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di AMDuemila
Il sostituto procuratore della Direzione nazionale antimafia Cesare Sirignano, il cui nome compare nelle intercettazioni dell'inchiesta della procura di Perugia sul pm di Roma, ora sospeso, Luca Palamara, sarà trasferito per incompatibilità funzionale e ambientale. La decisione è stata presa dal Consiglio superiore della magistratura approvando la delibera della prima commissione, favorevole al trasferimento, con 21 voti, mentre 3 voti sono andati alla proposta di archiviazione. A favore del trasferimento hanno votato i togati di Area, di Magistratura indipendente, di Autonomia&Indipendenza, l'indipendente Nino Di Matteo, e tutti i laici, mentre la delibera di archiviazione è stata votata dai tre consiglieri di Unicost, ovvero la corrente di cui lo stesso Sirignano fa parte. Il "rapporto fiduciario tra il dottor Sirignano e i colleghi dell'ufficio, o parte significativa di essi, si è deteriorato, in maniera irrimediabile", si legge nella delibera approvata, di cui è relatore il togato di Area Giovanni Zaccaro. Un deterioramento "imputabile a comportamenti volontari di Sirignano, benché non direttamente inquadrabili in fattispecie di rilievo disciplinare". Nelle conversazioni con Palamara Sirignano "non si è limitato a condividere critiche, a volte anche piuttosto aspre, nei riguardi di questo o quel collega del suo ufficio, ma ha inserito tali critiche in uno 'schema di lavoro', ossia in un disegno volto a 'mettere le pedine nei posti giusti' ed a condizionare gli assetti nell'ufficio".

