Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

di AMDuemila
Questa mattina la Polizia di Stato di Bari ha eseguito una vasta operazione nei confronti dei vertici del clan Parisi-Palermiti, per i reati di omicidio, estorsione, rapina, detenzione e porto illegali di armi, detenzione di sostanze stupefacenti.
Gli agenti hanno eseguito in totale 24 arresti e svolto perquisizioni su ordine della Direzione distrettuale antimafia di Bari, in Puglia, Lazio, Abruzzo ed Emilia Romagna, con la collaborazione dei reparti Prevenzione crimine della Puglia, delle unità cinofile e col supporto aereo del reparto Volo della Polizia di Stato.
Secondo gli investigatori i fatti dell’indagine risalgono ai primi mesi del 2017, quando nel quartiere a sud di Bari era in atto una guerra tra gruppi criminali armati per il controllo del business della droga, in seguito alla spaccatura interna al clan.
Antonio Busco, tra gli odierni arrestati, ritenuto il 'figlioccio' del boss Savinuccio Parisi, avrebbe iniziato a rinnegare l'appartenenza a Palermiti, alleato di Parisi, tentando una ascesa personale. Secondo gli investigatori per punirlo, la sera del 17 gennaio 2017 fu ucciso un suo 'pusher', Francesco Barbieri. La risposta di Busco sarebbe arrivata il 6 marzo con l'assassinio di Giuseppe Gelao e il ferimento di Antonino Palermiti. Il 12 aprile fu poi ucciso, in reazione al delitto Gelao, il pregiudicato Nicola De Santis. Quella sera un proiettile forò la porta di un'aula del vicino liceo Salvemini, fortunatamente senza provocare vittime perchè ormai vuota. Su questo episodio le indagini sono ancora in corso. Per i primi due omicidi i pm della Dda Ettore Cardinali, Fabio Buquicchio e Federico Perrone Capano, hanno ricostruito dinamiche e individuati i sicari. Barbieri sarebbe stato ucciso da Gelao, poi morto a sua volta sotto il colpi di Busco e dei suoi sodali Davide Monti, Giuseppe Signorile e De Santis.
Le indagini hanno ricostruito numerosi episodi di intimidazione diretti a cacciare Busco e la sua famiglia dal quartiere Japigia, con incendi di auto e abitazioni. "Era la sorte - hanno spiegato gli inquirenti - di chi si metteva contro il clan". In una occasione avrebbero incendiato l'auto della vedova di Barbieri, colpevole di aver augurato sui social network ai responsabili dell'omicidio del marito una analoga fine. Gli accertamenti della Polizia hanno consentito di ricostruire il contesto del quartiere, controllato da più di 300 vedette sui tetti e nelle abitazioni dei residenti, vicini o estranei al clan.
Nei sequestri fatti nei due anni di indagini e ancora durante le perquisizioni nella esecuzione degli arresti, sono stati sequestrati armi, droga e denaro contante, consentendo di ipotizzare un giro d'affari milionario, pari a circa 60mila euro di utile al giorno.
"Uno dei più grandi quartieri della città è stato controllato in senso mafioso al cento per cento anche attraverso le 'stese' (incursioni di gruppi armati, ndr), che rappresentano una forma di sottocultura che passa attraverso una forma di arte cinematografica che ha poi gli effetti che vediamo. - ha spiegato il procuratore aggiunto di Bari Francesco Giannella - Nelle intercettazioni le 'stese' si commentano ad imitazione di quelle di Gomorra". In una intercettazione uno degli indagati dice infatti, compiacendosi della riuscita delle 'stese', "qua mi sembra che non devono fare Gomorra, devono fare Japigia".
Di "omertà assoluta" ha parlato il procuratore Giuseppe Volpe, riferendo il contenuto di un'altra intercettazione nella quale Domenico Milella, braccio destro del boss Palermiti, "si rammarica perchè i compagni di scuola della figlia le avevano detto: 'Busco vuole uccidere tuo padre'". "Questa è la Mafia - ha commentato Volpe - il fardello pesante che grava su quel quartiere, l'omertà assoluta pur in presenza di una consapevolezza di quello che succede". "Non facciamo gli ipocriti, cominciamo a pensare che non è un mondo separato da quello delle cosiddette persone perbene ma si interseca con quello", ha poi concluso Giannella ricordando che tra i clienti degli spacciatori c'erano molte persone "cosiddette perbene”.

Foto © Imagoeconomica