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travaglio-farnese-c-gianninidi Marco Travaglio - 21 dicembre 2012
Buonasera a tutti. Io credo che il lavoro che è stato fatto in questi anni dai magistrati, magari un po’ anche da noi giornalisti, qui oggi a dare sostegno alla manifestazione; ci sono in particolare due testate: Micromega e Il Fatto Quotidiano. Poi ci sono i colleghi di La7 e i ragazzi di AntimafiaDuemila…

Insomma, il lavoro che è stato fatto in questi anni lo dobbiamo prendere un po’ in autonomia rispetto al processo, perché il processo serve a stabilire se qualcuno ha commesso dei reati, e su chi ci sono delle prove sufficienti per dire che sono stati commessi dei reati. I processi sappiamo quanto durano, e quindi non dobbiamo caricare questo processo di un’attesa eccessiva, come se noi potremo scoprire la verità dalla sentenza.

Quello che chiamiamo la trattativa fra lo Stato e la mafia, lo Stato prima e la mafia dopo: perché lo Stato ha chiesto la trattativa e Cosa Nostra ben volentieri ha accettato. E Cosa Nostra ha avuto dei benefici, mentre lo Stato non risulta avere avuto grandi benefici, anzi, si è messo nelle mani di Cosa Nostra per vent’anni…

Bene, la verità è già nota oggi, prima che cominci il processo. Noi, quasi tutto quello che dobbiamo sapere sulla trattativa, lo sappiamo. Diciamo, ci mancano i pezzi che riguardano la consapevolezza di questa trattativa, da parte dei vertici dello Stato di allora, e poi visto che non c’è grande ricambio della la classe dirigente, penso che possano coincidere tranquillamente coi vertici dello Stato di oggi.

Questo ci manca, nel senso di sapere chi sapeva che cosa? quanti sapevano che cosa? e chi ha ordinato che cosa? 

Ma quello che è successo lo sappiamo benissimo. Si parte dalla sentenza di Cassazione del maxi processo, la mafia non abituata a vedere i suoi capi condannati si vendica dei politici che avevano garantito che i suoi capi non venissero condannati, improvvisamente non era più in grado di assicurare quelle garanzie. La vendetta colpisce innanzitutto i politici più vicini alla mafia o che comunque avevano beneficiato dei voti della mafia. C’è una lunga lista di politici che devono morire ammazzati, dopo il primo che muore ammazzato, e cioè Salvo Lima, la politica si attiva per trovare un accomodamento con Cosa Nostra. E quindi i politici, dopo Lima, si salvano tutti la pelle. E naturalmente chi viene sacrificato sono i magistrati che alle trattative non sono abituati e anzi, sono vissuti come degli ostacoli viventi sulla strada di queste trattative: e quindi Falcone e quindi Borsellino e quindi tutto quello che sappiamo.

I carabinieri del ROS che parlano con Ciancimino, la cattura di Riina o la consegna di Riina da parte di Provenzano. Cosa Nostra che chiede qualcosa e in cambio mette altre bombe nel ’93 facendo altre vittime innocenti se non di più. E finalmente il primo segno tangibile che lo Stato è disposto a piegarsi, con la revoca o il mancato rinnovo di più di trecento provvedimenti di 41bis e cioè di carcere duro per i mafiosi nel novembre del ’93. E poi l’ultimo colpetto che dovrebbe essere in grado di garantire cosa nostra come ai suoi bei tempi. Colpetto che poi, con l’attentato all’Olimpico viene annullato, revocato perchè ciò che si doveva garantire, ottenere è già stato garantito, ottenuto con la discesa in campo di un partito fondato da un indiscutibile vecchio amico di Cosa Nostra e cioè Marcello Dell’Utri. Queste cose, che hanno prodotto vent’anni di leggi a favore della mafia, le sappiamo benissimo, indipendentemente dal processo, indipendentemente dal sapere se Tizio o Caio nel trattare con Cosa Nostra hanno commesso un reato. Credo che, visto che gli scopi dei processi penali sono sempre due: uno è accertare la verità processuale in base alle prove che si hanno e l’altro è quello di punire i colpevoli dei reati sempre che le prove ci sono.

Ecco, gli scopi di questo processo sono ovviamente due. Ma il più importante non è quello di mandare in galera qualche ufficiale dei carabinieri in pensione, o qualche politico più o meno in pensione, o qualche mafioso che ha già dieci,dodici, quindici ergastoli sul groppone e al quale una condanna di dieci, quindi anni farebbe quanto meno il solletico. Lo scopo principale di questo processo è il primo: mettere un timbro in nome della Repubblica italiana e del popolo italiano su una verità che già conosciamo e che prescinde completamente dalla condanna di Tizio o di Caio. Noi conosciamo come si sono svolti i fatti, grazie al lavoro dei magistrati di Palermo, grazie al lavoro dei magistrati di Firenze, grazie al lavoro dei magistrati di Caltanissetta, grazie al lavoro di tanti giornalisti che in questi anni hanno dedicato articoli, libri, interviste, trasmissioni televisive, documentari a questa vicenda. Verità che resterà intatta- lo dico senza alcun paradosso- anche se dovessero essere assolti tutti gli imputati del processo sulla trattativa. Così, ciò che è avvenuto per depistare, per depotenziare, per sviare le indagini della Procura di Palermo nelle più alte stanze del Quirinale, rimane esattamente intatto anche se la Corte Costituzionale, con quella decisione che Salvatore Borsellino ha definito inconsulta, ha dato ragione al Quirinale.

