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gomez-peter-web5di Peter Gomez - 12 marzo 2013
Mettiamola così. Se ne sono dimenticati. Oppure non se ne sono accorti. Centonovantasei parlamentari del Pdl marciano compatti sul Tribunale di Milano, lo invadono per qualche minuto, cosa mai avvenuta prima nella storia Repubblicana, e loro stanno zitti. Quelli, in spregio alla tripartizione dei poteri tipica di ogni democrazia liberale, protestano in massa contro tre provvedimenti dell’autorità giudiziaria riguardanti il Capo, e  gli altri, dal teorico arbitro agli avversari, rispondono con un silenzio assordante.

Talmente assordante da far pensare – a chi ricorda i luminosi exploit dell’ultima campagna elettorale – che almeno il Pd si senta già impegnato in quella nuova.
Ovviamente è vero l’esatto contrario. Il futuro ex presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano tace per tentare di far nascere un governo comunque vada. E tanto che c’è non fa nemmeno saltare la visita al Colle dell’ex segretario di Silvio Berlusconi, Angelino Alfano. Ma spiega, tramite indiscrezioni quirinalizie, che “la richiesta d’incontro era stata accolta dopo la rinuncia a una manifestazione di protesta contro i magistrati annunciata dal Pdl” e che la “marcia indietro” l’aveva chiesta proprio il Cavaliere.
Con la bocca cucita  resta pure il futuro ex segretario del Pd, Pierluigi Bersani, mentre in tutto il partito parla solo il responsabile giustizia Andrea Orlando che, a precisa domanda de il fattotv, risponde: “Il Pdl manifesta ancora scarso senso delle istituzioni“.
Ora, qui capiamo tutto: la crisi del Paese, le necessità economiche, il bisogno che qualcuno cerchi da Palazzo Chigi di tamponare la situazione. È però mai possibile che nessuno, in un sussulto di dignità istituzionale, non dica chiaro e tondo: “Quello del Pdl è un ricatto e ai ricatti non si cede”? Sì, perché questo e non altro, è ciò che sta accadendo.
C’è un anziano e ricco signore che, per sua stessa ammissione, non vuol fare “la fine di Craxi”. E, sentendosi perduto, chiede una soluzione politica ai suoi processi. Come imputato ha giustamente diritto a essere condannato solo al di là di ogni ragionevole dubbio. Solo che lui sulla cosa ci ragiona da anni. E deve essere giunto alla ragionevole conclusione che di dubbi non ve ne sono. Troppi dibattimenti in corso per sperare che vadano tutti bene. Troppi reati commessi per sperare di farla di nuovo franca.
Così i nominati del suo partito, tra i quali figurano 34 indagati e quattro pregiudicati, si presentano in massa a palazzo di Giustizia non per costituirsi, ma per dare un segnale preciso: questa volta siamo stati buoni e civili. La prossima, chissà.
È uno stile che in Sicilia la gente conosce bene. Arriva uno, entra in negozio e dice gentile: “Bello questo negozio, bello questo bancone, belle queste tende. Bedde, beddissime. Certo che sono tutte infiammabili”.
A volte il commerciante sta zitto e paga. A volte supera la paura, denuncia e vince. Ecco, sarebbe ora che qualcuno nel Pd come al Colle provasse a vincere. Non per loro ovviamente. Ma per noi e per ciò che resta di questo disgraziato Paese.

Tratto da: ilfattoquotidiano.it

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