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renzi-matteo5di Antonio Ingroia - 28 maggio 2015
Avevano promesso la “trasparenza totale” e che in nome di questa trasparenza avrebbero rimosso il velo del segreto di Stato da quei casi per i quali il segreto non ha evidentemente ragione di essere.
Avevano assicurato che avrebbero cambiato verso “in senso profondo e radicale” rispetto a un passato fatto troppo spesso di omertà, occultamento della verità, depistaggi, carte negate. Avevano preso un impegno solenne, pubblico, ma quello di Renzi e del governo era solo un bluff. Non c’è nessuna rivoluzione, la rottamazione del segreto di Stato è rimasta solo una promessa non mantenuta, una delle tante, perché ancora una volta alle parole non sono seguiti i fatti.
La prova arriva dal processo, il secondo, in corso a Perugia che vede come imputati l’ex direttore del Sismi (Servizio Informazioni e Sicurezza Militare) Niccolò Pollari e l’ex funzionario del servizio segreto Pio Pompa per l’operazione di dossieraggio a carico di politici, magistrati, giornalisti e associazioni per la legalità e la libertà di informazione ritenuti all’epoca (l’archivio fu scoperto nel 2006, l’attività era iniziata nel 2001) ostili a Silvio Berlusconi. Il primo aveva ordinato, il secondo eseguito, in modo illegale, l’attività di spionaggio e di schedatura. Tra i soggetti ritenuti evidentemente pericolosi, e dunque da “disarticolare”, “neutralizzare”, “ridimensionare” e “dissuadere”, anche con “provvedimenti” e “misure traumatiche”, come risultò da alcuni documenti trovati nell’ufficio di via Nazionale 230, c’ero anch’io, in quegli anni pm a Palermo.
Fare luce su una vicenda al tempo stesso squallida e gravissima, chiarire come fosse possibile che all’interno dei servizi esistesse una struttura indipendente, del tutto estranea alle finalità istituzionali dei servizi stessi, che con risorse, strutture e mezzi pubblici operava a tutela degli interessi privati di Berlusconi, accertare le responsabilità su quei fatti, mi sembra il minimo che uno Stato che vuol dirsi democratico debba fare. Non in Italia però, dove la ricerca della verità su questa brutta storia si è sistematicamente scontrata con il muro del segreto di Stato eretto da tutti i governi che si sono succeduti in questi anni, quel muro che ha fermato il primo procedimento a Perugia prima che la Cassazione riaprisse la vicenda e mandasse di nuovo sotto processo Pollari e Pompa.

Ma ora ecco tornare di nuovo il segreto di Stato, invocato da Pollari depositando una lettera riservata scrittagli da Giampiero Massolo,  direttore del Dipartimento Informazioni per la Sicurezza della Presidenza del Consiglio, in cui si afferma che anche il governo Renzi, come i precedenti (Prodi, Berlusconi, Monti e Letta), ha deciso di apporre il segreto di Stato e addirittura di ricorrere alla Corte costituzionale per proporre un nuovo ricorso per conflitto di attribuzioni contro la sentenza della Cassazione.
Punto e capo, insomma. Con lo Stato che ancora una volta alla verità preferisce la copertura, appellandosi al segreto di Stato e parlando di conflitto di attribuzioni. Una scelta grave che conferma come, purtroppo, l’Italia sia un Paese in cui non c’è alcuna voglia di scoperchiare certe pentole. Una scelta incomprensibile e ingiustificabile, dal momento che non si capisce quale segreto di Stato possa esserci su un’attività di dossieraggio extra istituzionale, che nulla aveva a che vedere con la sicurezza nazionale o con emergenze internazionali ma che si prefiggeva come unico scopo quello di neutralizzare ogni dissenso, vero o presunto, al governo dell’epoca, di delegittimare chi per le proprie idee politiche o per la propria funzione fosse ritenuto un pericolo per l’allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.
In quegli anni, dal 2001 al 2006, ero pubblico ministero antimafia: perché mai ero spiato? In virtù di cosa ero ritenuto un pericolo? Per quale ragione si riteneva opportuno impedirmi di fare il mio dovere? Quali iniziative sono state messe in atto per screditarmi? Sono domande che esigono una risposta, quella risposta che invece anche questo governo intende negare. Ed è tanto più sconcertante che questo comportamento sia tenuto da una figura come quella di Matteo Renzi, che si è presentato come il nuovo e il rottamatore ma che alla prova dei fatti non sta facendo nulla di diverso rispetto a chi lo ha preceduto. Da presidente del Consiglio si è impegnato a togliere il segreto di Stato da tutti gli atti secretati ma non è intenzionato a farlo per questa vicenda grave, intimidatoria e ancora molto oscura, una vicenda per la quale sono indignato come persona e amareggiato come uomo dello Stato e che mi ha sicuramente creato più danni di quanto sembri, vista la campagna massiccia di discredito che c’è stata nei miei confronti. I miei diritti di cittadino sono stati calpestati senza che nulla giustificasse in alcun modo questa violazione, ora chiedo giustizia e voglio che si accerti la verità. Non posso accettare che lo Stato prima mi spii e poi ci metta il segreto di Stato sopra.

(L’ultima Ribattuta)

Tratto da: azione-civile.net

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