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vitale-salvo-bestdi Salvo Vitale - 31 gennaio 2014
Ci stanno provando in tutti i modi, attraverso strane inversioni delle regole del gioco: tutto ciò che è difesa della democrazia diventa assalto alla democrazia, tutto ciò che è rifiuto di accordi sotterranei preventivi e dignità della funzione parlamentare, diventa strategia giustificata per salvare la democrazia con una legge elettorale che è un vero oltraggio ad ogni regola democratica. La deputata grillina Loredana Lupo, che fra l’altro rappresenta la nostra zona, che si becca un ceffone da un deputato di parte avversa, diventa una che “se l’è cercata” , mentre il suo violento picchiatore diventa un difensore della democrazia offesa.
Che nei D.S. ci sia stato da sempre, guardando alla loro lunga storia, una sorta di parete divisoria tra la democrazia di base e il Partito, non è una novità. E’ il partito il luogo in cui convergono le istanze delle masse, che vengono valutate, analizzate, selezionate dal gruppo dirigente e che possono diventare elementi collaterali di una strategia politica che vede in primo piano le decisioni prese dalla direzione cioè dal Politbureau. E’ il partito che guida le lotte, che le incanala attraverso il sindacato,  che sceglie gli uomini, dopo che hanno attraversato la lunga trafila del “cursus honorum”, è il partito che decide la politica economica guardando, non più alle esigenze del proletariato, dei disoccupati, dei morti di fame, ma a quelle della classe media, artefice del consenso, non solo elettorale.

La legge elettorale Renzi-Berlusconi è il frutto di una spregiudicata operazione che ripropone, tali e quali, le norme del Porcellum già ritenute incostituzionali  dalla Consulta, in particolare il premio di maggioranza e l’assenza delle preferenze. Il premio di maggioranza,  cominciò ad essere usato nel 1923 con la famigerata Legge Acerbo, la quale aprì un’autostrada all’affermazione del Fascismo: allora bastava conseguire il 25% per ottenere i due terzi dei voti in Parlamento. Nel 1952 ci riprovò De Gasperi, che avvertendo la possibilità di una sconfitta elettorale del suo “quadripartito”,  fece approvare una legge elettorale maggioritaria, che le sinistre chiamarono “legge truffa”: si garantiva il 65% ai partiti che, apparentandosi tra loro, avessero ottenuto almeno il 50,01 dei voti. Ci furono scissioni, battaglie parlamentari, accuse di attentato alla democrazia e, nelle elezioni del 7 giugno 1053, per soli 57.000 voti non scattò il premio di maggioranza e il PCI vide premiata elettoralmente la sua opposizione.
Oggi le parti si sono invertite:  Renzi, che dovrebbe rappresentare la sinistra e il solito Berlusca, espressione della destra più oltranzista, hanno concordato che il premio di maggioranza scatterà al partito o al raggruppamento di partiti che avrà raggiunto il 37% dei voti ( il dato è stato appena modificato, perché era il 35%) e che, casomai nessuno dei partiti arrivasse a questa soglia, si andrà al ballottaggio tra le prime due coalizioni, il tutto all’interno di microcollegi dove sarà proposto, anzi imposto un listino di cinque candidati, senza che all’elettore sia data alcuna possibilità di scelta. Il giochetto è studiato per tagliare le gambe al movimento cinque stelle, il quale difficilmente andrebbe al ballottaggio, potendo contare sul suo solo 20% dei voti. La mancata scelta della preferenza è determinata, al solito, dalla volontà di tutti i leader politici, Grillo compreso, di scegliere essi stessi i deputati, onde farne dei cortigiani supini alla volontà del loro duce, il tutto in nome di una governabilità che dipende non dalle leggi, ma dagli uomini. Chi volete che possa votare per Gasparri, Brunetta, Gelmini, Romani o per Fassina, Zanonato, Saccomanni, Bonino? Andrebbero tutti a casa, ma continueremo invece a trovarceli davanti perché così piace al capo. E per far passare questa norma di sopravvivenza, li senti discettare che il sistema proporzionale favorisce le clientele, consente ai mafiosi di controllare e dirottare i voti, fa prolificare i partitini che impediscono di governare  e altre amenità incredibili, se guardiamo al ventennio berlusconiano, con i suoi 45 partiti politici nati in questi anni, al maggioritario che portò in Sicilia al famigerato 61 a zero, cancellando l’opposizione, al sistema di corruzione e favoritismi in ogni zona d’Italia in cui c’era da spartirsi una fettina della torta.
Mettiamoci pure in mezzo l’abolizione del Senato, cioè del cosiddetto “bicameralismo perfetto”, che di perfezione non ha niente la gente così si sentirà sollevata  e liberata da tante bocche fameliche che non fanno altro che complicare i passaggi per l’approvazione di una legge: sempre usando il sistema all’americana, facciamo una bella camera federale composta dai rappresentanti delle regioni, senza sapere cosa dovrebbe fare. Il Senato ha tradizioni ben più nobili e ruoli di controllo sull’operato della Camera: la sua abolizione significa il venir meno di un altro strumento della democrazia.
Ecco, queste sono  le vere ferite alla democrazia, non certo le piazzate fatte dai grillini. La Corte Costituzionale, nel condannare il Porcellum, ha indicato la via maestra, il proporzionale, vero strumento della democrazia partecipativa, ma ai due furbetti del quartierino piace studiare strategie per misurarsi da parti apparentemente opposte dalle quali non c’è il rispetto della volontà popolare, ma solo la decisione di un singolo uomo che, di colpo diventa capo del governo e capo dello stato, all’americana, e decide tutto per tutti e a nome di tutti. Di là al fascismo il passo è breve.

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