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di Lorenzo Baldo
La pretesa della verità e l’importanza di una presa di coscienza 28 anni dopo

Rendere vive le parole dei consiglieri del Csm Sebastiano Ardita e Nino Di Matteo, pronunciate durante il plenum in ricordo della strage di Capaci, è il miglior modo per ricordare Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, gli agenti di scorta Rocco Dicillo, Vito Schifani e Antonio Montinaro. Commemorare non basta più. Quello che serve è uno atto di fermezza da parte di ognuno di noi: una presa di coscienza concreta di quello che è stato e che non deve ripetersi. Mai più.
La verità va detta, al di fuori della sterile retorica di queste ore nelle quali le personalità più ambigue delle istituzioni, della politica, della magistratura o dei media - vicine a quegli stessi ambienti che hanno isolato e delegittimato magistrati come Falcone e Borsellino - si permettono di sproloquiare sui nostri martiri.
Ad esserne profondamente convinta è Letizia Battaglia che quegli anni terribili li ha vissuti sulla sua pelle. “Questo giorno per noi è sacro - afferma al telefono tutto d’un fiato - e non voglio sentire frasi retoriche, bisogna dire come sono morti Falcone e Borsellino, dobbiamo dire chi li ha isolati! Bisogna tornare a parlare dei soldi della mafia dati a Berlusconi...Dobbiamo pretendere tutta la verità, ma se non ci sono le forze adeguate non potremo arrivarci...Io me li ricordo benissimo quei giorni tremendi prima e dopo le stragi e non voglio riviverli mai più!”.
Una risposta indiretta all’appello accorato della grande fotografa palermitana arriva indubbiamente dalle parole autentiche di Sebastiano Ardita e Nino Di Matteo.
“Dobbiamo essere coerenti e non ipocriti ricordando Falcone - ha affermato Ardita -. Quella di Giovanni Falconefu una storia di solitudine, di sconfitte, di tradimenti subiti dentro e fuori la magistratura. Dovette difendersi dal Csm. Venne isolato, calunniato, accusato di costruire teoremi, mentre svelava i rapporti tra cosa nostra ed il potere. Gli venne contestato protagonismo, presenza sui media, di collaborare col governo, non fu eletto al csm. Subì le stesse critiche che oggi si contestano ai magistrati più esposti”.
“Dovremmo fare in modo che, se rinascesse, Falcone non si ritrovasse in quelle stesse condizioni. Ma ho motivo di temere che oggi, con la gerarchia del nuovo ordinamento, Falcone non potrebbe neppure essere quello che è stato. Questo dobbiamo dire e fare, se vogliamo rimanere distanti dall'ipocrisia di certe commemorazioni ufficiali, alle quali oramai alcuni di noi preferiscono non andare più”.
Anche Giovanni Falcone, ha ricordato Nino Di Matteo, “diventò facile bersaglio di ipocriti perbenisti che lamentavano il fastidio che le misure di protezione di cui godeva il giudice arrecavano agli 'onesti cittadini'. Molti di loro oggi fingono di onorare da morto quel giudice che, da vivo, insultavano e deridevano”.
“Non mi piacciono le sterili commemorazioni retoriche - ha ribadito il magistrato -. C’è bisogno di un rispetto che si nutre soltanto di memoria e verità. La memoria di chi non dimentica come Giovanni Falcone,prima di essere ucciso a Capaci, venne ripetutamente ostacolato, isolato, delegittimato, anche da una parte importante delle istituzioni e della magistratura. La verità è quella che, ancora oggi, dobbiamo coltivare e perseguire per dare un volto a chi, insieme ai mafiosi che sono stati individuati e condannati nei processi, ha probabilmente concepito, organizzato ed eseguito la strage”.
L’analisi profonda di Sebastiano Ardita e Nino Di Matteo racchiude l’essenza di questo anniversario. Gli attacchi indegni a Di Matteo e il suo pericoloso isolamento ci impongono di reagire, di schierarci al suo fianco sostenendo con forza la ricerca della verità, sua e di pochi altri suoi colleghi. Perchè se dovessero ripetersi altre tragedie non avremo giustificazioni. Fare il nostro dovere affinchè non accadano mai più - pretendendo ogni giorno tutta la verità sui mandanti esterni delle stragi del biennio '92/'93 - resta il miglior modo per ricordare il sacrificio di Giovanni Falcone, di sua moglie e degli agenti di scorta.
(23 maggio 2020)

Foto © Letizia Battaglia

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