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bolzoni attilio 2di Attilio Bolzoni
Vogliono far dimenticare chi sono ma non ci riescono. La puzza di mafia non ce la fanno a scrollarsela di dosso, è un odore che non se ne va mai. Resta, appiccicato sulla pelle anche se cambiano vestito e si cospargono di creme e di profumi. È un tanfo inconfondibile che riemerge sempre. Quello che si è portato dietro l’imprenditore Bulgarella — da Trapani alla Toscana, incrociando questori e prefetti a Pisa, sottosegretari all’Interno e banchieri a Roma, politicanti di varie specie e razze in Sicilia — ci spiega più di tanto altro cos’è oggi la mafia, mafia non intesa come omicidi e stragi ma come “co-gestione” con soggetti istituzionali del potere, del territorio, degli affari.
L’inchiesta dei carabinieri del Ros su un imprenditore al di sotto di ogni sospetto che diventa all’improvviso imprenditore al di sopra di ogni sospetto a mille chilometri dalla sua tana, ci fa scoprire il “modello” di Cosa Nostra dopo lo sfascio causato da Totò Riina e dai suoi macellai corleonesi. La mafia è tornata mafia. Originale, pura, autentica. La mafia che non è certo quella frottola che ci vogliono rappresentare come anti-Stato ma mafia che con pezzi dello Stato s’intende, va a braccetto, mano nella mano.

Quest’inchiesta su Andrea Bulgarella e le sue connessioni con il vicepresidente di Unicredit Fabrizio Palenzona — vedremo quali saranno le eventuali responsabilità penali, intanto registriamo le relazioni che ha avuto con quello che viene indicato come un favoreggiatore di Matteo Messina Denaro — ci svela un mondo di “sistemi” e di “reti” che è l’anima della Cosa Nostra contemporanea. Alleanze, accordi, patti. La vicenda di Pisa è molto significativa perché ci riporta, con le dovute differenze, agli stupefacenti fatti di una “classe padrona” (rappresentata solo in parte da Antonello Montante, delegato nazionale alla legalità di Confindustria) asservita a logiche antiche, esponenti che a parole fanno intendere di essere contro la mafia ma che nei fatti sono dentro un “gioco grande” che con l’alta mafia hanno sempre avuto rapporti.
Sono passati quasi venticinque anni dagli attentati contro Falcone e Borsellino, ma in Sicilia e in Italia la mafia si è introdotta ancora una volta dentro lo Stato e dentro le stanze dove si decide tutto. Oggi parliamo di Bulgarella e di Palenzona, ma potremmo parlare anche di collettori di tangenti fra Palermo e Milano e di “paladini” dell’antimafia soci di quei raccoglitori di soldi sporchi, potremmo parlare di società e di prestanome. È sempre la stessa puzza.
Ci piace ricordare cosa disse un giorno Tommaso Buscetta al giudice Falcone, a proposito di miasmi e di fetori e di quella gente là: «Anche se si versasse un litro di colonia in testa, Bernardo Brusca farebbe sempre puzza di caprone».

Tratto da: La Repubblica del 10 ottobre 2015

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