: il clima di terrore imposto dalle squadracce, le sadiche violenze nei confronti degli indifesi, i delitti, da Matteotti ai fratelli Rosselli, le complicità con le forze dell'ordine che ne appoggiavano l'operato, sono momenti di un regime in cui il duce era l'italiano stesso, o ciò in cui l'italiano si riconosceva e si realizzava. Il tutto condotto attraverso l'appoggio del Partito Popolare e con l'occhio benevolo della chiesa,  stretta poi nell'abbraccio mortale del Concordato. Le atrocità commesse in Etiopia si legano perfettamente con quelle dei fascisti italiani in guerra in Spagna per “una nuova crociata” e con le orribili carognate dei repubblichini di Salò al servizio dei nazisti. La Resistenza rappresenta un fragile momento di riscatto che coinvolse circa 200.000 uomini e donne, ma che ridiede una dignità al servilismo italiano,  alla sua divisa cangiante di voltagabbana, al suo abituale schierarsi con l'apparentemente più forte. Parametri simili troviamo nelle regioni meridionali, dove la debolezza e la vigliaccheria della maggior parte della popolazione ha finito con il costituire il terreno di cultura di chi, attraverso la violenza e l'oppressione, ha imposto un sistema di potere al servizio del privilegio e dello sfruttamento. In ciò i mafiosi non hanno nulla di diverso dai dirigenti d'azienda che impongono contratti di lavoro capestro, o dai tangentisti  al servizio delle lobby politiche. Secondo una casistica molto diffusa nella scuola, chi diventa professore tende a far subire agli alunni le stesse cose che egli subiva quando era alunno. Conclusione: il trasformismo è italiano, il fascismo è nato in Italia, il regime democristiano identificatosi nel duce-papa è stato più longevo perchè protetto dagli Stati Uniti, privo di alternative credibili e perfettamente in linea con il binomio “pastore-pecore”. Negli anni '50 si cantava, nelle chiese e nelle processioni:

 

“Bianco padre che da Roma

ci sei meta, luce e guida,

in ciascun di noi confida,

su noi tutti puoi contar.

 

Siamo arditi della fede,

siamo araldi della croce,

al tuo cenno e alla tua voce

in esercito marciam

 

Facile rendersi conto della struttura militaresca della chiesa, con le sue gerarchie, i suoi cerimoniali, la sua piramide medioevale, (chierico, suddiacono, diacono, prete, arciprete, monsignore, eccellenza-vescovo, arcivescovo, eminenza-cardinale, santità-papa), dove i fedeli occupano solo la base, l'ultimo gradino, immersi inequivocabilmente nel ruolo di pecore o di strumento di esecuzione delle volontà che provengono dall'alto.

La tendenza a immedesimarsi in chi dimostra una qualche capacità di guida, a delegare e affidare se stessi al primo venditore di fumo che riesca a far leva sulla congenita incapacità italiana di essere guida di se stessi e, pertanto sull’affidarsi a qualcun altro che, in qualche o in qualsiasi modo faccia credere di saperci fare, si è estrinsecata ultimamente nel berlusconismo, nelle incredibili e disgustose lodi e decantazioni della personalità di un imbroglione che si è servito dei suoi strumenti e mezzi di comunicazione per imporre se stesso al paese e, in successivi sviluppi nella resistibile ascesa del comico  Beppe Grillo, capace di coagulare con le sue urla il malessere e il malcontento, sino ad arrivare al piccolo Renzi, diventato leader senza un minimo di qualità e conoscenze, ove si escluda la capacità di illudere in un momento storico in cui trionfa la mediocrità. Per fortuna la mediocrità comporta anche l’assenza di autoritarismo, altrimenti il passo verso qualche nuovo fascismo sarebbe già stato fatto.

 

Foto compyright - Michele D'Ottavio

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