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di Karim El Sadi
La Commissione Parlamentare Antimafia chiede chiarimenti al leader del Carroccio

Accade che tra le migliaia di autoscatti chiesti dai fan al leader della Lega Matteo Salvini, ai quali il senatore non si è mai tirato indietro, possa esserci inavvertitamente quello di individui dai precedenti o dalle parentele poco raccomandabili. E’ successo lo scorso dicembre quando a San Siro il segretario leghista si era fatto fotografare insieme a Luca Lucci, capo ultras del Milan condannato per spaccio di droga, ed è accaduto tre giorni fa a Vignola (in provincia di Modena) con il figlio di un noto camorrista. Nel paesino situato nel cuore dell’Emilia Romagna, Salvini si era avvicinato ai sostenitori per farsi immortale insieme a loro, come è solito fare. Tra questi però c’era anche Michele Matrone figlio del boss Franchino "‘a belva" di Scafati, uno dei boss più sanguinari dell’area vesuviana, che su Facebook ha postato lo scatto in compagnia del senatore Salvini con tanto di scritta “un caffè insieme al mio caro amico Matteo”. In poche ore la foto è rimbalzata sui social e sui media locali e nazionali e l’autore ha cancellato il post. Il padre di Michele Matrone, Franchino, era nella “lista dei più ricercati d’Italia” fino al 17 agosto 2012, giorno del suo arresto ad Acerno dopo diversi anni di latitanza. Su di lui già dal 1984 pendeva l’accusa di associazione a delinquere insieme ad un gruppo di criminali vicini a Carmine Alfieri e Pasquale Galasso.
Dal 2007 Franchino si era dileguato dopo che i giudici del tribunale di Nocera Inferiore avevano notificato il mandato di cattura a suo carico per il coinvolgimento nell’omicidio di Salvatore Squillante nel 1980 in un agguato di camorra.
Nel 2009 la Corte d’Appello aveva confermato la condanna all’ergastolo ed anche il figlio Michele, ex titolare di una ditta di pompe funebri che da qualche anno vive a Reggio Emilia, annovera una condanna in primo grado per estorsione, usura, intestazione fittizia e riciclaggio, nell’ambito di un processo che coinvolge i clan Loreto e Ridosso di Scafati. Ad ogni modo quella di Salvini, che si è lasciato fotografare a sua insaputa (si spera) insieme al figlio di un boss della camorra salernitana, è solo l’ennesima scivolata commessa in una campagna elettorale più che pittoresca e a volte dannosa per la sua figura di Ministro degli Interni, da lui ricoperta fino a qualche giorno fa, che così facendo potrebbe lanciare un segnale pericolosissimo alla criminalità organizzata, che di segnali vive e si nutre. Una serie di vicende, quelle in cui è incappato il leader del Carroccio, che hanno messo in allarme i membri campani della Commissione parlamentare Antimafia Andrea Caso e Francesco Urraro. "Siamo rimasti allibiti per la foto - hanno affermato - perché getta ombre su una persona che è stata ministro dell'Interno fino al giuramento del nuovo Esecutivo. Per questo motivo - hanno concluso - chiediamo pubblicamente a Salvini di chiarire al più presto la sua posizione, meglio ancora se lo facesse in Commissione Antimafia". La richiesta è stata “appoggiata a pieno” anche dal presidente della Commissione Parlamentare Antimafia Nicola Morra.

Foto © Imagoeconomica

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