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Nelle carte depositate ieri al processo, la verità dal punto di vista del mediatore
di Lorenzo Baldo e Anna Petrozzi - 29 settembre 2010
Non ci sta Massimo Ciancimino. E annuncia di aver dato mandato al suo legale Francesca Russo di querelare il generale Mori che ieri, senza tanti giri di parole, gli ha dato del truffatore e del manipolatore. Durante l’udienza del processo che lo vede imputato per favoreggiamento a Cosa Nostra...

...l’alto ufficiale ha cercato di provare, con l’ausilio di un power point, come, a suo avviso, Massimo Ciancimino avrebbe alterato  con una sapiente operazione di copia e incolla le lettere indirizzate a Berlusconi e Dell’Utri e depositate al fascicolo del processo.
La dimostrazione grafica e copie delle dichiarazioni spontanee del generale sono state distribuite alla stampa, pubblicate sui maggiori siti di informazione e mostrate nei servizi di svariati Tg. Come probabilmente era nelle intenzioni di Mori e dei suoi avvocati la suggestiva ricostruzione, che il pm Di Matteo, per nulla scomposto, ha definito “esperimenti”, per ora di nessuna rilevanza probatoria, anche perché non sono stati applicati agli originali, ha oscurato completamente i molti elementi importanti emersi dal dibattimento.
Innanzitutto, come abbiamo scritto ieri, la conferma di Liliana Ferraro che Paolo Borsellino era a conoscenza (cosa che si è sempre voluta negare) dei contatti tra il Ros e Ciancimino, quindi databili a giugno, come ha sempre sostenuto il figlio Massimo. E poi i documenti depositati dal pm con la richiesta di sentire di nuovo il testimone per ottenere le dovute spiegazioni.
Si tratta di due lettere (che qui vi proponiamo sia in forma originale che letteralmente ribattute, refusi compresi) dattiloscritte da don Vito con qualche aggiunta autografa in testa, in coda e lateralmente, in alcuni punti poco leggibile. Una di due cartelle circa è intitolata “Appunti per incontro. A futura memoria” e l’altra è indirizzata a Fazio, ma non è quella di cui si è parlato recentemente inerente agli investimenti al nord.
Sono due missive che, se ritenute valide dai periti che certamente le esamineranno, confermano in pieno quanto raccontato da Massimo circa la trattativa e gli accordi che hanno portato alla cattura di Riina. Come più volte spiegato dal figlio don Vito era convinto che le stragi e tangentopoli rientrassero in un unico progetto orchestrato da un “grande architetto” con il fine di “sfasciare” un sistema di potere di cui egli stesso era parte. (“Un effetto domino si è abbattuto su un rodato intreccio politico affaristico mafioso”) Per poi ricostruirne un altro: “Il Capolavoro Finale”.
Ciancimino spiega il ruolo centrale avuto in questo piano nello “scellerato tentativo di soluzione avanzato con il mio contributo dal Colonnello dei Ros Mori per bloccare questo attacco terroristico ad opera della mafia ennesimo strumento nelle manni del regime”. Tentativo che si sarebbe arenato con l’omicidio del giudice Borsellino “sicuramente in disaccordo con il piano folle”.
“Solo allora – continua  - (ci) si è decisi finalmente, costretti dai fatti, di accettare l’unica soluzione possibile”. Don Vito non esplicita per iscritto quale sia, ma più volte il figlio ha spiegato che era stato il padre a proporre sia a Provenzano che a Mori di accordarsi per la cattura di Riina quale unico modo per fermare “questa ondata di sangue”.
Concetti che riprende anche in quella sorta di promemoria in cui più chiaramente ripercorre i passaggi della trattativa supponendo che sia Falcone che Borsellino avevano compreso che il progetto che si stava dispiegando a partire dall’omicidio Lima era parte di uno scenario più ampio e inquietante.
Don Vito si chiede come mai Di Pietro era stato avvisato, e in sostanza lasciato vivo, e intravvede in questo un disegno: a chi serve che vada avanti?
E poi ancora: “Lima Falcone Borsellino Salvo, ancora la lista è lunga so che non interveniamo come ho suggerito non si fermeranno”.
E subito di seguito: “Mori mi dice di essere stato autorizzato ad andare avanti per la mia strada”. Quella della consegna del capo dei capi.

Ovviamente si tratta della verità di Don Vito e considerati i trascorsi del personaggio andrà trattata con le pinze ma intanto un riscontro netto c’è ed è venuto da Violante che nella sua tardiva versione ha detto esattamente quanto scritto dal politico democristiano: “Ho chiesto di poter incontrare in Privato Violante”.

Insomma per quanto complicato il lascito di Vito Ciancimino, la sponda politica dei corleonesi, non si può pensare di poterla liquidare con gli “effetti speciali”. Ci sarà ancora da pazientare che i magistrati e i loro consulenti completino le perizie e chissà magari spunti qualche altro smemorato a chiarirci come sono andati veramente quei fatti del ’92. Qualche nome è indicato anche da Don Vito… Di certo c’è che finora gli sprazzi di verità ci vengono solo dal ventre molle di Cosa Nostra, e non da quello ancor più ambiguo delle Istituzioni.