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rodota-stefanodi Antonio Ingroia - 18 aprile 2013
Il fallimento dell’elezione al primo turno di Franco Marini è la fine, senza appello, degli accordi stile prima repubblica.
Sia chiaro, tra i cattolici moderati il nome di Marini, uno dei fondatori del Pd (di cui pure, se non ricordo male, ne avversò la nascita fino alla fine) era uno dei migliori in circolazione. Quello che proprio non ha funzionato è il modo con cui questa candidatura è nata. È chiaro a tutti ormai che il popolo del centrosinistra non vuole alcun accordo con Berlusconi. Per fortuna una buona parte dei parlamentari del Pd, quelli che hanno saputo intercettare i forti malumori della base, hanno dichiarato, con lealtà, senza approfittare del segreto dell’urna, che non avrebbero seguito le indicazioni di partito e avrebbero votato per Stefano Rodotà, costituzionalista di grande fama, autenticamente di sinistra, fiero avversario del berlusconismo e da anni impegnato a favore della moralizzazione della vita pubblica. A capirlo, per fortuna, non sono stati solo Renzi e i suoi seguaci. I mal di pancia sono molto più estesi se guardiamo i numeri della prima votazione.

È la fine di un’epoca probabilmente. Questi inciuci non si possono più fare e, soprattutto, Bersani dovrebbe aver capito che un successivo accordo politico con il centrodestra, sia pure sotto forma di governo del presidente, sarebbe abortito prima di nascere.
Ora le tre forze tradizionali, scelta Civica, Pdl e Pd (soprattutto il Pd) si leccano le ferite e in attesa di nuovi sviluppi inseriranno anche nel terzo scrutinio di domani la scheda bianca nell’urna. Leggo che sono in attesa del quarto scrutinio, in programma domani pomeriggio, per approfittare dell’abbassamento del quorum e insistere sul nome di Marini.
Io chiedo al Pd di abbandonare questa opzione, un vero suicidio politico, e di fare finalmente qualcosa di sinistra, abbandoni la strada intrapresa con l’abbraccio mortale a Berlusconi e dichiari formalmente che non può esserci alcuna possibilità di accordo col centrodestra.
Quando parlo di sinistra, in questo caso, non mi riferisco all’elezione di un presidente di sinistra. Il Presidente della Repubblica deve essere uomo (o donna) garante dell’unità nazionale e della Costituzione. Mi basta quindi che risponda a questi requisiti.. Mi riferisco invece alla capacità della classe dirigente di ascoltare gli umori dei cittadini, a cominciare da quelli della propria base, mediando le spinte dal basso con gesti che servano a tutto il Paese.
Insomma, si converga prima del quarto scrutinio sul nome di Stefano Rodotà, può essere davvero il presidente di tutti gli italiani. Il Pd esca dal fortino in cui si è rintanato, scenda dal suo piedistallo, ritrovi la lucidità perduta e la smetta di mostrarsi arrogante. Insomma, non si fa un Presidente della Repubblica solo perché può favorire la nascita di un governo Pd-Pdl. Così non si farebbe il bene degli italiani ma solo il gioco di Berlusconi. Chiedo ai dirigenti del Pd di riflettere bene su quel che fanno. Che la notte porti consiglio.

Tratto da: rivoluzionecivile.it

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