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di AMDuemila
Depositate le motivazioni della sentenza sulla morte del geometra romano: “Senza evento traumatico non sarebbe morto”
La sorella: “La sentenza dice la verità come l’abbiamo sostenuta per anni”

Quella dei due imputati è stata "una azione violenta perpetrata nel corso dello svolgimento del servizio d'istituto, quindi, per un verso facendo un uso distorto dei poteri di coercizione inerenti il loro servizio, per altro aspetto violando il dovere di tutelare l'incolumità fisica della persona, decisamente minuta e di complessione fisica molto meno prestante rispetto ai due militari, sottoposta al loro controllo". Non hanno usato mezzi termini i giudici della Corte d’Assise di Roma nelle motivazioni della sentenza sulla morte del geometra romano Stefano Cucchi. Nel processo sono stati condannati a 12 anni per omicidio preterintenzionale i carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D'Alessandro mentre il maresciallo Roberto Mandolini è stato condannato a 3 anni e 8 mesi per falso così come il vicebrigadiere e super testimone Francesco Tedesco condannato a 2 anni e mezzo. "E' indiscutibile che la reazione tenuta da Raffaele D'Alessandro e Alessio Di Bernardo sia stata illecita e ingiustificabile”, hanno sentenziato i giudici nonostante “è risultato pacifico" che Stefano Cucchi, la sera del suo arresto, "avesse non solo e non tanto rifiutato di sottoporsi al fotosegnalamento ma avesse anche insultato i militari che stavano legittimamente svolgendo il loro servizio, tenendo una condotta quantomeno oltraggiosa nei loro confronti".

Le cause della morte
Nelle 130 pagine di motivazioni di sentenza la Corte d’Assise di Roma si è soffermata ampiamente nella spiegazione della causa del decesso del giovane. "E' assolutamente fondata e condivisibile - sostengono i giudici - la prospettazione medico-legale che ha ricondotto il meccanismo causale della morte di Stefano Cucchi a una concatenazione polifattoriale in cui essenziale, se non unico, è risultato un riflesso vagale connesso alla vescica neurogenica originata dalla lesione in S4 tale da determinare un'aritmia letale". Mentre va ritenuta infondata “la tesi della morte per Sudep (morte improvvisa per epilessia da pazienti in buono stato di salute ndr), mera ipotesi non suffragata, anzi smentita, da alcuna evidenza clinica”, si apprende. La vittima inoltre, viene fatto presente, “vivendo sino alla sera del 15 ottobre del 2009, in una condizione di sostanziale benessere, se non avesse subito un evento traumatico, nella sala adibita a fotosegnalamento nella caserma Casilina, non avrebbe sofferto di molteplici e gravi lesioni, con l'instaurarsi di accertate patologie che hanno portato al suo ricovero e da lì a quel progressivo aggravarsi delle sue condizioni che lo hanno condotto alla morte". "L'istruttoria dibattimentale - continuano nella loro spiegazione i giudici - ha consentito di raggiungere delle indubitabili certezze: a seguito dell'arresto di Stefano Cucchi e in particolare in sede di permanenza nella sala adibita a fotosegnalamento presso la compagnia Casilina si è verificato un evento traumatico ai suoi danni; a seguito e in ragione di detto evento egli ha subito varie lesioni tali da necessitare con urgenza il ricovero in ambiente ospedaliero". "Una catena causale - si legge - che parte, dunque, da un'azione palesemente dolosa illecita che ha costituito la causa prima di un'evoluzione patologica alla fine letale". I giudici osservano poi che si tratta di "uno schema che, così, corrisponde perfettamente alla previsione normativa in tema di nesso di casualità tra condotta illecita ed evento e che, d'altra parte, rende chiara la differenza tra la mera causalità biologica, secondo la quale nessuna delle singole lesioni subite da Cucchi sarebbe stata idonea a cagionare la morte, e la causalità giuridico penale, nel rispetto della quale il nesso di causalità sussiste se quelle lesioni, conseguenza di condotta delittuosa, siano state tali da innescare una serie di eventi terminati con la morte, così come si è verificato nel caso in esame".

