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felicia fiction rai1di Salvo Vitale
Finalmente abbiamo visto su RAI Uno il tanto pubblicizzato film su Felicia Impastato. Il soggetto e la sceneggiatura sono firmate da Diego De Silva e da Monica Zapelli, con la consulenza di Giovanni Impastato. L'attrice che impersona Felicia è Lunetta Savino, fanno parte del cast Carmelo Galati, Barbara Tabita, Linda Caridi, Alessandro Agnello, Gaetano Aronica, Paride Benassai, Alessandro Idonea, Francesco La Mantia, Rosario Petix, Fabrizio Ferracane, Giorgio Colangeli e Antonio Catania. La regia è di Gianfranco Albano.
Come sempre in questi casi, per chi ha vissuto la realtà e conosce i fatti, scrollarsi da questa e mettersi nella dimensione della fiction non è facile. Perplessità simili spuntano anche quando si traspone sulla scena la storia letta in un libro, ma, in questo caso è l'immaginazione di quanto letto che si trova a confronto con l'immaginazione di chi ha "riadattato" la storia. Nel nostro caso, trattandosi di realtà, l'osservazione più semplice è se la fiction può essere una rivisitazione dei fatti per disporli in una dimensione "ottimale" su cui costruire una storia che con questi fatti può essere verisimile, ma non vera, e su cui non perdere di vista l'obiettivo del successo o dell'audience. Oppure se, per contro, si vuole raccontare una storia il più possibile vicina alla realtà scrostandola da ogni tentativo di "mitizzazione" del personaggio o dell'evento. Mi pare che la scelta della "fiction" su Felicia appartenga al primo caso.
L'ombra de "I cento passi" si nota nella ricostruzione dell'agguato al passaggio a livello: in realtà i mafiosi hanno catturato Peppino altrove, perché non potevano sapere che Peppino sarebbe tornato a casa proprio nell'orario in cui passava il treno e che quindi si sarebbe fermato al passaggio a livello chiuso; La fiction avrebbe potuto essere un'occasione per rimediare a questa "svista", ma invece si è ripercorso lo stesso errore. Tali e quali certe frasi, come quella detta al parente mafioso: "Non era uno di voi....Io vendette non ne voglio" o l'altra, "L'hanno ammazzato qui...." riferita al casolare.
Non credo che la brava Lunetta Savino raggiunga la potenza e la sapienza interpretativa di Lucia Sardo, ove si eccettuino alcune scene veramente forti, come quella in cui Felicia, davanti alla porta della sua casa si scaglia contro i suoi vicini "complici" della mafia, o la scena finale del confronto con Badalamenti: per il resto si trova a "sprecare" la sua bravura con scene fuori luogo e fuori da ogni realtà, come quella della isterica risata con la radio accesa, quella della gita a mare o quella in cui è accostata dai due mafiosi: sono scene che manifestano una regia più indirizzata verso la superficialità delle fiction televisive di serie che verso una introspettiva ricerca di autentica drammaticità. Molto spesso, proprio questa drammaticità, che ho sempre visto e letto in Felicia, sembra sparire, anche nei momenti in cui dovrebbe essere più evidente, dietro una discorsività tranquilla, quasi iscritta nell'ordine naturale delle cose e delle regole del "villaggio". Mancano le incazzature di Felicia, la sua scelta di andare a votare per il figlio, il suo ostinato "no" davanti a qualsiasi richiesta di perdono nei confronti degli assassini, il suo pugno alzato davanti alla porta di casa, la sua dolcezza nel distribuire i garofani o nell'incontrarsi con i compagni.
Nel film mancano interamente i compagni, da Paolo C., autore delle fotografie scattate sul posto, il cui ruolo è invece ricoperto da Giovanni, cui Felicetta dà una macchina fotografica, a Pino M. e ad altri autori delle ricerche, come Vito, Faro,  manca lo scrivente, che è stato interamente cancellato. Una presenza costante è invece quella di Umberto Santino, anche se mi riesce difficile vederlo a mare, discutere con Felicia mentre gli altri compagni fanno il bagno in mutande. Manca il depistaggio ordito da Subranni e portato avanti all'inizio dal giudice Signorino e dai più autorevoli magistrati della Procura, manca la politica e il comunismo di Peppino e dei suoi compagni, i risultati elettorali, le candidature di Giovanni, e infine manca la visita della Commissione Antimafia.    

