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Intervista
di Francesca Scoleri

Tutto esaurito ed un nuovo giro di stampa è ormai pronto. A pochi giorni dall’uscita, un grande successo per “Cosa nostra S.p.A.”.

Dottor Ardita, raccontare i legami consolidati fra mafia e colletti bianchi è un atto rivoluzionario che vorremmo poter attribuire non solo a lei ed a pochi altri suoi colleghi. La rappresentazione della mafia continua ad essere confinata dentro un profilo falsato da buona parte dell’informazione ed ancora di più, da buona parte della politica. Il suo libro vuole essere una risposta anche a questo sistema di alterazione della realtà?
Possiamo dire che l’idea di identificare la mafia solo con i fenomeni violenti e visibili può far comodo a quanti hanno interesse a mantenere in ombra la zona grigia dei rapporti tra la grande criminalità ed il potere.
Più che di alterazione della realtà qui si può parlare di negazionismo rispetto alle collusioni che caratterizzano i nuovi interessi ed affari di cosa nostra.

Il sistema Montante, simbolo dell’antimafia truffaldina. Anche di questo parla nel suo libro. Cosa è accaduto durante l’ascesa al potere dell’ex paladino di Confindustria e cosa ci è sfuggito?
E’ accaduto semplicemente che qualcuno è risuscito a vestire il potere con i panni dell’antimafia, e cioè di quel movimento culturale che ha come suo scopo proprio la denuncia tra la mafia ed il potere: si trattava di un conflitto di interesse incredibile ma in modo geniale questa obiettivo e’ stato raggiunto senza che nessuno abbia osservato nulla. Adesso si assiste ad una operazione ancor più pericolosa: quella di ritenere che tutta la falsa antimafia fosse rappresentata dal caso Montante. E’ chiaro che non è così, ma fa comodo lasciarlo credere. Mi Sarebbe invece più opportuno filtrare tutti i fenomeni attraverso le semplici categorie che ho prima evidenziato.

Da anni assistiamo al mutuo soccorso della politica alla mafia – coi fedelissimi che troviamo sempre più spesso nell’impresa, nella finanza, nell’editoria, nelle banche – Questo è quello che emerge da inchieste e processi. Cosa non sta funzionando nel contrasto a questa rete criminale?
Semplicemente il denaro posseduto ed i ruoli ricoperti da soggetti appartenenti o concorrenti ad associazioni mafiose nelle vicende politico-finanziarie (appalti, finanziamenti, speculazioni) hanno determinato interessi comuni e inevitabili complicità. Rispetto a tutto ciò il mutuo soccorso è una forma di difesa reciproca abbastanza scontata.

Già in “Catania bene”, lei mette in evidenza la condizione dei cittadini onesti che vivono del proprio lavoro, spesso sottopagato; vere e proprie vittime della criminalità organizzata che colpisce ogni ambito della vita economica e pubblica. Una rappresentazione autentica in cui peraltro crescono di pari passo il senso di disuguaglianza da parte dei cittadini ed il senso di impunità da parte di chi viola la legge.
Che è poi quello che capita in tutto il Paese. Ostacolare misure come il blocco della prescrizione non alimenta tutto questo?
Sicuramente ostacolare le misure processuali che rendano effettivo il contrasto ai fenomeni di corruzione non giova. Ma neppure mi sento tranquillo dal semplice ampliamento della sfera di efficienza processuale (prescrizione, intercettazioni) se – come pare – si vogliono stabilire nuovi oneri e tempi alla giustizia facendo ricadere sui magistrati la responsabilità per i suoi tempi lunghi. Mi riferisco alla ventilata previsione di sanzioni disciplinari in caso di mancata definizione dei procedimenti entro un termine di legge. È evidente che i tempi dei processi dipendono essenzialmente dalle regole dettate dalla legge. E allora tutto questo rischia di burocratizzare la giustizia inducendo il giudice ad economizzare il proprio tempo sottraendolo alle indagini più delicate per dedicarlo agli oneri formali.

Ringraziando il Dottor Ardita per l’intervista concessa alla Themis & Metis, ricordiamo che il 7 marzo prossimo presenteremo, presso l’Urban Center di Siracusa, Cosa nostra S.p.A.

Tratto da: themisemetis.com

Foto © Imagoeconomica

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