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caselli-gian-carlo-web4di Gian Carlo Caselli - 18 gennaio 2013
Prospero Gallinari, prima di intraprendere la carriera di brigatista, “culminata” con la spietata esecuzione (forse) del “prigioniero” Aldo Moro, si era reso celebre anche per certe singolari sfide che lanciava, tipo mangiare venti calzoni di fila o stare a torso nudo, sotto un albero, tutta la notte. La sua morte ha ora scatenato sul web una pattuglia di nostalgici irriducibili, pronti ad osannare la lotta armata anche nel nuovo secolo.

Risulta così confermata la patologia che, secondo Barbara Spinelli, affligge molti italiani, spesso vittime di una perdita di memoria che sconfina nell’amnesia e porta a una profonda sottovalutazione del pericolo che si corre occultando il passato per la mancanza continuativa di una coscienza etica. Così prosegue – con effetti devastanti – l’appropriazione indebita dei valori della resistenza partigiana e dell’antifascismo da parte di chi non ha l’intelligenza o l’onestà intellettuale di condannare la violenza organizzata praticata contro una democrazia: un uso arbitrario che ha potentemente contribuito all’indebolimento di quei valori.

DI QUI POSSIAMO partire per una più ampia riflessione su quanto accade oggi nel nostro Paese. Gran parte della società italiana appare oggi impaurita, sconcertata, inquieta. Incerta di fronte al futuro, che teme indirizzato verso derive pericolose. Ed ecco che masse di giovani sempre più frequentemente invadono le strade e le piazze delle città italiane: per esprimere disagio, protestare contro la situazione disastrosa della scuola e del paese in generale, per comunicare forte preoccupazione e timore per il futuro. Tutte ragioni legittime e sacrosante per manifestare, esercitando l’inalienabile diritto costituzionale di riunirsi per far valere pubblicamente e liberamente le proprie idee.

Se proprio non sono la “meglio gioventù”, sono certamente ragazzi che vogliono vivere il presente con radicalità, dove radicalità significa respingere la tentazione di adagiarsi su logiche meramente difensive. Non consolarsi pensando che tanto non ne vale la pena: perché i giochi sono ormai irreversibilmente fatti e le cose – gira e rigira – finiscono sempre allo stesso modo. Sono giovani che pensano al futuro non come a un domani esterno, ma come a un qualcosa che è dentro di noi e ci corre incontro. Un qualcosa che è preparato proprio dalle scelte che facciamo oggi. Giovani quindi che non concedono spazi alla rassegnazione, all’indifferenza, al disimpegno e al riflusso, se non addirittura al trasformismo e all’opportunismo, mali che nel nostro paese sono purtroppo assai diffusi. Giovani che manifestando sono anche capaci di critiche argomentate e intelligenti. Tanto più intelligenti quanto più impermeabili agli idoli della seduzione e capaci di allontanare da sé ciò che appare appunto suggestivo ma di fatto distrae e può portare fuori strada. Rischiano di portare rovinosamente fuori strada invece le suggestioni che erutta il mondo parallelo e cupo in cui si nascondono personaggi ambigui che teorizzano e alimentano la violenza, sempre pronti a mescolarsi alle manifestazioni pacifiche per trasformarle in altro, con progressiva escalation verso forme di guerriglia urbana.

UN MONDO che troppo spesso può contare sull’alleanza della miope e vile sottovalutazione (o compiaciuta indifferenza) di forze politiche e culturali che balbettano qualche frasetta di circostanza, invece di condannare senza speciosi distinguo, ma con determinazione e chiarezza, le esplosioni di violenza che frequentemente si registrano a opera di frange organizzate.

In un paese come il nostro, che ha già vissuto la tragica esperienza di una violenza cominciata per le strade in coda a qualche corteo e poi via via cresciuta fino a pratiche terroristiche, non si può scherzare col fuoco. Se si vuole che il nastro non si riavvolga – col rischio di un nuovo, inesorabile imbarbarimento della vita civile e di una progressiva involuzione del sistema – occorre opporsi ai tentativi di bieca strumentalizzazione della gioventù (sia essa la “meglio” o meno) da parte di chi vorrebbe piegarla a logiche devastanti per la democrazia. Ancora una volta il silenzio e la contiguità su questi temi sono complici.

Tratto da: Il Fatto Quotidiano

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