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di AMDuemila
Il magistrato finì davanti alla sezione disciplinare per un colloquio con la giornalista Milella

La Corte di Cassazione ha annullato con rinvio della sentenza su cui la sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura, nello scorso marzo, sanzionò con la censura il pm antimafia di Napoli Henry John Woodcock per un colloquio con la giornalista di “La Repubblica”, Liliana Milella, sul caso Consip poi finito sul giornale il 13 aprile 2017 (con l’escamotage di riportare il virgolettato di Woodcock come raccolto da persone a lui vicine), senza informare l’allora procuratore reggente di Napoli Nunzio Fragliasso, che aveva raccomandato di “mantenere il più assoluto riserbo con gli organi di informazione”. Questa la decisione delle sezioni unite civili della Cassazione, che hanno accolto parzialmente il ricorso del magistrato. Gli atti, dunque, andranno di nuovo sottoposti al vaglio del 'tribunale delle toghe' di Palazzo dei Marescialli.
Le sezioni unite civili del ‘Palazzaccio’ hanno rilevato che il verdetto della disciplinare del Csm si "sottrae alle critiche" relative a "vizi di motivazione", avendo definito "la concretizzazione del comportamento gravemente scorretto, suscettibile di sanzione disciplinare", in "armonia", in particolare, con il principio che "impone al magistrato il dovere di leale collaborazione (tra gli altri) con i propri superiori, cui si pone in contrasto la condotta contestata ed accertata giudizialmente". Ma su questo, riguardo alla valutazione della "scarsa rilevanza del fatto”, la Cassazione ha osservato che il verdetto della disciplinare risulta incompleto. "La sezione disciplinare ha polarizzato la propria attenzione - si legge nella sentenza depositata ieri - sull'incidenza dell'illecito disciplinare in termini di 'potenzialità lesiva dell'immagine di entrambi gli uffici giudiziari' e comunque di 'concreto e conseguente rischio di arrecare un danno all'immagine e al prestigio dello stesso ufficio giudiziario di appartenenza', siccome derivanti dal contesto nel quale la grave scorrettezza era maturata (ossia quello del caso 'Consip' e, in particolare, dell'ipotizzato contrasto tra le procure di Roma e Napoli sulle attività del capitano Scafarto)".

woodcock henry primo piano c imagoeconomica

Il pm Henry John Woodcock


Una tale valutazione, ha rilevato la Suprema Corte, "non esprime il necessario giudizio, da effettuarsi in concreto 'ex post', anzitutto sulla lesione di 'non scarsa rilevanza' del bene giuridico direttamente tutelato e, semmai, di quello dell'immagine del magistrato, rimenando su un piano di (non consentita) astrattezza nel postulare soltanto una potenziale (o un rischio di) lesione dell'immagine dell'ufficio giudiziario di appartenenza dell'incolpato (o finanche della procura della Repubblica presso il tribunale di Roma), senza dare contezza di ciò che avrebbe sostanziato l'offesa non irrilevante ai beni giuridici implicati". Per questo motivo, la Cassazione ha accolto alcuni motivi del ricorso di Woodcock, in particolare le "censure" che "insistono sull'assenza di una verifica in concreto sulla sussistenza dell'esimente, adducendo, tra l'altro, che la sentenza impugnata non avrebbe considerato che alcuna 'frattura interna fra i magistrati coinvolti in quelle vicende' si era determinata, che non era apprezzabile, quale diretta conseguenza della condotta illecita, alcuna lesione effettiva dell'immagine dei dirigenti della procura di Roma, ne' tantomeno quella di Napoli, né, ancor prima, dell'immagine dell'incolpato, nei confronti del quale era, peraltro, rimasta immutata la stima dei colleghi e dei collaboratori (tanto che, successivamente, il procuratore capo Melillo gli aveva affidato il settore dei reati contro la P.a.)".
Dunque, adesso la sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura dovrà riprendere in mano il procedimento per "provvedere a delibare" sulla base dei principi e dei rilievi della Cassazione "la sussistenza o meno dell'esimente" relativa alla "scarsa rilevanza del fatto".
Nel processo disciplinare davanti al Csm, Woodcock era stato assolto dalla contestazione di aver violato i doveri di "imparzialità, correttezza e diligenza", per le modalità in cui, il 21 dicembre 2016, venne svolto l'interrogatorio di Filippo Vannoni, all'epoca consigliere economico di Palazzo Chigi, sentito come persona informata sui fatti e non come indagato, dunque senza l'assistenza di un difensore. Tale assoluzione resta ferma, perché già passata in giudicato, dato che non è stata impugnata davanti alle sezioni unite.

Foto © Imagoeconomica

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