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severino-paola-webdi Nicola Tranfaglia - 24 agosto 2013
Le possibili vie di fuga di Silvio Berlusconi dalla decadenza dal Senato e dalla incandidabilità per i prossimi anni hanno di sicuro come prezzo per gli italiani non la modifica ma l’abrogazione del testo costituzionale del 1948. Non è difficile dimostrarlo: il decreto legislativo dell’ex ministro Severino, approvato l’anno scorso, prevede che i condannati in maniera definitiva, con una pena massima in astratto a sei anni, come nel caso della frode fiscale, non possono usufruire dell’amnistia.

E, poiché l’amnistia cancella il reato ma potrebbe cancellare anche la pena, ci vorrebbe un contemporaneo indulto. Ma Berlusconi, come gran parte dei mezzi di comunicazione in Italia fingono tuttora di dimenticare (soltanto Liana Milella lo ha ricordato) ha già usufruito di un indulto e non potrebbe cumulare i benefici di un secondo provvedimento. Ancora nel 2000, durante un governo di centro-sinistra presieduto dal socialista Giuliano Amato, di fronte a una sollecitazione che veniva dal Papa Giovanni Paolo II durante il Giubileo ci fu un progetto di amnistia a cinque anni che venne bloccato nel gioco delle inclusioni e delle esclusioni dei reati. Ma a parte il fatto che a Berlusconi servirebbe anche una disposizione specifica nel provvedimento di amnistia per la pena accessoria dell’interdizione che la Corte di Cassazione ha previsto nella sua sentenza definitiva, c’ è una ragione politica generale che a me pare insuperabile nell’attuale situazione politica italiana.
E cioè che i reati di Berlusconi che non sono soltanto la frode fiscale ma la corruzione per induzione e la prostituzione minorile, non potrebbero mai essere inclusi in un’amnistia votabile dal Partito democratico, da Sel e dal Movimento Cinque Stelle. Ed è proprio su questo punto che l’osservanza sulla legge Severino che non può essere messa da parte per un imputato, Silvio Berlusconi, si incontra con la difesa necessaria dei principi della costituzione repubblicana del 1948 che prevedono l’eguaglianza dei cittadini, di tutti i cittadini, di fronte alla legge con particolare riguardo all’applicazione di casi di illegalità molto sentiti a livello popolare come quello dell’evasione fiscale che nei paesi europei più avanzati è stato combattuto con molta maggior efficacia che in Italia. Da questo punto di vista, la difesa di Berlusconi come il suo annunciato video-messaggio schok, più volte propagandato dalle sue televisioni, rischiano di veder crescere l’incertezza tra i suoi amici ed ex ministri (come il liberista Antonio Martino intervistato oggi da un quotidiano vicino ai democratici) piuttosto che aumentare l’efficacia del suo discorso. Come si può chiedere agli italiani una condizione diversa dagli altri dopo aver governato direttamente per più di un quindicennio e aver fabbricato e fatto approvare dal suo partito personale decine di leggi ad personam o a lui particolarmente favorevoli come la grottesca legge Frattini sul conflitto di interessi? Già mi è accaduto, in una nota precedente, di aver segnalato parlamentari in carica come l’onorevole Buemi, o ministri del governo Letta-Alfano come Mauro e la Cancellieri che si battono in maniera ambigua per una amnistia rinviando ai giochi parlamentari l’applicazione o meno del provvedimento al caso Berlusconi ma c’è da sperare -indipendentemente dalla data delle elezioni (che sembrano peraltro  pericolosamente avvicinarsi) - che i pasticci non aumentino in una situazione politica già confusa, che ciascuno in parlamento e fuori si assuma le proprie responsabilità e che si arrivi senza ulteriori ritardi alla decisione della commissione apposita e del Senato sul caso che riguarda il Cavaliere. Un caso esemplare per sancire ancora una volta l’applicazione delle leggi vigenti e la salvaguardia dei principi della nostra costituzione democratica.

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