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gratteri-nicola-web3di Salvo Fallica - 27 maggio 2013
Intervista a Nicola Gratteri, magistrato che vive con la scorta. «'Ndrangheta più forte di 20 anni fa. Letta mi vuole? C'è da capire i margini per un contrasto serio alle mafie».
«La ’ndrangheta, purtroppo, è più forte di 20 anni fa. Anche se sono stati ottenuti buoni risultati, soprattutto con il supporto delle intercettazioni, vi è ancora molto da fare». Il magistrato Nicola Gratteri fotografa così la situazione attuale. Linguaggio diretto, idee chiare, Gratteri vive dal 1989 affiancato dalla scorta: è uno degli obiettivi della ’ndrangheta, uno dei magistrati che ha inferto colpi molto duri all’organizzazione criminale. La sua forza sta nell’aver capito i meccanismi di funzionamento del potere della struttura ’ndranghetista. Non a caso vi è chi lo paragona per intelligenza analitica e investigativa a Giovanni Falcone. Ma lui si sottrae ai paragoni. «L’accostamento a Falcone e Borsellino è esagerato, loro sono dei grandi, degli eroi».

Per ricordare Falcone ha scelto di partecipare assieme al giornalista-scrittore Nicaso a un dibattito sulla legalità a Paternò, ai piedi dell’Etna. «Vedo che alcuni che in vita disistimavano Falcone, lo hanno combattuto o criticato, vanno ai convegni a pontificare sulla sua figura. Si sono resi conto - sottolinea Gratteri - che lui non è morto, perché ha lasciato in eredità un grande ricordo soprattutto nei giovani. A quelli che si comportano così, consiglierei un po’ di silenzio e magari di provare un po’ di vergogna».

Ci parli del suo metodo di indagine.

«Io ho sempre cercato di privilegiare le indagini tecniche, la sperimentazione anche nel campo dell’intercettazione, dell’informatica. Purtroppo nella lotta alla ’ndrangheta ogni 500 o 600 arrestati abbiamo un collaboratore di giustizia di serie B o C. È molto più difficile che contrastare Cosa Nostra o la Camorra. Le intercettazioni telefoniche e ambientali hanno una notevole rilevanza. Ho creato la prima saletta di registrazione delle intercettazioni in digitale in Italia con cablaggio a fibre ottiche, questa sperimentazione è stata anche esportata in altri luoghi d’Italia e all’estero».

Perché la ’ndrangheta è così forte?

«Innanzitutto per la struttura familistica, 200-300 parenti formano un locale, un’organizzazione. Vi sono fra di loro vincoli molto forti. Inoltre la ‘ndrangheta è molto ricca perché è leader nell’importazione di cocaina in Europa. Già negli anni 70 era leader nei sequestri di persona: gestiva tutti quelli fatti in Piemonte e in Lombardia, oltre che in Calabria. Questi passaggi ne hanno accresciuto la credibilità e la forza».

C’è chi ha parlato di un nuovo pool a Reggio Calabria sul modello di quello di Palermo con Falcone e Borsellino...

«Non sono d’accordo su questo, perché anche 20, 15 o 10 anni fa, sono state condotte in Calabria ampie indagini che sono state importanti sia per la conoscenza della struttura della ’ndrangheta che sul piano del contrasto di potenti famiglie mafiose. Adesso la tecnologia e l’informatica ci stanno dando una grande mano, e per questo abbiamo qualche successo in più. Ma c’è ancora molto da fare...».

In Sicilia negli ultimi anni è cresciuta la sensibilità dell’opinione pubblica rispetto alla lotta alla mafia. Penso alle battaglie per la legalità di Addiopizzo, di Confindustria Sicilia, e sono molti gli imprenditori che denunciano gli estorsori. Perché in Calabria tutto questo non succede?

«Credo che i calabresi siano molto disincantati, hanno avuto troppe delusioni. Si sentono come vacche da mungere, ci si ricorda di loro solo quando è il momento di votare. A differenza della Sicilia, la Calabria è stata molto trascurata dal governo centrale. Sul piano infrastrutturale appare tagliata fuori, la Salerno-Reggio Calabria con le sue lentezze infinite è la drammatica metafora di una Regione vissuta dai suoi abitanti come marginale e dimenticata. In questo contesto cresce in molti la rassegnazione, altri invece ricevono risposte solo dalla ’ndrangheta, non dallo Stato».

Quanto pesa in Calabria l’intreccio fra la mafia e pezzi malati della politica e dell’economia?

«È drammatico, ma in questo momento la ’ndrangheta in Calabria appare più forte e credibile della politica. Molti candidati vanno a chiedere ai capimafia pacchetti di voti in cambio di appalti. Venti anni fa, avveniva il contrario.In una Regione dove la disoccupazione è al 40%, la ’ndrangheta riesce a far lavorare, anche in un piccolo appalto di poche migliaia di euro, cinque padri di famiglia per 20 o trenta giorni. Quando sarà ora di votare queste persone si ricorderanno del candidato prescelto dal capomafia. La ‘ndrangheta ha esteso il suo potere a molti settori, al punto da prevalere sulla politica».

La ’ndrangheta ha una capacità notevole di riprodursi nel Nord d’Italia e all’estero. Qual è la vera ragione?

«Sei anni fa con Antonio Nicaso, in “Fratelli di sangue”, abbiamo raccontato come la ’ndrangheta sia l’unica organizzazione mafiosa presente in tutti e cinque i continenti. Oltre alla sua struttura organizzativa, la ’ndrangheta ha una grande potenza economica. Ci sono uomini della ’ndrangheta che vivono stabilmente in Sudamerica e riescono a importare a prezzi bassissimi, anche a mille euro al chilo, cocaina pura al 98%. Poi questa viene rivenduta a 50 euro al grammo. Investono a prezzi molto bassi, rivendono a prezzi molto alti. Hanno creato un grande business».

Come si colpisce la ’ndrangheta?

«Alcuni sono convinti che basta colpire i mafiosi nel portafoglio perché non temono il carcere. Certo, è così se per un reato grave stanno in carcere solo pochi anni. Bisogna riformare il diritto penale, le pene debbono essere non solo severe ma debbono essere scontate. Inoltre, bisogna far lavorare i carcerati con lavori di utilità collettiva, pulire le spiagge, il verde, le strade. Si immagina quale valore simbolico avrebbe far vedere un mafioso che spazza le strade dopo che per tutta la vita non ha fatto altro che incutere timore? Sarebbe un messaggio positivo per i giovani, lo vedrebbero nella sua fragilità. Servono molte modifiche al sistema della giustizia penale, a quello carcerario e a quello scolastico. Una scuola che funziona in maniera molto efficace, che crea persone colte, con spirito critico, allontana i giovani dalla criminalità».

Il presidente del Consiglio, Enrico Letta, ha detto che la chiamerà per rafforzare la lotta contro le mafie. Cosa risponde?

«Ne sono onorato, però dobbiamo capire meglio che margini ci sono per realizzare un serio programma di contrasto alle mafie. Non è una cosa semplice, perché le modifiche alle leggi devono essere approvate dal Parlamento. Se vi è la volontà di realizzare questo progetto di dura lotta alle mafie, io sono pronto a discutere».

Tratto da: unita.it

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