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naso brunodi Paolo Borrometi
L’arringa dell’avvocato Bruno Naso, difensore di Massimo Carminati, prima “nero fascista” oggi – a processo – per mafia, legale dei Fasciani (padrini e padroni) di Ostia e di tanti altri “furbetti” del quartierino, pronunciata ieri in un’aula del Tribunale di Roma, rappresenta uno schiaffo ai giusti diritti della difesa.

Il collega Lirio Abbate (sotto scorta da diversi anni) è apostrofato da tempo dall’avvocato Naso, con parole irridenti. E’ lo stesso Naso che domanda nella propria arringa come mai “non hanno dato a De-Lirio il premio Pulitzer”, fa collegamenti fra Lirio e il procuratore Pignatone (che per Naso è “venuto a Roma pensando che Roma fosse una grande Reggio Calabria”).
E poi ancora, insinua l’idea che Lirio non sia un giornalista ma che agisca praticamente in combutta con investigatori e magistrati: “Abbate, che è casualmente di Palermo – ha affermato Naso -, che casualmente ha lavorato a Palermo quando c’era Pignatone, che casualmente frequenta ambienti frequentati da Pignatone.. il cerchio si chiude”.

Tutto ciò non è più tollerabile. La misura è colma e se quanto raccontato non bastasse per far comprendere le pericolose affermazioni nei confronti del collega Lirio, basti ricordare l’episodio che portò alle minacce nei confronti della collega Rosario Capacchione in un’aula di Tribunale da parte degli avvocati difensori dei boss Casalesi. Perché non si sa mai come possano essere interpretate quelle parole, non tanto per i magistrati che devono decidere, bensì per chi sta all’interno delle carceri e, soprattutto, per chi sta fuori.

Da giornalista, ma anche da chi per un periodo ha fatto parte del mondo forense (come avvocato praticante), mi chiedo come sia possibile che l’avvocato Naso possa continuare con questa escalation verbale nei confronti di un collega.
Le critiche sono lecite, anzi sono indispensabili ma nessuno, per nessuna ragione, può mancare di rispetto a chi fa bene il proprio lavoro.

E forse la colpa di Lirio – per Naso – è proprio quella di esser stato il primo a svelare, nel dicembre del 2012, i misteri e le contiguità della mafia della capitale italiana citando i “quattro re di Roma”, Massimo Carminati, Michele Senese, Carmine Fasciani, Giuseppe Casamonica? Perché fu proprio quella inchiesta – è bene ricordarlo – che portò Massimo Carminati, in intercettazioni ambientali e telefoniche, a manifestare la volontà di farla pagare a Lirio Abbate.

Sono orgoglioso dell’intervento di Ossigeno per l’Informazione e dell’Ordine dei Giornalisti ma, questa volta, spero che anche l’Ordine degli Avvocati possa far sentire la propria voce per censurare le parole ed i comportamenti, reiterati, dell’avvocato Naso.

Il silenzio, in questa occasione, sarebbe gravissimo, perché la libertà di informazione è un diritto fondamentale e non è meno importante del diritto di difesa. Oppure qualcuno la pensa diversamente?

Tratto da: liberainformazione.org

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