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caselli-gian-carlo-webdi Gian Carlo Caselli - 15 gennaio 2012
In Italia la Camera, per “salvare” dall’arresto un suo componente, prende a sberle la magistratura farfugliando di “fumus persecutionis” e altre amenità pur di rendere meno indigeste strategie e alleanze che riducono la politica a mortificante baratto. Nello stesso tempo, a Londra, lord Phillips di Worth Matraves, presidente della Suprema Corte, ha stabilito che nella sua aula chiunque sarà libero di abbandonare gli antichi paramenti. Basta quindi con parrucche e forse anche con toghe e bavaglini di pizzo. La modernità contro una tradizione che risale al Seicento. Con la motivazione (così Andrea Malaguti su La Stampa) che “il processo va reso accessibile a chiunque”; – deve essere “un confronto tra uomini, non tra raffinati aristocratici scelti per rappresentare una plebaglia muta”.

Non portano parrucche i deputati italiani che a maggioranza hanno “salvato” l’onorevole Cosentino e prima ancora avevano disinvoltamente approvato, tra l’altro, leggi “ad personam” finalizzate a sottrarre il processo al giudice naturale (legge Cirami), oppure ad allontanare indefinitamente nel tempo la celebrazione di un dibattimento (lodo Schifani). Ecco allora che anche senza una parrucca in testa si può essere “parrucconi”, cioè personaggi arroccati intorno ai propri privilegi, incapaci di corrispondere adeguatamente alla pretesa di equità e giustizia che i cittadini esprimono appellandosi al principio di legalità, della legge eguale per tutti. Finendo così per considerare i cittadini, invece che sovrani (la sovranità appartiene al popolo), appunto una “plebaglia muta”: da liquidare con stanchi ritornelli sui teoremi dei magistrati, sul loro accanimento persecutorio contro il politico di turno e via salmodiando all’infinito. Una politica, questa, che sembra amare il masochismo, perché non fa che gonfiare il discredito e la sfiducia che già dilagano nei suoi confronti. Si potrebbe persino essere tentati di chiedere ai parlamentari italiani di indossare proprio le bianche parrucche (rigorosamente di crine di cavallo) che in Inghilterra si vogliono abolire: per coerenza, vista l’atmosfera un po’ irreale e molto, molto vecchia (precostituzionale?) in cui certe decisioni della maggioranza della Camera vanno a incastonarsi. E chissà mai che le parrucche – per assurdo – non contribuiscano al recupero di alcuni valori. Perché oggi è certamente roba da medioevo, ma storicamente quest’abbigliamento – a volte proprio con la sua ridondanza – ha avuto una funzione precisa: ricordare e riaffermare il noto paradosso del costituzionalista inglese, secondo cui l’esercito e la flotta dell’Inghilterra hanno una sola funzione, rendere possibile che il giudice emani le sue sentenze. Perché la legalità è il cemento della convivenza civile, è il freno a egoismi e onnipotenze, è il prevalere delle regole condivise. E con una parrucca in testa, forse, diventerebbe più difficile indulgere all’idea – terribilmente italiana – di una giustizia “à la carte” valida per gli altri ma mai per sé.

Tratto da:Il Fatto Quotidiano

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