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proserpio veronica 610di Luciano Armeli Iapichino
E poi capita di ascoltare al telefono da qualche giorno uno stato d’animo, quello di una ragazza perbene che sino a qualche giorno fa, oltre a essere mamma e moglie, ricopriva anche l’incarico di vicesindaco e assessore alla cultura di un piccolo comune del comasco: Proserpio, che è anche il suo cognome. Stiamo parlando di Veronica Proserpio, classe 75’, attivista politica del PD molto conosciuta nel suo territorio. Veronica, qualche giorno fa, si era imbattuta sulla spiaggia di Milano Marittima in Matteo Salvini, e in maniera educata aveva esposto la sua opinione sul leader della Lega, “Con le sue esternazioni dell’ultimo periodo lei sta rovinando l’immagine dell’Italia e degli italiani. E rovina anche il nome di questa bellissima città.”

E il buon Matteo, anch’egli garbato, smorzava la polemica con una battuta: “Fatti un bagno che ti rilassi.” Il tutto ripreso con un video postato su Facebook. Nulla di che se non per il fatto che Veronica non è più vice-sindaco del suo paese e sui social la miseria dell’italiano acefalo commista a insulto contro la sua famiglia e i figli ha preso il sopravvento: “Tua madre doveva abortire”, “Spero che tu muoia di leucemia”, “Voglio vedere il tuo nome sulla lapide” ecc.

Ma a oscurare la solarità di questa giovane lombarda è stata la richiesta di dimissioni avanzata dal tribunale della pseudo-democrazia e della pseudo-libertà di opinione, e dalla sua compagine politica costituita anche da partiti di centro-destra.

Il “processo”, svoltosi nelle aule del palazzo comunale, ha sentenziato ancora una volta, oltre la testa della vice-sindaca, il livello culturale di certi ambienti e il retroterra di certa politica che pare aver dimenticato la lezione della Storia, i sacrifici della Resistenza e di chi proprio a Dongo, sul lago di Como, ha posto le basi di questa “nostra” e malata democrazia.

Il nonno Gabriele della Proserpio era proprio un partigiano. L’ossatura etica della nipote ha solide fondamenta.

Questa è la lezione che giunge da questa parte civile d’Italia. Veronica l’avevamo sentita proprio la sera in cui si recava dinanzi ai suoi compagni di viaggio con i quali aveva trascorso parte della sua esperienza non solo politica ma anche esistenziale, per essere giudicata. Speravamo in un epilogo diverso. Poi è arrivato il suo sms in tarda serata: “Domani ti chiamo ora sto a piange dalla rabbia”. “Ora non riesco.” E in queste poche parole si racchiude il fallimento di un Paese che, non ci stanchiamo mai di dirlo, continua a certificare la sua democrazia e la sua modernizzazione incompiute. Non abbiamo volutamente tirato fuori parallelismi con il Medioevo, la caccia alle streghe, il falò di Rouen predisposto per Giovanna d’Arco, né quello per Giordano Bruno a Campo dei Fiori, né ancora il tributo scarnificante riservato alla filosofa alessandrina Ipazia, tutti martiri e simboli della libertà di pensiero contro ogni forma di oscurantismo.

proserpio veronica dimissioni letteraLa lectio che giunge da Proserpio, cittadina perbene, è quella di una bruttissima pagina di democrazia. Forse di civiltà.

Come hai spiegato ai tuoi figli questa cosa?

“Ho preso i miei due bimbi, 9 e 6 anni compiuti e ho detto loro: non frequenterete più alcuni altri amici con cui abbiamo trascorso dei bei momenti. La vostra mamma ha subìto una cattiveria e mi dispiace che voi paghiate per il comportamento dei grandi. Ma ditevi voi quello che volete fare

Allora il più grandetto mi ha risposto: “Chi fa piangere la mia mamma fa piangere anche me”.

Veronica continua:

“Mi ha addolorato entrare in comune restando dietro il plexiglas, come semplice cittadina per ratificare e protocollare le mie dimissioni irrevocabili, mentre prima entravo in ufficio per mettermi davanti a un computer. Continuerò a lavorare per la mia gente con un ruolo diverso”.

“Sono coerente e non tornerò più indietro. Con i se son piene le fosse”.

Qualcuno ha capito, evidentemente tardi, che gli esseri umani vanno considerati una risorsa, soprattutto se esseri perbene. La dialettica politica è il sale della democrazia. Qui non si trattava né di un’indagata né di una pregiudicata. Ma di una madre perbene che si è spesa per la sua comunità e che ha una visione differente, aperta, civile e, soprattutto, libera.

A dimettersi, forse, dovrebbero essere tutti coloro sul cui mandato politico serpeggiano dubbi e perplessità nell’attesa che la magistratura faccia il suo corso. E il nostro pensiero va all’affaire dei camici della Regione Lombardia.  

E la coerenza e la difesa irrevocabili della dignità è l’altra bella lezione che giunge da Proserpio. L’altra bella lezione che ci ha dato Veronica Proserpio. Da Como.

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