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Il cugino del giudice: "È un segnale”
di AMDuemila
La notizia è stata diffusa ieri dall'agenzia Agi: Giuseppe Montanti, uno dei mandanti dell'omicidio di Rosario Livatino (in foto), esponente della Stidda condannato all’ergastolo, ha ottenuto dal giudice di sorveglianza di Padova un permesso premio di nove ore per incontrare la famiglia. Secondo quanto riportato dall'agenzia avrebbe ricevuto telefonate e incontrato familiari e amici, per poi far rientro in carcere.
Ciò è avvenuto a quasi 30 anni (il prossimo 21 settembre) dall’omicidio del giudice. Da quel che si apprende determinante per la concessione è stata la recente sentenza della Consulta in cui si ritiene “non necessaria" la confessione del reato per ottenere il permesso-premio.
Inutile, a quel punto, la nota del Dap, datata 30 aprile 2019, in cui si ribadiva che Montanti “non ha mai collaborato”. Inutile il parere della Questura di Agrigento, prodotta su richiesta del magistrato di Sorveglianza, con cui il 27 gennaio scorso ha sostenuto come la Stidda sia “tuttora operante nel territorio di Agrigento”.
Montanti, che venne arrestato dopo la condanna del 1999 e a seguito di un periodo di latitanza ad Acapulco, in Messico, è indicato come un esperto di esplosivi, a capo della Stidda agrigentina negli anni '80. "Acconsentì" a uccidere Livatino e mise a disposizione del killer Domenico Pace una casa.
Il giornalista Enzo Gallo, componente dell'associazione "Amici di Livatino" e cugino del giudice ucciso dalla Mafia, a proposito della concessione ha commentato: "La concessione del permesso premio è un suo diritto e, quindi, non c'è nulla da obiettare. In ogni caso, senza voler polemizzare, bisogna avviare una riflessione perché c'è un problema pure di coscienza". E poi ancora: "Montanti dopo 20 anni passati in carcere con un comportamento pare esemplare può godere di questo premio. Lo prevede la legge e quindi è un suo diritto. Per dirla come la vittima, cioè il dottor Rosario Livatino: 'dura lex, sed lex'. Però è forse un segnale che di questa concessione di beneficio si stia avendo notizia solo oggi, a meno di una settimana dal trentennale del vile e barbaro omicidio mafioso”.
Anche il Procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio ha voluto commentare la decisione del Tribunale di Sorveglianza: "A parte la tragica beffarda coincidenza del permesso premio ad uno degli assassini del Giudice Livatino di cui il 21 settembre ricorre il trentennale della barbara uccisione, l'ordinanza dei giudici di sorveglianza di Padova, in linea con le decisioni della Corte CEDU e della Corte Costituzionale, pone una serie di problemi che sono al tempo stesso giuridici e morali: primo fra tutti quello della funzione rieducativa della pena non disgiunta da quella della meritevolezza dei benefici carcerari con la sola buona condotta non accompagnata da una collaborazione attiva con l'Autorità Giudiziaria".
"Semplificando: questo nostro Paese è pronto a perdonare sulla base della semplice dissociazione, ovvero deve pretendere, forse anche con una certa violenza morale, la collaborazione piena ai limiti della necessaria delazione? - ha proseguito Patronaggio - La risposta sta forse nel verificare in concreto se siamo realmente usciti da una emergenza mafiosa e se siamo in grado di rimarginare le ferite morali del Paese senza fare necessariamente ricorso ad una concezione della giustizia in senso solo retributiva e punitiva”.

Foto © Fotogramma

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