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piazza-della-loggia-web3di Nicola Tranfaglia - 22 febbraio 2014
A quarant'anni dagli avvenimenti capita, nel nostro paese, che i giudici siano ancora lontani dalla verità. In maniera del tutto eccezionale succede quasi dovunque ma, nel nostro paese, questo capita più di una volta e in particolare, quando si tratta di stragi o di delitti senza nome, dovuti alla estrema destra interna o internazionale.
Così, nella strage seguita a una protesta antifascista di piazza della Loggia a Brescia (28 maggio 1974, una bomba uccise - al centro della città - otto persone e ne ferì più di cento). Lo ha deciso la Corte suprema della Cassazione, dopo assoluzioni già avvenute in primo e secondo grado in questi ultimi quarant'anni. Come è potuto avvenire che undici processi, celebrati da giudici diversi in climi e atmosfere politiche differenti abbiano sbagliato per tre volte?

La celebrazione di un quarto processo di appello (dodicesimo della serie completa dei processi già celebrati nel quarantennio), deciso dalla Cassazione quando tanti - chissà perchè - dicevano che occorreva affidare il giudizio alla storia (son molti quelli che si affidano a Clio nel nostro tempo, come se potesse vedere quello che non vedono i contemporanei!) rimette tutto in discussione e potrebbe finalmente arrivare - non muore mai la speranza - vicino alla verità storica.
Ma restano le caratteristiche dell'Italia contemporanea, di cui faccio  parlare John Foot, professore all'Università di Londra, che in tempi non sospetti, nel maggio 2005, ha ritenuto di dover ricordare: "Lo Stato italiano - ha osservato lo storico inglese - non è stato mai o quasi mai capace di costruire un forte consenso, non è mai stato capace di farsi completamente legittimare dai cittadini e questa crisi di fiducia e di legittimazione sta alla base di tutto ciò che è successo nei 150 anni della sua storia. "Una conclusione sintetica che molti non accetterebbero ma che chi scrive, al contrario, pensa di poter condividere.  
Quella di Brescia - è il caso di ricordare - è stata una strage terribile, di cui molti italiani e tanti cittadini di Brescia, a cominciare da Manlio Milani, presidente della Casa della Memoria e anima dei familiari delle vittime di Piazza della Loggia, non hanno perduto nè perderanno la memoria. Quella bomba pose fine alla vita di cinque insegnanti di scuola, due operai e un ex partigiani. In una ricerca compiuta dall'Istituto Cattaneo nel 1984, a cura di Donatella della Porta e Maurizio Rossi) nell'anno 1974 che è quello della strage, si registrano 363 atti violenza e attentati non rivendicati ma attribuiti alla destra estrema di Ordine Nuovo e sigle simili contro i 65 attribuiti a sigle vicine alla sinistra cd estraparlamentare.  
Esce di scena, con la sentenza della Cassazione, l'ex ordinovista veneto Delfo Zorzi (che vive in Giappone col nome di Hagen Roy) e viene di nuovo imputato dai giudici l'ex capo del gruppo veneto di Ordine Nuovo, Carlo Maria Maggi, e Maurizio Tramonte che con il nome di "fonte Tritone" era un assiduo informatore del Sid, il servizio segreto militare di quei tempi.
Se si arriva al dodicesimo processo contro i due militanti di Ordine Nuovo, Maggi e Tramonte, è solo un caso: negli anni novanta sono state ritrovate dagli investigatori alcune veline relative all'attività degli ambienti neofascisti. Se quelle veline, si può dire con certezza, non fossero state raggiunte dagli inquirenti della polizia, nulla si sarebbe saputo al riguardo e oggi non ci troveremo di fronte a una nuova, possibile occasione di rispondere alle domande centrali su una delle stragi terroristiche del ventesimo secolo nel nostro paese. Una considerazione amara, dirà qualcuno, su quello che capita nel nostro paese mentre al Nord alcuni ricominciano a parlare di una ripresa di atti terroristici contro lo Stato o chi lo rappresenta.

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