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craxi c ansadi Antonio Ingroia
Si chiama “Dalla parte della Costituzione”. Sottotitolo “da Gelli a Renzi: quarant’anni di attacco alla Costituzione”. È il nuovo libro di Antonio Ingroia, con la prefazione di Marco Travaglio, edito da Imprimatur. Eccone una anticipazione.
Negli anni Ottanta Bettino Craxi è indubbiamente l’uomo forte della politica italiana. Una scalata cominciata nel luglio 1976, quando al Comitato centrale dell’hotel Midas la segreteria di Francesco De Martino viene messa sotto accusa per la subalternità al Pci (…). Nuovo segretario viene eletto Craxi, capo della corrente autonomista e delfino di Nenni, che assume la guida di un partito logoro e diviso, schiacciato dall’accordo tra Dc e Pci, bocciato alle elezioni di giugno, in cui era sceso ai minimi storici del 9,6 per cento. Craxi (…) mette nei posti chiave suoi fedelissimi, per lo più giovani, attraverso quella che sarà chiamata la “rivoluzione dei quarantenni”, quindi inizia a trasformare il Psi in un partito fortemente leaderistico, in cui il potere è tutto concentrato nelle mani dello stesso segretario e, in subordine, in quelle dei membri di un ristretto esecutivo (quante similitudini con il giglio magico dei giovani rottamatori di cui si circonda Renzi). Sul piano politico impone una linea in netta discontinuità col passato, con lo smarcamento dal marxismo, una intransigente autonomia nei confronti di democristiani e comunisti, l’accantonamento della strategia dell’alternativa al Pci in favore di quella dell’alternanza al governo. Nasce così il nuovo Psi.
Su quali fondamenta poggi, lo spiega un articolo a firma di Craxi (…) pubblicato su l’Espresso del 27 agosto 1978 dal titolo Il Vangelo socialista. È il famoso saggio su Proudhon, scritto in risposta a un’intervista di Enrico Berlinguer a Repubblica, in cui il segretario del Pci aveva esaltato “la ricca lezione leniniana”. La replica di Craxi contiene una critica dura contro il marxismo ortodosso e, soprattutto, contro il leninismo, con un richiamo a forme di socialismo non autoritario.
Un anno dopo, il 28 settembre 1979, in un articolo su l’Avanti! dal titolo Ottava legislatura, Craxi lancia la proposta di una “Grande Riforma” dello Stato “che abbracci insieme l’ambito istituzionale, amministrativo, economico, sociale e morale”, per garantire “l’efficacia dell’esecutivo”. Una proposta di revisione della Costituzione di stampo presidenzialista che dia maggiore efficienza in senso decisionista al nostro sistema di governo. “Il presidenzialismo – dice Craxi – può essere considerato come una superficiale fuga verso una ipotetica Provvidenza, ma l’immobilismo è ormai diventato dannoso”.
Fortunatamente, la riforma che Craxi concepisce insieme a Giuliano Amato non prende mai il volo: la ferma opposizione della sinistra Dc e del Pci di Enrico Berlinguer (fatta eccezione, riportano le cronache dell’epoca, per la minoranza migliorista guidata da Giorgio Napolitano) riescono a proteggere la Costituzione, complici le divisioni interne allo stesso Psi tra chi sostiene il presidenzialismo all’americana e chi il semipresidenzialismo alla francese. E, anni dopo, lo stesso Craxi è costretto ad ammettere che il suo progetto era stato solo “un inutile abbaiare alla luna”.
La nuova linea comunque paga. Alle elezioni anticipate del 1979 il Psi risale al 9,8 per cento e Craxi riceve dal presidente della Repubblica Sandro Pertini un mandato esplorativo per formare il nuovo governo, ma il tentativo fallisce per l’opposizione di Dc e Pci. Nel 1983, alle nuove elezioni, il Psi cresce ancora ma non sfonda, attestandosi all’11,4 per cento. Craxi però è ormai l’ago della bilancia della politica italiana, così il 21 luglio ottiene nuovamente l’incarico per la formazione del governo e il 4 agosto presenta a Pertini la lista dei ministri. È il primo socialista a diventare presidente del Consiglio.
Il nuovo governo – sostenuto dal pentapartito, l’alleanza tra Dc, Psi, Pri, Psdi e Pli – resterà in carica sino all’agosto 1986. Sarà il più longevo della Prima Repubblica. Craxi resterà comunque a Palazzo Chigi fino all’aprile 1987 (…).
Nel 1987, però, l’Italia torna al voto ed è in vista delle elezioni di quell’anno che Totò Riina decide di mutare alleanza politica, dirottando i voti di Cosa Nostra dalla Democrazia cristiana al Partito socialista.
La scelta rappresenta una delle due strade per “agganciare” Craxi, l’altra era stata intrapresa qualche mese prima e passava attraverso Marcello Dell’Utri, uomo di Cosa Nostra e, negli anni Ottanta uno dei più stretti collaboratori di Silvio Berlusconi, all’epoca grande amico di Craxi, e per questo individuato da Totò Riina come tramite per arrivare a segretario del Psi. (…).
In tale quadro vanno letti gli attentati ad alcuni magazzini Standa in territorio catanese, tra il gennaio e il febbraio del 1990.

Tratto da: Il Fatto Quotidiano

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