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palazzolo salvodi Rino Giacalone
Lanciamo un appello, forte e deciso, come con Articolo 21 siamo stati sempre capaci. E l’adesione costante che in tante occasioni abbiamo riscontrato è stata prova lampante delle nostre ragioni a difesa dell’articolo 21 della Costituzione. Che non è solo un diritto che rivendichiamo come giornalisti, ma è anche il diritto dei cittadini ad essere correttamente informati. L’appello è quello di essere in tanti il prossimo 20 settembre dinanzi al Palazzo di Giustizia di Caltanissetta , nel giorno in cui si terrà l’udienza preliminare che vede imputati uomini delle istituzioni indagati di avere allestito il depistaggio sulle indagini riguardanti la strage mafiosa di via D’Amelio a Palermo, quella del 19 luglio 1992 in cui vennero dilaniati dal tritolo il procuratore Paolo Borsellino e gli agenti della sua scorta, Emanuela Loi, Eddie Walter Cosina, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Claudio Traina.
Quello che è accaduto lo conosciamo oramai in tanti. La perquisizione e la sottrazione degli strumenti di lavoro al giornalista di Repubblica Salvo Palazzolo, per avere scritto a marzo scorso della notifica di un avviso di conclusione delle indagini ai soggetti che intanto hanno ricevuto anche la richiesta di rinvio a giudizio da parte della Procura nissena e che il 20 settembre perciò dovranno comparire dinanzi al giudice delle udienze preliminari. E allora ecco l’organizzazione di questo sit in perché nessuno tocchi l’informazione, risultata essenziale nello scoprire il depistaggio di via D’Amelio, e fatto scoprire il pentito di quella indagine farlocca Vincenzo Scarantino quale è e cioè un falso collaboratore di giustizia.
Un giornalista non può finire indagato quando fa il suo lavoro in modo perbene. Palazzolo è stato querelato dai poliziotti Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo, accusati di essere fra i depistatori di Stato della strage Borsellino, è stato querelato perché ha scritto che stava iniziando un processo nei loro confronti. E la Procura di Catania ha disposto la perquisizione della sua abitazione, il sequestro di un cellulare, di un tablet, di tre hard disk. Salvo è indagato per rivelazione di segreto d’ufficio. Per aver dato la notizia che sta iniziando un processo ad alcuni uomini delle istituzioni accusati di aver costruito ad arte il falso pentito Scarantino. Salvo su Facebook ha lanciato l’invito ad un sit in: “Ci sarò - ha scritto - ci saranno tutti i giornalisti che vogliono conoscere la verità sulla strage di via D’Amelio. Chi ha suggerito tante bugie al pentito Scarantino? Chi, nei palazzi delle istituzioni, conosce le verità e non parla? I giornalisti siciliani continueranno a fare le loro domande, continueranno a cercare l’agenda rossa di Paolo Borsellino, continueranno a dare voce al dolore dei familiari delle vittime.
I giornalisti siciliani non si rassegnano ai segreti di Stato, questo dicono i tanti messaggi di solidarietà che sto ricevendo dopo la perquisizione, vi ringrazio davvero. La battaglia per la verità sulle stragi prosegue. La battaglia di tante persone di buona volontà: magistrati, avvocati, insegnanti, studenti, sacerdoti, la lista - per fortuna - è ogni giorno più lunga. Denunciare tutti quelli che chiedono la verità sulle stragi di Stato sarà davvero difficile”. Sono giorni carichi di strani movimenti, di tensioni. Sono giorni pesanti per l’informazione. Anzi a ben vedere sono anni di continue iniziative che hanno cercato di mettere il bavaglio all’informazione. Prima di Palazzolo per vicende diverse ma analoghe tanti altri giornalisti, sopratutto in Sicilia, sono finiti sotto inchiesta. Lo Bianco, Viviano, per fare alcuni nomi, non dimentichiamo anche chi anni addietro finì in carcere, Bolzoni e Lodato, non dimentichiamo chi per scrivere la verità senza scendere a compromessi è stato ucciso, come Mauro Rostagno del quale tra pochi giorni saranno i trent’anni da quel delitto. E talvolta c’è stata una magistratura che ha offerto un suo ventre molle a chi ha deciso, non usando più le armi, di combattere l’informazione con le querele temerarie.
Non sappiamo e non diciamo che è il caso odierno che vede Palazzolo indagato. Ma certo in Sicilia nel tempo ci sono state inchieste e sentenze, anche civili, contro giornalisti dalla schiena dritta. Il caso Palazzolo, cioè l’aver scritto di un avviso di conclusione delle indagini, fa ricordare una indagine della Procura di Trapani contro chi scrive, indagato per avere pubblicato notizie coperte da segreto, ossia la sintesi di intercettazioni di una indagine conclusa. Assolto in primo grado, adesso c’è un doppio appello presentato in Cassazione e a Palermo. Noi di Articolo 21 la continuiamo a pensare come Walter Tobagi, il giornalista ucciso a Milano dal terrorismo il 28 maggio del 1980. “Il giornalista deve chiedersi se fa un servizio giornalistico o se fa un altro servizio che nel caso specifico è meno nobile. Se un giornalista ha una notizia fondata, di rilevanza pubblica ha un solo dovere, dinanzi al lettore, quella di scriverla, se non si fa questo i giornali rischiano di diventare strumenti che servono per combattere battaglie per conto terzi”. E la pensiamo ancora come Pippo Fava: “Io ho un concetto etico del giornalismo. Un giornalismo fatto di verità impedisce molte corruzioni, frena la violenza e la criminalità, impone ai politici il buon governo.
Un giornalista incapace per vigliaccheria o per calcolo si porta sulla coscienza tutti i dolori umani che avrebbe potuto evitare le sofferenze le sopraffazioni, le corruzioni e le violenze che non è stato mai capace di combattere”. Dobbiamo interrogarci a fondo noi giornalisti, perché certe indagini contro i giornalisti prendono avvio quando altri giornalisti non compiono correttamente il loro lavoro. Lo sappiamo bene. Ci sono i giornalisti che ogni giorno lavorano per cercare verità su piccole o grandi cose, ci sono quelli che scrivono per calcolo. C’è il tentativo di rendere noi giornalisti tutti dei vigliacchi. Se dovesse davvero accadere questo saremo quel giorno cittadini di una società che non potrà mai essere la società dei giusti.

Tratto da: articolo21.org

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