Non lasciamoci demoralizzare, né deviare dai titoli della stampa di regime, che il giorno dopo della sentenza inconsulta della Consulta, l’ha trattata come se la Consulta avesse il potere e la possibilità di dirci che non era successo niente, o che quello che era successo era tutto normale. La sentenza della Consulta dice semplicemente che ha ragione Napolitano nel chiedere la distruzione di quattro , telefonate casualmente intercettate fra lui stesso e il privato cittadino Nicola Mancino, già ministro, già politico, già presidente di uno dei rami del Parlamento, già vice presidente del Csm, attualmente puro e semplice pensionato. Quelle telefonate secondo la Consulta vanno distrutte, secondo i magistrati no, secondo me no. Non c’è scritto da nessuna parte, in nessuna legge, in nessuna norma costituzionale, in nessun codicillo che dovessero essere distrutte – come dimostra il fatto che mai la Procura di Milano aveva pensato di distruggere le telefonate tra Scalfaro e un banchiere di Novara, come la Procura di Firenze e poi di Perugia non avevano pensato di distruggere le telefonate casualmente intercettate tra lo stesso Napolitano con Guido Bertolaso- però, questa è la decisione della Corte Costituzionale. E’ una sentenza, secondo me, assurda, ma non vale neanche la pena di perderci più tempo del dovuto. Perché? Perché quello che ha fatto il Quirinale, resterà scolpito nei libri di storia – per gli storici che lo vorranno scrivere- indipendentemente dalla sentenza della Consulta.

I libri di storia dovranno raccontare ai cittadini del futuro, che alla fine del ‘900, lo Stato trattò con la mafia; vent’anni dopo i magistrati portarono alla sbarra qualcuno di quelli che trattarono con la mafia – mica tutti- quelli su cui avevano le prove. E invece che assisterli, incitarli, applaudirli, incoraggiarli e di complimentarsi con loro, il Capo dello Stato, il Capo di “quello” Stato che vent’anni prima aveva trattato con la mafia, si attivava insieme ai suoi collaboratori per fare in modo che quell’indagine passasse di mano. Faceva in modo che andasse da un’altra parte ed avesse un esito diverso da quello che gli avevano indirizzato i Magistrati titolari dell’indagine stessa. E il suo consulente faceva da consulente occulto al privato cittadino Nicola Mancino, sotto sospetto e poi sotto inchiesta per falsa testimonianza in queste vicende; e gli suggeriva persino di concordare versioni di comodo con Claudio Martelli, cioè con l’altro Ministro che lo aveva smentito facendolo incriminare per falsa testimonianza. Questa vergogna istituzionale resterà indelebile nella storia. E chi volesse sapere che cosa è successo fra il Quirinale e il Senatore Nicola Mancino per aggiustare un’indagine che dava fastidio alla più alta carica dello Stato e non solo a quella, non ha che da leggere non le quattro telefonate che noi non conosciamo e purtroppo non conosceremo mai, ma le otto telefonate fra Mancino e il consigliere giuridico del Capo dello Stato che invece conosciamo, sono depositate, le abbiamo pubblicate, sono sul sito – integrali- dalle quali si capisce perfettamente quali erano gli ordini che Napolitano aveva impartito al proprio consigliere affinchè tempestasse, mobbizzasse addirittura il Procuratore Nazionale Antimafia, i Procuratori della Cassazione e tutti i mobilitabili in quel momento, per fare in modo che quell’indagine non si facesse nel modo in cui la stavano facendo in quel momento i Magistrati di Palermo.

Ecco, io credo che noi abbiamo questo privilegio che vent’anni fa non avevamo. E a questo dobbiamo rendere grazie alla Magistratura, a quei Magistrati che abbiamo già citato, mica a tutti. Perché anche all’interno della Magistratura ci sono un sacco di vigliacchi e un sacco di Giuda che hanno remato contro il lavoro dei loro colleghi e si sono dimenticati di difenderli quando venivano aggrediti dall’intera classe politica, salvo rare eccezioni. Dobbiamo rendere grazie a quei Magistrati e ad alcuni organi d’informazione che hanno tenuto viva l’attenzione. Perché noi, oggi, abbiamo il privilegio di sapere delle cose che vent’anni fa magari qualcuno intuiva ma nessuno sapeva. E quindi, che sta nei palazzi e continua a lavorare sottobanco, e lo farà ancora di più nei prossimi mesi visto che si è stabilito che è intoccabile, inascoltabile, in intercettabile, in giudicabile, incriticabile, ingiudicabile come il Re Sole, però adesso dovrà sapere che c’è un po’ di gente che sa.

Ecco, noi abbiamo la possibilità di dire a questi signori. “Guarda, tu fai quello che vuoi, tanto noi sappiamo cosa stai facendo.” Ma anche noi sappiamo come sono andate le cose, e quindi, nessuno ci potrà dire: “Non è successo niente”. Nessuno ci potrà dire: “Nessuno ha fatto niente.” Nessuno potrà venirci a dire il 23 maggio e il 19 luglio di ogni anno che vuole tutta la verità. Perché? Perché non è vero. Perché chi ha lavorato contro la verità ,non può più dire: “Voglio tutta la verità”. “Voglio tutta la verità” lo possiamo solo dire noi che sappiamo.

Grazie.

Trascrizione a cura di Giulia Marchina

Foto © Castolo Giannini

Tratto da: 19luglio1992.com

NOI SAPPIAMO - Intervento di Marco Travaglio from Guido & Patricia di Gennaro on Vimeo.

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