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tranfaglia-nicola-web11di Nicola Tranfaglia - 18 gennaio 2014
Non si può dire con certezza se la legislatura avrà termine con quasi un anno di anticipo sul previsto ma i rapporti tra l'attuale presidente del Consiglio Enrico Letta e il nuovo segretario del partito Matteo Renzi non promettono nulla di buono per il governo cosiddetto delle "larghe intese" che include il Partito democratico, i centristi di Casini e di Scelta Civica.

Se a questo si aggiunge la pace armata che ancora resiste (ma con qualche difficoltà) tra i dirigenti e i parlamentari  che si rifanno al nuovo segretario e quelli, sicuramente più numerosi, che da lui si distaccano nel maggior partito presente nelle due Camere.
Già perchè è vero che Matteo Renzi è stato eletto, attraverso le primarie dal settanta per cento degli iscritti al partito, ma è difficile oggi come oggi in partiti che dal 1992-93 sono divenuti soprattutto comitati elettorali e truppe scelte al fianco dei singoli leader pensare che quel risultato rifletta, con quello dei semplici iscritti al Partito, anche l'opinione dei dirigenti che occupano le poltrone importanti negli organismi dirigenti. E questo, lasciatemelo dire, è uno dei lasciti peggiori che ci ha lasciato il ventennio populista berlusconiano.
Chi fa politica da qualche tempo sa che quel che conta è l'esempio dominante: e questo è stato dal 1994 ad oggi - pur con qualche intervallo - l'esempio dell'uomo solo che ha guidato un movimento nato qualche mese prima e divenuto in pochissimo tempo il partito principale con il numero maggiore di seggi così da portare il proprio leader alla presidenza del Consiglio e lasciarvelo per molti anni, prima della clamorosa decadenza senatoriale e il tramonto più o meno finale. 

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