Ma scendiamo nei particolari:
1) Felicia sola e dispersa all'interno del palazzo di giustizia di Palermo non è reale nè plausibile: solo scena;
2) Felicia non è mai andata sul luogo del delitto, nè tantomeno esisteva un guard rail da cui guardare
3) L'"umanità" dei carabinieri che conducono gli interrogatori, è ben diversa dalla durezza, per non dire dalla ferocia con cui invece questi furono condotti;
4) Giovanni che dice "bastardi" ai carabinieri non esiste: lo avrebbero messo dentro per insulto a pubblico ufficiale;
5)Le scene della violenza su Peppino, che ritornano alcune volte sembrano tipiche di telefilm televisivi e sarebbe stato più opportuno sfumarle;
6) Gli ambienti sono interamente diversi da quelli reali, che avrebbero potuto essere utilizzati, essendo più vicini al vero; c'è la spiaggia di Balestrate, anzichè quella di Cinisi, la casa di Felicia è diversa, con la sua persiana verde, la caserma di Cinisi non aveva scale;
7) Felicia non è mai andata di sua volontà alla caserma dei carabinieri di Cinisi;
8) La lettera minatoria che Felicia trova, non esiste, non è  mai stata scritta da alcuno;
9) Ideale Del Carpio che risiede in una bella villa di Calarossa e non a Palermo, lascia perplessi, così come non ha senso la consegna, a lui, dei giornali. Felicia non è mai andata da Del Carpio. Difficile spiegarsi come mai Del Carpio conosce subito il gruppo sanguigno di Peppino, quando ci sono voluti nove mesi per conoscere tale referto, affidato ad analisti di Catania;
10) La mamma che proibisce al ragazzino di mettere piede a Casa di Felicia getta una luce devastante sugli abitanti di Cinisi, nei confronti dei quali sarebbe bastato il grido di Santino: "Finchè queste finestre rimarranno chiuse Peppino sarà morto invano";
11) Le cassette non sono state date da Felicia al giudice, ma dallo scrivente, che le aveva salvate dalla perquisizione;
12) La "pizzeria" di Giovanni, con i suoi vetri e i suoi lussuosi ambienti è fuoriposto: si trattava di un marciapiede di cemento all'esterno, davanti a una facciata screpolata;
13) Chinnici che dice "ma vi rendete conto", non avendo nessun interlocutore, non esiste;
14) Felicia non è andata ai funerali di Chinnici.

Nel film Felicia si trova dentro un flash back che ricostruisce retroattivamente una serie di passaggi legati in gran parte agli sviluppi dell'indagine, trascurando momenti della sua vita, di cui lei stessa ha parlato, che avrebbero potuto dare un contributo maggiore al suo ruolo di donna costretta a fare i conti con regole, prepotenze e violenze mafiose e lacerata dal suo difficile rapporto tra un figlio "ribelle" e un marito mafioso.
E' quasi d'obbligo un confronto con un precedente film su Felicia girato da Gregorio Mascolo alcuni anni prima e senza i sofisticati mezzi della RAI. Lì la figura di Felicia è ricostruita con più attenta ricerca, anche scavando nel suo lontano passato, ma non trascurando il ruolo dei compagni e di Radio Aut. Sullo sfondo dei due film c'è da dire, ma si tratta solo di una mia impressione, che il vero protagonista non è Felicia, ma Giovanni.

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