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borsellino-salvatore-web5di Salvatore Borsellino - 21 giugno 2013
Stavolta pensavamo di esserci.
Stavolta ci ritenevamo veramente sicuri di potere essere parte attiva nel processo che si svolgerà a Palermo per "attentato al corpo politico dello Stato", dove finalmente lo Stato processa se stesso, la parte sana dello Stato processa la parte infedele che avviando una "trattativa" con l'antistato, con la criminalità organizzata, ha causato una brusca accelerazione nella condanna a morte già da tempo decretata da parte di questi criminali nei confronti di Paolo Borsellino, il magistrato che restava, da solo, a condurre quella lotta che solo 57 giorni prima era costata la vita a Giovanni Falcone.
Smentendo la predizione di Leonardo Sciascia, lo Stato processava se stesso e noi avremmo potuto essere, nelle aule di Giustizia, parte attiva di questo processo.
E' vero, la mia richiesta di costituzione di parte civile come familiare di Paolo era stata respinta con l'avallo di un ufficio del PM che temeva che la mia presenza in questa veste potesse dare armi e chi avrebbe tentato di fare trasferire il processo, per questioni di competenza, a Caltanissetta.

E' vero, anche la mia costituzione di parte civile, già accettata dal GUP Morosini in fase di udienza preliminare come rappresentante del Movimento delle Agende Rosse, ampiamente motivata e sostenuta dall'ufficio del PM in quella sede, era stata annullata nelle fasi iniziali del dibattimento in corte d'Assise da una corte che, forse anche per giustificare la mia esclusione, aveva falcidiato quasi tutte le altre richieste di costituzione di associazioni ed enti territoriali.
E' vero, l'ufficio del PM non aveva ritenuto, in questa sede, di controbattere efficacemente la richiesta dell'avv. Milio che aveva esplicitamente richiesta la nostra esclusione.
E' vero, già una prima volta avevamo dovuto subire questa profonda delusione, ma questa volta credevamo che la nostra partecipazione non potesse più essere messa in forse ed eravamo sereni.
Avevamo trovato un accordo, una linea comune, con una associazione con la quale da anni combattiamo le stesse battaglie, sullo stesso fronte e contro gli stessi nemici, palesi ed occulti: l'Associazione Nazionale dei Familiari delle Vittime di Via dei Georgofili.
Il nostro avvocato avrebbe potuto essere presente come sostituto del loro avvocato nei casi in cui quest'ultimo non avesse potuto essere presente alle udienze.
Udienze da disertare che non sarebbero state poche dato che, essendo stati esclusi, come parte civile, anche la Regione Toscana, la Provincia di Firenza e il Comune di Firenze, il cui avvocato, Danilo Ammannato, era sempre lo stesso di quello dell'associazione, quest'ultima si era trovata senza le risorse economiche necessarie per assicurarne la partecipazione e sovvenzionarne le trasferte.
Il nostro avvocato, Fabio Repici, opera invece già in Sicilia e si era offerto di prestare la propria opera a titolo assolutamente gratuito e su questa linea l'accordo ritenevamo che fosse completo.
Ieri, improvvisa, la doccia fredda. La strada verso il processo un'altra volta sbarrata.
Il nostro avvocato non potrà più essere affiancato al loro a costo, come succederà nella prossima udienza del 27 giugno, di disertare l'udienza stessa.
Le ragioni che ci sono state fornite, difetti di comunicazione, fraintendimenti, non ci convincono e non ci possono convincere.
La nostra disponibilità era totale e non possiamo fare a meno di pensare che ci siano a monte dei motivi non dichiarati o almeno non apertamente dichiarati ma solo sottintesi: la speranza che la competenza territoriale per il processo sia tolta a Palermo e assegnata a Firenze.
Ma questo significherebbe, e lo sa bene chi presiede quell'associazione, la morte del processo stesso.
A questo processo si è arrivati dopo anni di lavoro dei PM che lo hanno istruito, tutti i componennti di quell'ufficio hanno dovuto subire attacchi provenienti da ogni parte e perfino dai livelli più alti delle Istituzioni, tutti hanno sacrificato a quesito processo la propria carriera, la vita e gli affetti familiari, la tranquillità.
Il coordinatore di quell'ufficio si è illuso di potere trasferire la sua battaglia sula campo della politica e ha così chiuso con troppo anticipo la sua vita di magistrato.
Quale altra procura continuerebbe sulla stessa strada, quanti anni dovrebbero passare prima che si arrivi a quel punto di partenza che oggi era stato faticosamente raggiunto?
Per arrivare a questo processo anche Io e il mio Movimento delle Agende Rosse profondiamo ogni nostra energia da anni, abbiamo parlato di trattativa quando si veniva presi per pazzi a parlarne.
Io stesso sono stato querelato da uno degli imputati, Nicola Mancino, che per questa querela è arrivato a chiedere aiuto ai più alti gradi delle Istituzioni.
Abbiamo appoggiato con ogni mezzo i magistrati che portavano avanti questo lavoro, ci abbiamo creduto fino in fondo e ora ci troviamo la strada sbarrata, siamo costretti a tacere.
Il 27 di giugno io sarò fuori dall'aula di Giustizia con la bocca chiusa da un bavaglio.
Il bavaglio con cui dopo anni di lotta cercano di impedirmi di continuare a parlare di Giustizia e di Verità.


Tratto da: 19luglio1992.org

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