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di AMDuemila - Video
Il testimone di giustizia: “Speriamo, ne ho sentite tante”

“Ho incontrato Ignazio Cutrò, ho dato mandato di fare una verifica su tutti i debiti pregressi per capire se ci sono gli estremi di legge per la loro estinzione o riduzione. Non mi risulta che oggi ci siano procedure esecutive, qualora si dovessero avviare, ci attiveremo per sospenderle o interromperle. Lo Stato sarà sempre vicino non solo ad Ignazio Cutrò ma a tutti i testimoni di giustizia. Per quanto riguarda la sicurezza, la valutazione spetta al comitato provinciale. Sarà fatta ogni valutazione per garantire la massima sicurezza”. Sono queste le parole del viceministro dell’Interno, Vito Crimi, riguardo il caso del testimone di giustizia. Ignazio Cutrò ha fatto sapere che “è arrivata una risposta, che dovrebbe dare un segnale di positività”, ma ha tenuto a precisare che “in questi anni ne ho sentito tante”. I debiti che la società del testimone di giustizia aveva contratto con l’erario erano principalmente legate al blocco delle attività subentrato alle denunce al racket delle estorsioni. Negli anni, Cutrò, oltre a ricevere pesanti minacce intimidatorie, gli sono state notificate pesanti cartelle esattoriali.
“Spero solo che quello che ha detto il sottosegretario all’Interno - ha detto in un video messaggio il testimone di giustizia - Vito Crimi venga finalmente mantenuto, perché in questi anni di promesse non mantenute ce ne sono state tante a livello economico e di sicurezza. Io sinceramente non credo più a niente, aspetto con ansia le risposte”. Cutrò ha, però, evidenziato che la cosa più importante, oltre alla questione economica, è la “sicurezza che oggi la risposta viene rimbalzata e che mi deve dare la prefettura di Agrigento, ma non dimentichiamo che il primo errore grave è stato fatto nel 2015, ed è fatto dalla commissione centrale di sicurezza, che non hanno valutato e tenuto in considerazione delle minacce dei due presunti boss oggi al 41bis dell’operazione Montagna. Io nel gennaio mi attivai subito per farle avere. - ha proseguito - La riposta che abbiamo ricevuto è stata quella della fuoriuscita dal programma di protezione della mia famiglia e poi io ho rifiutato la scorta. L’unica cosa che mi rimaneva di fare era proprio questa”.
In conclusione, il testimone di giustizia ha auspicato che “la prefettura di Agrigento e il ministero dell’Interno si chiariscano e si mettano d’accordo. Perché dopo la polemica se fossero vere le intercettazioni, la cosa concreta è che io e la mia famiglia rischiamo la vita. La procura di Palermo mi ha fatto parte civile nel processo e le minacce sono state considerate effettive”.

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Il servizio di Striscia la notizia - 15 giugno 2020

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