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di-matteo-c-giorgio-barbagallo-2013di Antonino Di Matteo - 22 luglio 2013
Prendere la parola qui, in via d’Amelio, in questo 19 luglio, è sempre motivo di un’emozione irrefrenabile. L’emozione del ricordo, l’emozione della commemorazione, nel senso vero e proprio e non nel senso sterile e ipocrita del termine. L’emozione della commemorazione della vita e della morte di Emanuela Loi, Walter Cosina, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Claudio Traina. L’emozione e l’intensità del ricordo di Paolo Borsellino, un uomo e un magistrato che ha rappresentato e continua a rappresentare per tanti di noi l’essenza più vera, l’essenza più autentica dei valori fondanti dell’essere un magistrato, un vero magistrato. I valori costituzionali dell’autonomia, dell’indipendenza, dell’esclusiva soggezione ad una legge che sia veramente uguale per tutti e gli altri valori ancora più importanti. Valori umani che con il suo esempio ha impresso nel cuore di tanti di noi: il coraggio di Paolo Borsellino, la grande umanità, la lontananza dal potere, l’amore vero per il proprio Paese e per la sua Palermo, la capacità di esporsi e rischiare sempre in prima persona, non solo per lottare contro il potere mafioso (infiltrato anche nelle istituzioni), ma anche per scuotere - come solo Paolo Borsellino sapeva fare con la forza e la chiarezza delle sue pubbliche denunce - le tante coscienze addormentate, le tante coscienze rassegnate al prevalere dell’illegalità,  piegate alle perverse logiche del potere del più forte rispetto al diritto del più debole e dell’indifeso.
La vita di Paolo Borsellino, la fierezza e la dignità con la quale, con piena tragica consapevolezza del rischio, andò incontro alla morte, rappresentano un magnifico dono che ha voluto dare al suo prossimo, purtroppo anche ai tanti farisei che non lo hanno meritato e che non lo meritano. E’ una splendida testimonianza la sua vita. Che assume oggi, sempre di più, la forza di un vero e proprio faro per chi non vuole rassegnarsi a quel tanfo di compromesso morale, egoismo ed indifferenza, che ammorba e avvelena l’aria di un Paese sempre più stanco e sempre più sfiduciato. Paolo Borsellino, con il suo esempio di magistrato, di uomo, di cristiano, rappresenta l’antidoto più efficace contro quella strisciante pericolosa indolenza e indifferenza che pervade il nostro tessuto sociale, a fronte del degrado della politica e delle pubbliche istituzioni.
Chi vive veramente - lo affermava splendidamente Antonio Gramsci, e con grande forza lo ha ricordato il Papa nella sua recente visita a Lampedusa - non può non partecipare, chi vive veramente non può non essere cittadino e quindi parteggiare; l’indifferenza è abulia, parassitismo, vigliaccheria, non è vita, nessuno può stare alla finestra a osservare passivamente chi si sacrifica e soffre per contrastare il progressivo disfacimento del fondamentale principio democratico della separazione dei poteri. Nessuno può accettare di assistere in silenzio, per vigliaccheria o squallido opportunismo, alla sempre più palese violazione dei principi della nostra Costituzione. Quella splendida carta costituzionale che non ha bisogno di essere cambiata, ma semmai realmente e finalmente applicata. Applicata a partire dall’effettiva e mai pienamente realizzata eguaglianza di tutti i cittadini dinanzi alla legge. La Costituzione della quale tutti (noi magistrati per primi) dovrebbero dimostrare con i fatti, prima ancora che dichiarare di essere fieri e strenui difensori. A qualunque costo e in ogni occasione. Anche quando il pericolo della violazione o elusione delle regole della Costituzione deriva dalle condotte di uomini che indegnamente ricoprono cariche istituzionali.
Nel giorno del ricordo questo è il grande testamento morale che il giudice Borsellino ha lasciato a ciascuno di noi, una magnifica boccata d’ossigeno; una magnifica boccata d’aria fresca e pulita che prima o poi spazzerà via per sempre il pianto, il dolore, l’acre odore del fumo e del sangue di questa via d’Amelio. Sulle spalle di pochi magistrati - di fatto sempre più isolati - incombe il peso ulteriore, gravosissimo, di continuare a cercare tutta la verità sulla strage e sui moventi che la determinarono. Lo faremo, anche se dovessimo continuare a respirare quel pericoloso clima di indifferenza politico-istituzionale, quando non di malcelata e perfida ostilità che, specialmente nell’ultimo periodo, ha caratterizzato un cammino difficile, irto di tranelli ed insidie, una strada lunga e tortuosa nella quale ogni tanto avvertiamo chiaro alle nostre spalle il pericolo dell’agguato. Andremo avanti. Andremo avanti nonostante tutto e ci aiuterà anche il ricordo del dolce sorriso di speranza, di quella speranza di verità che ha accompagnato fino all’ultimo giorno la signora Agnese. Continueremo a cercare di fare ciò che per chi indossa con onore (cerca di indossare con onore) la stessa toga di Paolo Borsellino, è un impulso dell’etica prima che un dovere professionale: cercare la verità, anche a costo di sacrificare la nostra tranquillità, o ancora quella stupida e inutile ambizione di carriera che qualche volta ci rende timorosi e attenti a non disturbare il potere. Lo faremo perché sappiamo che il contributo che la conoscenza della verità può dare al miglioramento della condizione dell’uomo è sicuramente superiore alle astuzie e alle richieste di una politica calcolatrice e alle meschinità di un potere che sempre più spesso mira solo ad accrescere se stesso e a perpetuarsi nel tempo. Lo faremo, nel rispetto delle leggi e delle nostre coscienze, con pazienza, con umiltà e dedizione, nella consapevolezza di giocare un ruolo importante, ma pur sempre limitato, in un gioco molto più grande e molto più complesso, quello in cui la pretesa della verità deve coinvolgere ciascun cittadino che abbia realmente a cuore la libertà e la democrazia in questo Paese.
Quando mi guardo intorno, anche nei momenti inevitabili di scoraggiamento e di difficoltà, e mi fermo a riflettere vedo in voi, nei tanti cittadini che oggi da tutte le parti d’Italia siete venuti qui a Palermo, il fulcro e il punto di partenza di un impegno collettivo che solo attraverso la verità potrà realizzare il sogno di Paolo Borsellino e renderà bellissima questa terra e finalmente liberi i cittadini di questo Paese.

Intervento del sostituto procuratore di Palermo, Antonino Di Matteo, alla manifestazione in via D’Amelio il 19 luglio 2013

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