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gladiodi Gianni Barbacetto
I membri di Gladio erano “animati dallo stesso spirito di combattere per la liberazione della Patria”, dunque “sono senz’altro parificabili ai partigiani che hanno combattuto per la liberazione dell’Italia durante la Resistenza”. E il loro servizio va equiparato a quello prestato nelle Forze armate. Un’equiparazione solo morale e onorifica, senza effetti ai fini retributivi, previdenziali e assistenziali, ma comunque un riconoscimento ufficiale dello Stato a chi tra il 1956 e il 1991 ha militato nell’organizzazione segreta Gladio, cioè la pianificazione Stay behind in Italia. Lo chiede (di nuovo: non è la prima volta) un disegno di legge presentato in Senato dal capogruppo di Fratelli d’Italia Luca Ciriani insieme alla collega di partito Daniela Santanchè e altri.
Ma forse bisogna ricordare che cos’era Gladio. Non una struttura Nato, come viene erroneamente ripetuto, ma una pianificazione nata dall’accordo tra due servizi segreti, quello degli Stati Uniti, la Cia, e quello militare italiano, il Sifar (che poi cambia nome e diventa Sid e poi ancora Sismi). Dunque è una lacerazione all’architettura istituzionale, uno strappo alla Costituzione, un’entità sottratta al controllo del Parlamento e finanche del governo. Il suo compito ufficiale era quello di contrastare “dietro le linee” (Stay behind) una eventuale invasione dell’Italia da parte di truppe dei Paesi comunisti. Ma i documenti ufficiali di Gladio dimostrano che con il passare degli anni la resistenza al “nemico esterno” diventa un compito sempre più residuale, mentre come missione principale si afferma la “guerra non ortodossa” al comunismo, al Pci, ai sindacati, ai movimenti di sinistra. Tanto che la relazione finale su Gladio del presidente della Commissione stragi, Libero Gualtieri, si conclude affermando che la struttura ha una “illegittimità costituzionale progressiva”, che aumenta via via che gli anni passano, dalla sua fondazione fino allo scioglimento. La “guerra non ortodossa” nel nostro Paese viene combattuta con attentati, bombe, tentati golpe e vere stragi, da piazza Fontana alla stazione Bologna.
Gladio è direttamente coinvolta in azioni eversive? Non ci sono prove. La “strategia della tensione” ha anche altri protagonisti, organizzazioni e gruppi ancor più segreti e con compiti più cruenti e illegittimi, da utilizzare per le “azioni sporche” (i Nuclei Difesa dello Stato, il movimento Pace e Libertà, movimenti neofascisti come Ordine nuovo e Avanguardia nazionale, certamente coinvolti nelle stragi degli anni Settanta e certamente in contatto con i servizi segreti italiani). Eppure, anche a rimanere all’elenco dei soli 622 membri di Gladio rivelati da Giulio Andreotti nel 1991 (solo una piccola parte degli effettivi), si incontrano nomi da brivido. Ci sono quattro iscritti al Partito nazionale fascista, otto aderenti alla Repubblica sociale di Salò, un combattente della Decima Mas, nove iscritti al Msi. E poi neofascisti che hanno fatto la storia dell’eversione armata italiana: Gianni Nardi, Manlio Portolan, Enzo Maria Dantini, Marco Morin. E perfino Gianfranco Bertoli, il finto anarchico che nel 1973 ha eseguito la strage alla Questura di Milano.
La sentenza definitiva sulla strage di Peteano ha accertato infine che una parte dell’ordigno che nel 1972 uccide tre carabinieri e ne ferisce gravemente un quarto (l’“accendimiccia a strappo” M1 che fa esplodere la bomba) proviene dal “Nasco” 203 di Aurisina, uno dei depositi segreti delle armi di Gladio. Ci saranno stati anche sinceri patrioti, dentro l’organizzazione, ma siamo sicuri che sia una buona idea parificare tutti i suoi membri “ai partigiani che hanno combattuto per la liberazione dell’Italia durante la Resistenza”?

Tratto da: Il Fatto Quotidiano del 24 Gennaio 2019

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