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di Paolo Flores d’Arcais
Cari Andrea Garreffa, Roberto Morotti, Mattia Santori e Giulia Trappoloni (rigorosamente in ordine alfabetico), spero con tutto il cuore che la manifestazione di sabato a piazza San Giovanni a Roma risulti GIGANTESCA. Più gigantesca ancora di quella dei Girotondi del 14 settembre 2002, quando i cittadini di quella “Festa di protesta” nella stessa piazza erano davvero stipati come sardine e debordavano per duecento metri su via Merulana, per metà di via Carlo Felice che dalla piazza conduce a Santa Croce in Gerusalemme, e dietro le mura in tutta la zona della sottostante via Sannio. Spero in un successo che vada oltre le più esuberanti speranze perché c’è bisogno che la società civile democratica, quella che vuole realizzare la Costituzione repubblicana, ritrovi la fiducia e l’entusiasmo della lotta e non si rassegni più a coltivare l’ideale della “Costituzione presa sul serio” solo in interiore homine, e nella rassegnazione di troppi anni all’egemonia vuoi di una destra becera ed eversiva, vuoi di un Pd impaniato nella sudditanza all’establishment, vuoi di un M5S che alle originarie ambiguità e contraddizioni ha aggiunto il carico suicida del tradimento delle promesse elettorali nell’accucciarsi a Salvini (governo Conte 1), non riscattato dagli ondeggiamenti e avvitamenti degli ultimi mesi.

Voi avete il merito di aver osato, con la semplicità di chi ricorda che un programma che unisca gli italiani e restituisca dignità alla politica c’è già, si chiama Costituzione, e bisogna farne la stella polare di ogni azione pubblica. Che solo i valori della Costituzione danno significato all’Italia come Patria, perché solo l’interiorizzazione di quei valori ci rende con-cittadini di una democrazia ancora vitale. Interiorizzazione che significa azione coerente per realizzare quei valori quotidianamente: Calamandrei, uno dei protagonisti dell’Assemblea Costituente, proprio in un discorso ai giovani agli inizi degli anni cinquanta ricordava come senza questa azione quotidiana la Costituzione diventasse lettera morta.
Infine spero che il successo della manifestazione di sabato sia ancora più gigantesco di quello dei Girotondi, perché voi avete deciso di riunirvi il giorno dopo per decidere come continuare. Come dare futuro organizzato all’esplosione di passione civile e fedeltà alla Costituzione repubblicana di queste settimane. COME non SE. Avete già deciso, insomma, di non ripetere l’errore di noi Girotondi, che non dotandoci di strutture organizzative, nell’illusione che i partiti avrebbero ascoltato il messaggio della piazza e si sarebbero rinnovati radicalmente e di conseguenza, siamo rimasti solo un falò, per quanto ciclopico ed entusiasmante, che non ha invertito la deriva partitocratica e le ulteriori degenerazioni di imbarbarimento.

Spero che un gigantesco successo vi offra la chance irripetibile di una gigantesca responsabilità: non lasciar dissipare le splendide energie di democrazia che avete evocato e catalizzato. Perché dirsi il “partito” della Costituzione è quanto di più esigente e radicale si possa affermare, e ritrovarsi con centinaia di migliaia di italiani che partecipando alle manifestazioni dichiarano di volerne fare parte vi obbliga moralmente ad elaborare insieme a loro l’articolazione di questa fedeltà alla Costituzione solennemente sbandierata. Una Costituzione che assumete come vostra identità proprio in quanto denunciate che resta a tutt’oggi disattesa, e spesso anzi lungo oltre settant’anni volutamente tradita dai governi. C’è stato un momento, dopo il Sessantotto e sulla sua onda, che alcuni principi della Costituzione trovarono applicazione nelle leggi ordinarie. Una su tutte, lo Statuto dei lavoratori, che dava sostanza al primo articolo della Costituzione. O la legge che istituì il divorzio e poi il diritto della donna a decidere se interrompere la sua gravidanza.

Ma da almeno un quarto di secolo viviamo invece nella REAZIONE contro quelle conquiste, quelle prime parziali attuazioni dei valori costituzionali. Lo Statuto dei lavoratori è stato calpestato, cancellato, considerato un “male sociale” anziché una irrinunciabile conquista. Nella scuola e nell’università il linguaggio e troppi meccanismi sono ormai quelli dell’imprenditoria anziché della scuola egualitaria repubblicana delineata dalla Carta. E la Costituzione è stata addirittura sfigurata, inserendovi il diktat liberista del pareggio di bilancio. Perciò, per non far disperdere e dissipare le energie che avete suscitato dovrete saper tradurre e articolare la fedeltà alla Costituzione in movimenti e obiettivi di lotta. La Costituzione, per essere una bussola, implica saper proporre le leggi per attuarla, nel campo del lavoro, in quello della giustizia eguale per tutti (dove identiche siano garanzie e severità per l’ultimo degli emarginati e il primo dei potenti, il che da decenni viene dell’establishment bollato come “giustizialismo”), in un rilancio del Welfare (quale eguaglianza vi sarà mai tra donne e uomini se gli asili nido gratuiti non sono una ovvia normalità?), in una informazione sottratta tanto alla lottizzazione quanto al potere del denaro, in un ritorno alla sanità pubblica ogni giorno invece impoverita, in una laicità mai realizzata, e via articolando.
Senza di che il richiamo alla Costituzione rischia di diventare rituale, quell’omaggio che non costa nulla e non impegna a nulla.

E non potrete neppure eludere il problema cruciale e spinosissimo del “con chi” realizzare questo programma di lotte e di obiettivi. Per fare in modo che tutti i cittadini scesi in piazza possano essere con voi protagonisti, e non solo “mobilitati” una tantum, del movimento che nasce. Io spero che non avrete paura di affrontare tutte queste gravosissime responsabilità, perché senza affrontarle le meravigliose energie di queste settimane si spegnerebbero in nuova apatia. Del resto in questo compito enorme non sarete soli, tutti i manifestanti di sabato saranno con voi, pronti a condividerle. Avanti, Sardine!

Tratto da: temi.repubblica.it/micromega-online

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