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ingroia-antonio-web7di Liana Milella - 11 settembre 2012
Il pm parla dopo le polemiche con il presidente dell'Anm Sabelli: "Quando ho detto che per avere la verità sulla mafia ci vuole una nuova classe dirigente mi riferivo alla politica dall'Unità a oggi. Sono vent'anni che partecipo a tavole rotonde del genere, come lo stesso Caselli. Un buon magistrato resta imparziale anche se va un dibattito.

Roma. Non colpevole. Tutt'altro. Antonio Ingroia rifarebbe quello che ha fatto domenica sera e a Repubblica spiega perché.

Dice Sabelli: "Chi fa indagini delicate non deve offuscare la sua imparzialità". Perché è andato alla festa del Fatto?
"Rivendico il mio diritto a partecipare ai dibattiti, chiunque sia ad organizzarli, nei quali si discute di temi che non hanno a che fare con la mia attività di magistrato. In questo caso si trattava di un confronto sulla mafia e sullo stragismo in Italia. Saranno vent'anni che partecipo a tavole rotonde del genere, come lo stesso Caselli che era con me, e non vedo che cosa ci sia di strano. Se c'è un anomalia sono alcune reazioni critiche, queste sì polemiche, che rivelano un arretramento politico culturale su un tema cruciale come quello della manifestazione del pensiero anche da parte di un magistrato".

Ma può una toga, senza diventare di parte, dire che "per avere tutta la verità serve un'altra classe dirigente"?
"Si tratta di una frase che, estrapolata dal contesto, non fa capire di cosa stessi parlando. Io spiegavo il fallimento della politica antimafia dello Stato italiano dall'Unità ai giorni nostri. Una politica che è stata prevalentemente di contenimento del fenomeno, e non di annientamento, perché ispirata a una sorta di spirito di convivenza con la mafia, che ha caratterizzato storicamente parti consistenti della classe dirigente del nostro Paese, politica, imprenditoriale e professionale. Non parlavo della politica di oggi, ma della storia della nostra classe dirigente che ha la responsabilità di aver mantenuto in vita il fenomeno mafioso per più di un secolo. Per questo dicevo: se si vuole cambiare la politica antimafia, bisogna cambiare il modo di essere della classe dirigente del nostro Paese".

Non è un invito a un voto diverso?
"È un invito a essere cittadini partecipi e consapevoli. Ed è di queste persone che la mafia ha paura".

Un pm parla così in pubblico e resta imparziale?
"Ovviamente se è un buon magistrato sì. Se la sua imparzialità viene minata, è un cattivo magistrato, indipendentemente dal luogo in cui manifesta il suo pensiero. E non vorrei tornare a ricordare le tante occasioni in cui Borsellino espresse il proprio sulla mafia e sui rapporti tra mafia e politica in pubblici dibattiti, talvolta anche organizzati da partiti politici".

Dalla platea domenica sono arrivati dei "vergogna vergogna" per il Quirinale. Per Sabelli lei sarebbe dovuto andar via.
"Premesso che non ho neppure sentito queste parole, ma è impensabile che le eventuali ed isolate intemperanze di una o due persone in mezzo a migliaia di ascoltatori possa turbare il normale svolgimento di un dibattito".

Non significa cercare il consenso popolare farsi consegnare le firme della gente a sostegno di una propria inchiesta?
"Cosa avremmo dovuto fare? Forse rifiutare la manifestazione di sostegno di quella italiana che si è fatta interprete di un sentimento diffuso tra la gente?".

Ritiene opportuno partecipare a una tavola rotonda in cui è presumibile che ci possa essere una contestazione anche forte nei confronti del capo dello Stato?
"Ribadisco un punto di vista detto tante volte. Non importa dove si dicono le cose, ma è importante quello che si dice. Ho querelato più volte Libero per articoli pubblicati con attacchi fortissimi contro di me. Poi loro mi hanno chiesto un'intervista e l'ho rilasciata. Questa sorta di integralismo per cui si va o si parla solo con una testata, o si va alla festa di un partito e non di un altro è assurdo. Ero appena stato a Padova alla festa del Pd, dove ho detto grosso modo le stesse cose che ho detto domenica e nessuno mi ha criticato".

Nelle ultime settimane lei aveva parlato con rispetto del Quirinale. E ora?
"Ho ricordato che un conto sono gli uomini dello Stato, un conto i giornalisti e i politici. Io, da uomo delle istituzioni, ho ribadito il massimo rispetto che avevo e che ho nei confronti della prima carica dello Stato come istituzione e nei confronti di Napolitano per quello che rappresenta e ha rappresentato in questi anni come punto di tenuta istituzionale contro certi assalti alla Costituzione e allo stato di diritto. Questo stesso atteggiamento ho tenuto nel mio intervento di domenica".

Quindi Napolitano non avrebbe di che risentirsi?
"Nei miei confronti e nei confronti della procura di Palermo direi proprio di no. Dopodiché, ovviamente, com'è normale in un dibattito in cui ognuno parla per sé, ciascuno risponde delle proprie dichiarazioni e non di quelle altrui".

Nessun ripensamento sull'essere andato lì domenica?
"Ovviamente no".

Tratto da: La Repubblica

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