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ingroia-antonio-web10di Antonio Ingroia - 1° gennaio 2014
Care amiche e amici, care compagne e compagni, Quest’anno che è trascorso è stato molto difficile, molto particolare ma anche tanto entusiasmante. Insieme a tanti giovani, a tante donne e uomini, ho cercato di fare la mia parte per dare il mio personale contributo al servizio del Paese.
C’è in giro per il nostro Paese, e non solo, tanta bella gente che chiede solo di avere riconosciuti i diritti fondamentali, indivisibili che la Carta Costituzionale sancisce per ognuno.
In questi mesi mi sono recato in giro per l’Italia e ho incontrato tante realtà, comunità, persone che hanno voglia di dare il proprio contributo per vivere in un paese civile e democratico
.

Ho incontrato tanti giovani che chiedono di non dover andare via dalla propria terra; ho incontrato persone che vivono il disagio di non avere riconosciuto il diritto alla salute, persone diversamente abili che chiedono solo di non essere abbandonate al proprio destino, artigiani e piccoli imprenditori che chiedono semplicemente di pagare meno tasse per poter ridurre i rischi di impresa e offrire più lavoro.
Ho incontrato cassintegrati, disoccupati, precari, lavoratori di ogni settore dai call center agli operai, dai minatori agli impiegati, privati e del pubblico impiego. Tutti con un solo scopo: poter lavorare e vivere dignitosamente, nel rispetto dei diritti che sono loro riconosciuti solo sulla carta.
In quest’anno, nonostante abbia abbandonato la toga, ho vissuto in luoghi dove la presenza della corruzione e degli intrecci tra malavita organizzata e politica si respirano con l’aria. È questo il primo di tutti i problemi. Questo malaffare ha fatto lievitare il debito pubblico negli ultimi 30 anni e bloccato di fatto lo sviluppo del Paese.
Ogni anno ci si ripromette di voltare pagina, ma io credo che sia arrivato davvero il momento in cui vanno ricostruiti e riequilibrati i rapporti tra diritti e doveri di ognuno. C’è chi ha troppi diritti e li trasforma in privilegi, come buona parte della nostra classe dirigente, dalla politica alle amministrazioni pubbliche e private, dalle banche ai manager. Ma c’è anche chi ha solo doveri che, senza diritti, si trasformano in sofferenze e in perdita di dignità.
Solo un nuovo patto sociale tra individui che hanno responsabilità in ogni settore potrà vedere l’Italia risalire dal baratro in cui tanti senza scrupoli l’hanno relegata.
Il prossimo sarà l’anno in cui andranno affrontate, in maniera assai diversa rispetto a come lo si è fatto negli ultimi anni, una serie di riforme, a partire dalla legge elettorale che potrebbe apparire un tecnicismo ma che è invece la chiave per essere finalmente rappresentati liberamente.
Ci sarà lo spazio per una seria riforma della giustizia? Per serie riforme economiche che ci aiutino a uscire dalla crisi? Per conoscere la verità sulle stragi di stato e sugli intrecci tra criminalità organizzata e politica? Io credo di no. Finché saremo governati da questa classe dirigente il bene comune, rappresentato in maniera esemplare nella nostra Carta Costituzionale, sarà ancora una volta vilipeso, maltrattato e violato.
Per riforme vere e serie, per conoscere la verità sugli anni bui della nostra repubblica, per uscire dal tunnel della crisi c’è bisogno di un cambiamento culturale e della classe dirigente. Per questo nessuno di noi può farcela da solo. I cambiamenti, nella storia, sono sempre venuti da spinte popolari, dall’impegno civile e sociale di tanti di noi. Non può non essere così anche questa volta. Ed è questo l’augurio che vi faccio e mi faccio: restiamo uniti e affrontiamo insieme l’epoca del cambiamento.
Buon anno a tutti.


Tratto da: azionecivile.net

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