Le parole su Di Matteo e il pool stragi
Nelle intercettazioni tra Palamara e Sirignano, come scritto da Il Fatto Quotidiano nei giorni scorsi, vi erano pesanti considerazioni su Nino Di Matteo, al tempo sostituto procuratore nazionale antimafia ed oggi consigliere togato al Csm, ma anche su Federico Cafiero de Raho e la nascita del pool stragi-mandanti esterni. In una conversazione del 7 maggio 2019, dinanzi alla critica di Palamara sulla decisione del procuratore Cafiero de Raho di ‘fare il gruppo con Di Matteo dentro’”, cioè il pool stragi, Sirignano sbottava: “E voi l’avete portato come fosse il Pataterno in croce, è un mezzo scemo”. E al contempo aggiungeva: "Bisogna parlare con Federico".
Oggi proprio Di Matteo è intervenuto nel dibattito in plenum, esprimendo il proprio parere favorevole alla proposta di trasferimento d'ufficio nei confronti dell'ex collega alla Procura nazionale antimafia. "Sarei ipocrita se non dicessi che fin dall'inizio ho seguito queste vicende. Le attività professionali mie e del dottor Sirignano si sono incrociate in Antimafia per quasi 2 anni, per questo avevo pensato di astenermi e di non partecipare al voto. Forse sarebbe stato più comodo astenermi e lavarmi le mani ma sono un consigliere del Csm e su una questione così importante e di interesse generale non posso astenermi", ha detto Di Matteo. "Il dott. Sirignano parlando della Dna, cioè dell'ufficio che ha compiti importantissimi di coordinamento e di impulso rispetto a tutte le attività antimafia d'Italia, invece di respingere al mittente, ha avallato - ha proseguito Di Matteo - le pretese di Palamara di portare nel cuore dell'Antimafia interessi correntizi, piuttosto che il merito e la capacità". Sirignano, secondo Di Matteo, "anche nell'audizione di ieri davanti al Plenum, ha affermato che anche per questioni così importanti come le nomine e gli assetti della DNA 'se non hai l'appoggio della tua corrente non hai dove andare' e ha ribadito 'avevamo come dominus Palamara'". "Stiamo parlando dell'assunzione di questo criterio, a criterio condiviso per regolare le attività di contrasto alla mafia. E questo per me è molto grave", ha proseguito Di Matteo. "Dagli atti emerge che Sirignano non si limitava a subire le scelte di Palamara, ma lo rassicurava affermando in più occasioni che delle richieste di Palamara ne avrebbe parlato con il Procuratore Nazionale o con il politico Ferri. Cioè le correnti, per il dott. Sirignano, dovevano entrare nella determinazione del lavoro della Procura antimafia. 'Ne parliamo con Federico e con Cosimo', erano le sue risposte a Palamara. Questo risulta dalle intercettazioni", ha concluso Di Matteo.
Anche il consigliere laico Alberto Maria Benedetti si è espresso a favore del trasferimento: "Bisogna resistere alla tentazione di giudicare, anche se le parole che si leggono negli atti sono gravissime perché testimoniano che non c'è nemmeno la percezione della gravità di quello che ieri ha detto qui pubblicamente. C'è stata una rivendicazione orgogliosa del sistema noto a tutti delle correnti", ha detto Benedetti nel suo intervento al Csm. "Noi laici non vedevamo per nulla tutti i retroscena che lui rivendicava, come pacifici. Si procede sulla base della prassi, secondo il dottor Sirignano. Non c'è nessuna consapevolezza della illiceità dei propri comportamenti, non c'è autonomia ed indipendenza perché faceva parte di un sistema. Non riusciva più nemmeno a vedere la realtà perché la normalità per lui era quella correntizia", ha aggiunto il togato laico.
Sulla pratica aperta davanti al Csm è intervenuto anche Sebastiano Ardita, consigliere di Autonomia&Indipendenza e presidente della prima commissione del Csm: "E' l'occasione per un voto di fiducia sull'operato della Prima commissione. Con la nostra commissione c'è stata una crescita esponenziale delle pratiche incompatibilità magistrati". Nel suo intervento Ardita ha fatto anche un bilancio dell'attività svolta: "Nel 2018 la precedente consiliatura in 9 mesi aprì 4 pratiche, a fronte delle 15 che sono state aperte nel 2019 dalla nuova commissione. E in poco più di due mesi di quest'anno, prima dell'emergenza, sono state aperte 10 pratiche e altre potrebbero presto maturare. Si tratta in grande parte di un blocco distinto rispetto all'inchiesta di Perugia. Pratiche rilevanti, spesso sorte ad iniziativa della Commissione, che hanno riguardato qualche volta anche vertici giudiziari, rispetto a segnalazioni di semplici giudici o di magistrati sottoposti". "Questo vuol dire che non siamo stati forti coi deboli - ha detto Ardita - e lo abbiamo fatto in silenzio. Ma deve essere l'assemblea plenaria a validare questo lavoro e a dire se va bene o no, e a darci la fiducia su questo modo di operare, non sulla singola pratica, ma sul modo di operare".
Con riguardo invece all'inchiesta di Perugia, "i cui atti sono stati oggetto di un recentissimo invio, molte altre pratiche potrebbero arrivare al plenum ma - ha spiegato Ardita - per noi è importante il giudizio del plenum sulla congruità del lavoro istruttorio". Quindi il ritorno in commissione della pratica su Sirignano, chiesta dai consiglieri Michele Ciambellini di Unicost e Fulvio Gigliotti, laico M5S, e poi respinta dal plenum "avrebbe significato un voto di sfiducia verso l'operato della Prima Commissione ed uno stop inevitabile ai procedimenti futuri".
Ieri il pm Sirignano, in una difesa durata due ore davanti al plenum, aveva definito "ingiusto" il suo trasferimento "ho dato tutto me stesso nella Dna, non posso tollerare che sia in discussione la mia integrità", aveva detto. "I presupposti alla base della richiesta di trasferimento sono infondati". Posizione sostenuta dal suo difensore, il procuratore generale di Potenza Armando D'Alterio, che ha definito "un equivoco" la contestazione a Sirignano. Il Csm, però, si è convinto del contrario.

Foto © Imagoeconomica

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