Anomalie
I giudici hanno anche registrato anomalie sul caso Cucchi, alcune di queste verificatesi sin dal momento del suo arresto la sera del 15 ottobre 2009. "Il verbale di arresto di Stefano Cucchi appare già, ad una prima lettura, un concentrato di anomalie, errori ed inesattezze. Il soggetto sottoposto alla misura precautelare viene indicato nell'incipit con luogo e data di nascita a lui non pertinenti". E ancora “questa sagra degli errori rafforza - scrivono - la sensazione che l'attestazione dell'identificazione di Cucchi sia stata una (macroscopica, madornale) svista. L'omissione dei nomi di Di Bernardo e D'Alessandro tra gli autori dell'arresto è stata casuale? La corte ritiene di dovere dare risposta negativa alla domanda. L'assenza dei due è funzionale alla cancellazione di qualsiasi traccia della drammatica vicenda avvenuta all'interno della caserma".

Il supertestimone
Altro aspetto affrontato dai giudici riguarda la testimonianza chiave del vicebrigadiere Francesco Tedesco, anche lui imputato e condannato per falso ma assolto dall'accusa di omicidio preterintenzionale per aver svelato il pestaggio del geometra romano e accusato i colleghi Alessio Di Bernardo e Raffaele D'Alessandro. "La narrazione del militare dell'Arma ha consentito di acquisire una molteplicità di univoci riscontri alla ricostruzione dei fatti e per altro aspetto, questi ha offerto una spiegazione del suo pregresso silenzio assolutamente comprensibile e ragionevole alla stregua proprio delle emergenze processuali inerenti sia la formazione del falso ideologico, sia quella serie di condotte attribuite alla catena di comando dell'Arma che saranno oggetto di accertamento giudiziale in un altro dibattimento ma che nel corso dell'istruttoria svoltasi dinnanzi a questa Corte hanno evidenziato quantomeno elementi di scarsa trasparenza e collaborazione per l'accertamento della verità fattuale relativa alla vicenda in esame". I giudici ricordano che Tedesco - assistito al processo dagli avvocati Francesco Petrelli ed Eugenio Pini - è intervenuto non soltanto per fare "cessare l'azione violenta" ma "ha spiegato in modo comprensibile e ragionevole il suo pregresso silenzio, sottolineando il 'muro' che aveva avuto la certezza gli si fosse parato dinnanzi costituito dalle iniziative dei suoi superiori, dirette a non far emergere l'azione perpetrata ai danni di Cucchi, e a non perseguire la volontà di verificare che cosa fosse realmente accaduto".

Le parole di Ilaria
In un post su Facebook la sorella di Stefano, Ilaria Cucchi, ha commentato la motivazione della sentenza con parole ricche di emozione. "Leggo le 130 pagine delle motivazioni della sentenza per la morte di Stefano e ogni tanto devo smuovermi per capire che non sto sognando. - ha scritto - Anni ed anni trascorsi nelle aule di tribunale a sentir dire da dei gran professoroni che mio fratello era morto di suo o comunque di qualcosa di bizzarro. Anni ed anni - ha continuato - a combattere contro l'ipocrisia e l'arroganza del potere. Non ero sola per fortuna, perché da sola non avrei potuto fare nulla. Ma proprio nulla". "In tutti questi anni ho visto delle persone lottare per un'idea. Ed il mio ringraziamento oggi va a loro. Quelle persone sono Fabio, il mio avvocato, ed i miei consulenti medico legali. Avevano ragione loro. Su tutto! E sarò loro per sempre grata per non essersi arresi”. “E’ esattamente tutta la verità - ha concluso - così come l'abbiamo sostenuta e urlata invano per tanti anni. Parole semplici per una verità semplice che qualcuno ha voluto complicare e qualcun altro non vedere".

Foto © Imagoeconomica

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