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giudizio universaledi Francesco Antonio Grana
Tra malumori e tradimenti, come è fallita la rivoluzione promessa da Papa Francesco

Il Vaticano è a rischio default. Se entro il 2023 i conti non saranno risanati la Santa Sede potrebbe essere travolta da un crac finanziario. È quanto emerge dai documenti pubblicati nel nuovo libro di Gianluigi Nuzzi, Giudizio universale, edito da Chiarelettere. Un volume che, proprio come i precedenti scritti dal giornalista sul Vaticano, svela retroscena inediti e a dir poco inquietanti della vita dei sacri palazzi. Un testo che arriva mentre il Papa è alle prese con il Sinodo speciale dei vescovi sull’Amazzonia che il 26 ottobre 2019 sarà chiamato a decidere se dare il via libera ai cosiddetti “viri probati”. Ovvero uomini sposati che vengono ordinati preti senza lasciare la loro famiglia. Ma anche dall’indagine immobiliare che ha travolto la Segreteria di Stato e ha già costretto alle dimissioni l’ormai ex comandante della Gendarmeria Vaticana, Domenico Giani.
"La situazione - spiega Nuzzi - è sicuramente peggiorata rispetto a quando il predecessore di Francesco, Benedetto XVI, ha deciso di fare un passo indietro. Tutti i parametri sono precipitati, per esempio all’Apsa (Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica, ndr) i parametri dei risultati operativi presentano crolli anche oltre il 60 per cento. Però io credo che il Santo Padre sia determinato a invertire la china rispetto a quella che non è una ferita ma una emorragia. Come? Gli strumenti che ha sono insufficienti. Secondo me siamo di fronte a un collasso del management della Curia, gli strumenti sono vetusti, lo dicono i documenti, ancora si utilizzano trascrizioni manuali dei numeri in epoca di intelligenza artificiale, c’è una parcellizzazione delle competenze e c’è inadeguatezza della classe dirigente, questo lo dicono loro stessi”.
Secondo il giornalista “c’è anche una situazione economica negativa perché le offerte sono precipitate ed è evidente dalle carte l’inefficienza della gestione del patrimonio immobiliare. All’Apsa, ad esempio, il 40 per cento non dà reddito, un dato che sarebbe insopportabile per qualunque tipo di finanza. Quella annunciata rivoluzione della gestione delle case non si è realizzata”. Per Nuzzi “la situazione è tale per cui di recente, nel 2018, si era deciso di vendere gioielli di famiglia, vendere ad esempio alle porte di Roma, la proprietà di Santa Maria di Galeria, 424 ettari, e il Papa ha detto che c’era un problema reputazionale, ha detto, sono contrario a un utilizzo speculativo del territorio finalizzato alla mera massimizzazione dei profitti. Qui rientra la dottrina della Chiesa, il rischio, la paura di un danno reputazionale ha portato a congelare quella operazione”.
Nel volume non c’è solo economia. Nuzzi riesce a dare al lettore una fotografia del clima torbido che si respira in Vaticano. L’insoddisfazione per le politiche di Bergoglio, non solo in campo finanziario, hanno creato negli ultimi anni del pontificato numerosi malumori e tradimenti da parte dei più stretti collaboratori del Papa. In questo senso è abbastanza significativa la ricostruzione che il giornalista fa, sempre documenti alla mano, della vicenda della lettera taroccata di Benedetto XVI. Vicenda che ha portato alle dimissioni del primo prefetto del Dicastero per la comunicazione, monsignor Dario Edoardo Viganò, sostituito da Paolo Ruffini, primo laico al vertice di un organismo della Curia romana.
“Caro Dario hai fatto purtroppo un pasticcio molto grande. Mi dispiace. GG”, scrive a Viganò monsignor Georg Gänswein, prefetto della Casa Pontificia e segretario particolare di Benedetto XVI. Puntuale la replica: “Ma come? Ho letto il pezzo su cui avevamo preso accordi agli esercizi. Questo dimostra anzi come questa gente non voglia bene a Benedetto e lo usino come bandiera. Mi dispiace che tu pensi così. Abbiamo fatto bene i passi insieme e condiviso cosa fare. Perché mi dici questo? Comunque ora sono verso aeroporto ma domani torno e se credi ci sentiamo. D”. Al che Gänswein risponde: “Ne parleremo. La ‘manipolazione’ della foto della lettera ha creato guai. Questo non abbiamo concordato. Buon viaggio, a domani. GG”. Al Papa e alla Segreteria di Stato monsignor Viganò scrive di aver letto la lettera di Benedetto XVI“nella modalità concordata” con monsignor Gänswein e aggiunge: “È evidente che se Sua Eccellenza fosse intervenuto per spiegare che non era stata compiuta nessuna mistificazione avrebbe chiuso il caso”.
Nuzzi, attraverso il suo legale, ha voluto depositare al promotore di giustizia della Santa Sede la prima copia di Giudizio universale affinché valuti se i fatti raccontati nel libro hanno rilievi penali. Nel 2015 il giornalista fu processato in Vaticano, insieme al collega Emiliano Fittipaldi, proprio perché entrambi avevano pubblicato due volumi con alcuni documenti riservati della Santa Sede. Dopo nove mesi di processo, entrambi furono prosciolti per difetto di giurisdizione. Alla vigilia della prima presentazione di Giudizio universale c’è stato anche chi Oltretevere ha sollevato un vero e proprio “caso diplomatico”. Tra i relatori, infatti, era previsto il ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio. Una presenza non gradita nei sacri palazzi che, secondo alcune persone vicine a Casa Santa Marta, la residenza di Bergoglio, avrebbe addirittura potuto minare le relazioni tra l’Italia e la Santa Sede. Lo staff di Di Maio ha fatto sapere che il capo della Farnesina sarà assente perché impegnato nel Consiglio dei ministri. Con buona pace del Vaticano.
(21 Ottobre 2019)

Tratto da: ilfattoquotidiano.it