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odevaine lucadi Emiliano Federico Caruso
Ci sono voluti 6 mesi e 68 udienze per arrivare alla prima richiesta di patteggiamento nel processo di Mafia Capitale. A chiederlo, tramite il suo avvocato Luca Petrucci, è stato Luca Odevaine (in foto), ex braccio destro (vice capo di gabinetto, ad essere più precisi) di Veltroni ai tempi del suo mandato da sindaco di Roma. La richiesta di patteggiamento avanzata nel corso dell’udienza di ieri, durata quasi sette ore e dedicata soprattutto a un ripasso generale delle varie intercettazioni, riguarda tre anni di reclusione e circa 400 mila euro di multa e verrà depositata ufficialmente lunedì prossimo.

Già membro del Tavolo di coordinamento nazionale sull’immigrazione ed ex capo della Polizia provinciale, Odevaine è tra i maggiori nomi coinvolti nell’inchiesta che ha svelato il “Mondo di mezzo”, quello che, a dirla con Buzzi e Carminati, comprendeva “i vivi di sopra e i morti di sotto” mentre loro, il Rosso e il Nero, se ne stavano nel mezzo e gestivano un enorme giro criminale di tangenti, appalti truccati e cooperative.

È il 12 dicembre del 2012 quando esce un articolo su “L’Espresso” a firma di Lirio Abbate, un’inchiesta documentata e approfondita che individua in Massimo Carminati, Giuseppe “Floro” Fasciani (e il fratello Carmine), Michele Senese e nel clan dei Casamonica i pilastri di un giro criminale ben organizzato e ormai radicato nell’intera Capitale. L’articolo, intitolato “I quattro re di Roma”, ha l’effetto di smuovere i primi sospetti nei confronti dell’organizzazione mafiosa.

A dicembre del 2014, in seguito all’inchiesta chiamata “Mondo di mezzo”, viene definitivamente scoperta una vera e propria Cupola mafiosa operante a Roma, con al vertice Massimo “er Cecato” Carminati, ex Nar (Nuclei armati rivoluzionari) ed ex Banda della Magliana. Già dalle prime indagini vengono fuori circa cento nomi collegati, chi più chi meno, all’immensa torta di Mafia Capitale: dall’ex amministratore delegato di Ama, Franco Panzironi, a Riccardo Brugia, braccio destro dello stesso Carminati, fino a Salvatore Buzzi, il secondo pilastro, insieme al “Cecato”, dell’organizzazione criminale: la sua 29 giugno, che di facciata si occupava del reinserimento sociale e lavorativo di detenuti, tossicodipendenti, immigrati e disabili, in realtà si mangiava gran parte dei finanziamenti destinati alla gestione dell’immigrazione. 101 nomi in tutto, per l’esattezza, tra i quali troviamo anche quello di Luca Odevaine, arrestato il 2 dicembre del 2014.

Come membro del Tavolo di coordinamento nazionale sull’immigrazione, Odevaine è la colonna sulla quale si regge l’intero sistema di gestione degli appalti sull’emergenza dell’immigrazione che, come abbiamo accennato, costituisce una delle maggiori entrate illecite per l’organizzazione di Buzzi e Carminati. È lui, infatti, a gestire la massa di richiedenti asilo in Italia e la rete dei relativi finanziamenti. Una gestione talmente ben organizzata da garantire a Odevaine (tramite la sua società Abitus), a detta della Procura, un’entrata di circa 260 mila euro tra il 2012 e il 2014 dalla sola Domus Caritatis, un’altra delle cooperative legate alla coppia Buzzi-Carminati. Soldi, quelli intascati da Odevaine, regolarmente registrati: a giugno del 2015, durante una perquisizione, i carabinieri del Ros trovano persino le ricevute dei bonifici bancari. Passano pochi mesi e Odevaine comincia a collaborare nell’agosto del 2015, rivelando un intero sistema di appalti da centinaia di milioni di euro, in particolare relativi al Cara (Centro accoglienza richiedenti asilo) di Mineo, gestito direttamente da “La Cascina”, commissariata per infiltrazione mafiosa un mese prima e coinvolta nell’intricata rete di cooperative.

Nel corso dell’udienza di ieri il maggiore Paolo Guida, dei Ros (il Raggruppamento operativo speciale dei carabinieri), ha ricostruito il ruolo di Odevaine nell’intero sistema del Mondo di mezzo, sottolineando anche come la sua nomina al Tavolo di coordinamento sull’immigrazione venne incentivata da Giuseppe Castiglione, tra le altre cose già consigliere comunale della Dc a cavallo tra gli anni ’80 e ’90 e attualmente sottosegretario all’agricoltura. La richiesta di patteggiamento di Odevaine, quindi, suona come un’ammissione di colpevolezza. Abbastanza prevedibile, dal momento che davanti a una simile mole di prove in mano alla Procura, tra intercettazioni, video e ricevute di pagamento, all’ex braccio destro di Veltroni erano ormai rimaste ben poche difese.

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