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maggiani-chelli-giovanna-web22di Aaron Pettinari - 28 ottobre 2014
Il presidente dell’associazione, Giovanna Maggiani Chelli, chiede la verità: “Dopo l’udienza di oggi al Quirinale decideremo se riconsegnare l’onorificenza al Capo dello Stato”
Giovanna Maggiani Chelli, la Corte ha rigettato la vostra richiesta, come parte civile, di essere presente in aula all’udienza del Quirinale. Come avete accolto la decisione del presidente Montalto?
Avremmo voluto esserci è vero. Sarebbe stato un segnale importante, una dimostrazione che i nostri morti ancora oggi non sono dimenticati ed hanno ancora un peso. Questa gratificazione non ci è stata concessa ma ci sarà comunque il nostro avvocato, Danilo Ammanato anche se, da quel che ci dicono, non potrà fare domande. Accettiamo la decisione della Corte. La speranza è che i pm, e addirittura volendo anche la difesa di Riina, possano fare le stesse domande che avremmo fatto noi.

Cosa vi aspettate dalla testimonianza del Capo dello Stato?
A dire il vero non molto, visto che il Presidente ha già detto di non saper nulla di quel periodo e di non avere nulla da aggiungere sulla lettera in cui Loris D’Ambrosio parla di “indicibili accordi”. Non ci aspettiamo che domani le risposte saranno di tenore diverso. Appare difficile che vi siano risposte diverse di fronte alle domande incalzanti dei Pm e dell’avvocato di Riina.

Voi cosa avreste chiesto?
E’ chiaro che la domanda principale è se quando era Presidente della Camera, ovvero la terza carica dello Stato, è stato informato o meno di quella nota del Sismi in cui si parla di un possibile attentato nei suoi confronti e del Presidente del Senato Giovanni Spadolini. Può dirci se gli hanno aumentato la scorta in quell’agosto del 1993 e se gli hanno spiegato il motivo di tale decisione? E se no lo hanno fatto è chiaro che le domande le dovremmo fare ai membri dei Servizi di allora. Perché non avrebbero detto nulla?

Secondo lei perché questi documenti, come la nota del Sisde in cui si rafforza l’allarme del Sismi per le vite di Napolitano e Spadolini, vengono portati alla luce soltanto oggi?
La sensazione è quella di essere di fronte ad una profonda omertà di Stato. Il documento stanato dagli archivi della Procura di Firenze, relativo a quella nota entra prepotentemente nella realtà della nostra vita, a 22 anni dalla morte dei nostri figli. Lì non si parla solo di Napolitano ma anche di 41 bis e di trattativa. Oggi ci rendiamo sempre più conto che la morte del giudice Gabriele Chelazzi rappresentò una pietra tombale sulla verità della strage di via dei Georgofili. E’ probabile che i due Presidenti fossero stati messi al corrente dei rischi che aleggiavano nei loro confronti ma nel caso in cui non fossero stati avvisati di nulla la domanda successiva è: i Servizi da che parte stavano? Ora forse capiamo perché anni fa i legali di Riina, Bagarella e Giuseppe Ferro volevano ascoltare le testimonianze dei Presidenti della Repubblica, della Camera e del Senato.

Cosa intende con questo?
Che forse all’epoca quegli avvocati, tra cui vi era lo stesso Cianferoni, avevano avuto più intuito di noi che all’epoca non ritenevamo importante arrivare a chiamare persino le più alte cariche dello Stato. Forse che Cianferoni sapeva già qualcosa, da parte dei suoi clienti, che noi non sapevamo? Già allora la mafia voleva fortemente fare domande a certi soggetti. Forse che loro già sapevano qualcosa riguardo a queste minacce? E’ questa una delle domande che ci stiamo facendo in questi giorni. E forse è qui che si trova anche la risposta sul perché in questi vent’anni nessun rappresentante delle istituzioni di allora ha sentito l’esigenza di dire che si sentivano minacciati o che avevano paura, così come soltanto negli ultimi anni è emerso per Mannino ed altri.

Oltre alle parti civili e agli imputati, che parteciperanno comunque rappresentati dai legali, ad essere esclusi all’udienza del Colle sono i giornalisti. Come giudica questa decisione del Presidente della Repubblica?
Se fossi stata al posto del Capo dello Stato, avendo a cuore il raggiungimento della verità sulle stragi, come quella di Firenze, nonostante le grandi prerogative istituzionali che sono riconosciute alla più alta carica dello Stato avrei voluto che il processo fosse pubblico e che quantomeno potessero partecipare quegli organismi, come la stampa, che con la massima trasparenza avrebbero potuto raccontare la testimonianza. Purtroppo però non sono il Presidente della Repubblica ma una meschina madre di una delle vittime della strage di via dei Georgofili. Probabilmente si è persa un’occasione. Dobbiamo comunque avere rispetto per la decisione del Presidente della Repubblica. Poi vedremo quel che emergerà dall’udienza.

Nei giorni scorsi ha detto che come Associazione state valutando di restituire il Cavalierato al Presidente della Repubblica.
La nostra Associazione è stata insignita di questa carica tramite un legale rappresentante del Capo dello Stato. Al momento è una possibilità concreta anche se la valutazione finale la faremo con serenità dopo l’udienza del Quirinale. Se dovesse venire fuori che sia stata un’udienza istituzionale, tanto per dirsela tra loro, dopo vent’anni chiusi nei loro sacrari come Associazione non ci stiamo e meditiamo anche un’azione di questo tipo.

Tratto da: loraquotidiano.it

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