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dellutri-marcello-web7di Marco Travaglio - 6 settembre 2013
Quella depositata ieri dalla Corte d’appello di Palermo a carico di Marcello Dell’Utri, condannato a 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa, è la quarta sentenza in nome del popolo italiano a mettere nero su bianco che nel 1974, cioè agli albori della sua resistibile ascesa di imprenditore, Silvio Berlusconi stipulò un patto d’acciaio con Cosa Nostra attraverso il suo (di Cosa Nostra e di B.) intermediario palermitano. L’avevano già sostenuto, oltre ai pm Ingroia e Gozzo e al gup Scaduto, i tre giudici del Tribunale che l’avevano condannato a 9 anni, il pg Gatto che aveva chiesto la conferma della condanna, i tre giudici di Corte d’appello che l’avevano confermata riducendo la pena a 7 anni, i 5 giudici di Cassazione che l’avevano annullata solo per il periodo 1977-'82. Ora, su richiesta del pg Patronaggio, l’hanno ribadito altri tre giudici di appello. In totale 19 magistrati di funzioni, sedi e correnti diverse hanno accertato che 40 anni fa B. iniziò la sua carriera con un patto con la mafia. E non occorre più nemmeno la Cassazione per rendere definitiva questa verità processuale, ormai irrevocabile dalla sentenza di parziale rinvio del maggio 2012: “A seguito della sentenza della Cassazione è stato definitivamente accertato che Dell’Utri, Berlusconi, Cinà, Bontade e Teresi (gli ultimi tre sono boss mafiosi, ndr) avevano siglato un patto in base al quale l’imprenditore milanese avrebbe effettuato il pagamento di somme di denaro a Cosa Nostra per ricevere in cambio protezione”. Eppure da 15 mesi giornali e politici, salvo rare eccezioni, fanno finta di nulla.

E intanto l’uomo del patto con la mafia è stato architrave del governissimo Monti, si è ricandidato alle elezioni, ha raccolto il 22% dei voti, è stato più volte ricevuto al Quirinale con tutti gli onori, è stato invitato da Bersani a indicare il candidato Pdl-Pd per il Colle (Marini), ha avuto in dono la testa dell’odiato Prodi da 101 (o forse 120) appositi franchi tiratori Pd, ha ottenuto la riconferma di Napolitano, ha strappato l’agognato governissimo, ha pure scelto il premier che preferiva (il nipote di Gianni Letta), è divenuto il partner prediletto del Pd (che in compenso schifa Di Pietro e Ingroia) e ora viene implorato da tutti i poteri che contano, ma soprattutto da Pd e Quirinale, perché non abbandoni la maggioranza e resti fedele a Letta nipote, mentre giuristi à la carte e scudi umani dell’inciucio lavorano per salvarlo da una legge che impone la sua decadenza da senatore. “Resta con noi, non ci lasciar” detto – avete capito bene – a colui che nel 1974 incontrò nel suo ufficio di Foro Buonaparte a Milano “Dell’Utri, Gaetano Cinà, Stefano Bontade, Mimmo Teresi, Francesco Di Carlo”, prima dell’“assunzione di Vittorio Mangano presso Villa Casati ad Arcore...”, suggellando “il patto di protezione” con i vertici della mafia. “In virtù di tale patto i contraenti (Cosa Nostra da una parte e Berlusconi dall’altra) e il mediatore contrattuale (Dell’Utri), legati tra loro da rapporti personali, hanno conseguito un risultato concreto e tangibile, costituito dalla garanzia della protezione personale dell’imprenditore mediante l’esborso di somme di denaro che Berlusconi ha versato a Cosa Nostra tramite Dell’Utri che, mediando i termini del-l’accordo, ha consentito che l’associazione mafiosa rafforzasse e consolidasse il proprio potere sul territorio mediante l’ingresso nelle proprie casse di ingenti somme di denaro”. Una simbiosi andata “avanti nell’arco di un ventennio”. Questi fatti ormai consacrati da una sentenza definitiva, ma già noti da tempo, sono scomparsi dalla scena politico-mediatica. Tant’è che ancora ieri Polito El Drito, sul Corriere , pregava in ginocchio B. di restare fedele al governo “nel-l’interesse degli italiani”. Non volendo o potendo rimuoverlo dalla politica nell’interesse degli italiani, si rimuovono quei fatti nell’interesse suo e si racconta che è nell’interesse nostro. Come recita un vecchio proverbio catalano: ci pisciano in testa e ci dicono che piove.

In foto: l'ex senatore Marcello Dell'Utri

Tratto da: Il Fatto Quotidiano

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