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di Maria Grazia Mazzola
Partiamo dall'inizio.
"Considero il giornale un servizio pubblico come i trasporti pubblici e l'acquedotto. Non manderò nelle vostre case acqua inquinata", firmato Enzo Biagi.
"Il sapere e la ragione parlano, l'ignoranza e il torto urlano", Indro Montanelli.
"Il giornalismo non è un semplice mestiere, né un modo per guadagnarsi da vivere ... è servizio pubblico, missione", firmato Tiziano Terzani.
Che cosa è diventato il mondo del giornalismo oggi? Me lo chiedo e mi metto nei panni del cittadino che cerca di capire la realtà nella quale vive. Il cittadino si affida a quel giornalismo che ritiene autorevole, segue determinate firme e testate. Ma il campo è ampio e tra la ricerca della verità, ci sono le urla, le fake, lo scandalo che non c'è, oppure lo scandalo che c'è e che viene omesso rafforzando logge economiche - non è un refuso, intendo dire proprio logge - che poi quell'informazione che conta se la compra. Oppure piazza questo o quel direttore noto per essere un bravo 'esecutivo' e tagliatore di teste scomode. Logge. Lobby che governano titoli e che selezionano determinate notizie e altre no. In Italia il giornalismo che conta 'tiene botta' tra onde alte in mare aperto e recessione. Licenziamenti, cassa integrazione, sfruttamento, emarginazione di storie professionali di eccellenza - quelle nocive ai poteri forti - ... che confusione agli occhi dell'utente! Chi non ha gli strumenti per decifrare la crisi in atto, finisce disinformato. Mi sono rivolta a Indro Montanelli per chiedere lumi: la sua frase che ho riportato all' inizio mi sta spiegando che le urla di questi anni è l'indice dell'ignoranza che dilaga e disinforma. Pochi quelli che parlano col sapere della razionalità e della competenza. Il negazionismo dell'emergenza climatica ha prodotto movimenti di attacco a Greta - che ha impaurito finanche le multinazionali - con frasi insidiose e violente finite in titoli e mischiate con l'informazione inquinandola. Perché l'economia ecosostenibile è la Biancaneve che deve morire avvelenata per mano delle lobby industriali che devastano l'ambiente con profitti stratosferici e veloci. 'Uccidiamo Biancaneve'. Carola Rackete la comandante pirata del 'transatlantico' antisovranista, presa di mira dalla disinformazione urlata e spesso titolata, contro il pericolo della rivoluzione libera migratoria che rompe le catene medievali della destra italiana e europea che hanno un modello economico schiavista ben preciso. Le hate news, create per scatenare odio, razzismo, omofobia. Il complottismo che abbiamo visto anche col Coronavirus o la campagna contro Silvia Romano. Il buon giornalismo è ben presente grazie all'impegno e al sacrificio di migliaia di colleghi che credono nella missione di portare acqua non inquinata nelle case italiane e piantonano l'acquedotto. Perché l'acquedotto delle notizie va sorvegliato con il giornalismo civile. Prendi il tema scottante della sicurezza sul lavoro: negli ultimi sette mesi del 2019 quasi 600 morti, una strage. Una questione che fa gridare 'al lupo al lupo' alcune volte l'anno ma nessuno fa nulla per impedire queste morti. Perché? Interessi economici. Dove sono gli ispettori che a sorpresa fanno irruzione nelle aziende e imprese? Dove sono le inchieste giornalistiche se chi è competente propone e le vede cestinare? Avete mai visto un'industria di primo piano presa in castagna? No. Si attende sempre che muoia qualcuno. E sul fronte antimafia cosa è accaduto? È accaduto un fatto gravissimo. Per inseguire il 'proprio personaggio' e non le notizie, Mario Di Michele direttore del giornale on line Campania Notizie, ha inventato due attentati ai propri danni chiedendo la scorta. La DDA di Napoli lo ha scoperto e lo ha indagato. Ma ciò che mi colpisce è che il giornalista voleva il suo 'personaggio' - lo ha confessato - e aveva vissuto 'il suo personaggio' come l'ingresso in una elite: diventare un giornalista scortato. Chi glielo ha fatto credere? Questa è invece la domanda che mi pongo e sulla quale dobbiamo interrogarci. Se qualcuno glielo ha fatto credere, se sono stati creati modelli da 'personaggio' allora la questione è più grave. È condannabile tanto quanto il reato che Di Michele ha commesso. Ho il dubbio che taluni abbiano abusato da tempo sul fronte antimafia nel creare storie professionali gonfiate e ostentate proprio tra chi le notizie - l'acqua - la deve portare ai lettori.
Notorietà? Luci della ribalta? Palcoscenico, applausi, apparizioni in tv e passerelle. Flash. Tappeti rossi. Titoli. No, il giornalista non è una starlette o imbonitore o burattino nelle mani 'di'.
No. Il giornalismo lo insegnano i maestri e ha come priorità verità, completezza, sobrietà. Le notizie in prima pagina, noi tra i cittadini, tra il pubblico.

Foto © Imagoeconomica

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