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lombardo-giuseppe-webdi Giuseppe Lombardo* - 31 maggio 2013
Il nostro sistema antimafia è il più evoluto, il più completo: non deve essere in alcun modo indebolito, deve soltanto procedersi ad aggiustamenti che possano migliorarne la funzionalità complessiva, soprattutto al fine di spezzare il legame perverso tra pezzi di Stato e sistemi criminali. Tipizzare il delitto di concorso esterno in associazione di tipo mafioso è passaggio estremamente delicato, per non stravolgere il grande sforzo della giurisprudenza. Parimenti disastroso sarebbe limitare la possibilità di utilizzare strumenti di indagine indispensabili, quali le intercettazioni telefoniche e ambientali, per accertare i contributi penalmente rilevanti del concorrente esterno.

Non va dimenticato che è la completezza dell’attività di ricerca della prova che influisce sul progressivo modellarsi del disvalore sociale di determinate azioni, a meno di non voler dichiarare apertamente che l’azione di contrasto alle mafie non è una priorità degli organi dello Stato. Si pensi al politico che incontra il capo mafia di turno per chiedere sostegno elettorale. Appare evidente la consapevolezza che c’è in capo a chi chiede sostegno a tale soggetto in realtà sociali ristrette. Se da una parte non possono accettarsi le scelte della politica che tenta di proteggere se stessa, siamo tutti tenuti a interrogarci seriamente sull’ampiezza applicativa degli attuali strumenti di contrasto a disposizione: non può accettarsi alcuna tendenza all’autolimitazione investigativa e alla prudenza metodologica, in contrasto con il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale. È il momento di pretendere l’ampliamento degli strumenti a nostra disposizione, modificando in primis la norma di cui all’articolo 416 ter del codice penale (lo scambio elettorale politico-mafioso). Non è giustificabile la mancata estensione della sanzionabilità della condotta del candidato che ottiene la promessa di voti non solo in cambio della erogazione di somme di “denaro” ma anche della semplice promessa di “ogni altra utilità”. Si consideri che in relazione ad altre fattispecie delittuose il legislatore ha operato tale estensione senza particolari problemi di compatibilità sistematica. Scartando l’ipotesi che la classe politica tenda a proteggere se stessa proprio quando è chiamata a legiferare sul patto di scambio politico-mafioso, è giunto il momento di sollecitare una presa di posizione netta a favore della estensione del precetto penale di cui all’articolo 416ter a tutte quelle forme di “utilità” che vadano oltre la materiale consegna di denaro in cambio di una promessa di sostegno elettorale. Questi sono i segnali che la magistratura si aspetta da un legislatore attento alle dinamiche criminali in territori ad altissima densità ‘ndranghetista come quello di Reggio Calabria, le cui dinamiche di vertice hanno già contaminato l’intero territorio nazionale. Il deciso contrasto alle “mafie” è e deve rimanere la vera priorità nazionale, senza lasciare alcuno spazio a posizioni o interpretazioni che non siano rivolte a preservare da attacchi eversivi il complesso apparato statale.

*Sostituto procuratore Dda Reggio Calabria

Tratto da: Il Fatto Quotidiano

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