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di AMDuemila
A coprire le spese per i lavori sarebbe stato l’imprenditore Fabrizio Centofanti

Dopo lo scandalo toghe sporche e la recentissima diffusione delle conversazioni intercettate con il sostituto procuratore nazionale Antimafia Cesare Sirignano nel corso delle quali si parlava dell’allontanamento del magistrato Nino Di Matteo dal pool che indaga sulle stragi ’92-’93, nuovi guai potrebbero incombere su Luca Palamara. Quarantamila euro per i lavori a casa dell’amica Adele Attisani, addebitati alla ditta che in quel periodo si stava occupando del palazzo di Giustizia a Roma. E’ questa la nuova contestazione della procura di Perugia nei confronti dell’ex Presidente dell’Anm. Secondo l’accusa, a coprire le spese per i lavori di ristrutturazione dell’appartamento della donna sarebbe stato Fabrizio Centofanti, l’imprenditore che, sempre secondo l’indagine dei magistrati perugini - avrebbe pagato una serie di benefit per l’ex presidente dell’Anm, tra cui soggiorni in hotel di lusso, gioielli e viaggi. A leggere la ricostruzione dei magistrati umbri, il pubblico ministero romano rischia di vedersi accusato dell’ennesimo episodio di corruzione. A far emergere la vicenda è ancora una volta il sofisticato sistema di intercettazione Trojan, installato nel telefonino di Palamara, ma i veri protagonisti sono i vari documenti acquisiti durante le perquisizioni dai quali risulterebbe che a saldare i conti non siano stati né Attisani né l’ex presidente dell’Anm.
Il 30 maggio scorso, quando Palamara è stato interrogato per la prima volta, i pm di Perugia Gemma Miliani e Mario Formisano hanno chiesto chiarimenti sulle spese pagate da Centofanti delle quali anche le spese per la ristrutturazione dell’appartamento dell’amica. “Sa se siano stati fatti dei pagamenti di lavori alla Attisani” hanno chiesto i giudici. “Sì, - ha confermato Palamara - sono stati fatti lavori nella casa di Adele e lei si è organizzata con Centofanti, ma una parte li ho pagati io”. “Sui lavori mi riferivo alla casa di Adele rispetto ai quali ho cercato di aiutarla, non sono in grado di quantificare, - ha affermato il giorno seguente al primo interrogatorio - ogni tanto le davo 400, 500 euro e ho chiesto a Centofanti di aiutarla nel limite del possibile, nel senso di mandarle degli operai e trovare qualcuno per i lavori. Le ho dato ogni tanto delle somme, che non so quantificare, non so nulla delle fatture, io non volevo comparire sui lavori”.
Una ricostruzione che non coincide con quella degli inquirenti i quali sono riusciti a scoprire che l’appartamento di Attisani era stato svaligiato dai ladri e quindi Centofanti si era messo a disposizione di Palamara per aiutare la donna e aveva così contattato una ditta che in quel periodo stava lavorando all’interno del palazzo di Giustizia di Roma. I 40 mila euro, sostengono i magistrati, sarebbero stati dunque inseriti nel costo finale dell’appalto pubblico e di tutto questo si sarebbe occupato proprio Centofanti.
La versione di Palamara è invece che l’imprenditore “mi ha consentito in alcuni momenti di concedermi momenti di svago, ma non gli ho mai consentito di vendersi l’amicizia per me”. Anzi, sottolinea il pm romano, “a volte pagavo io, a volte pagava lui” e “gli chiedevo sempre di stare attento a non mettermi in difficoltà e avevo un rapporto solo con lui”. Mentre per quanto concerne l’accusa che i pagamenti in contanti servissero a nascondere il versamento di mazzette Palamara si è difeso: “Lo facevo per non lasciare traccia di acquisti e pernottamenti quando non ero con la famiglia”.

Il pg Riccardo Fuzio appende la toga
Mentre la notizia di un nuovo filone di inchiesta su Luca Palamara viene rimbalzata su tutti i quotidiani nazionali giungono, con un anno di anticipo rispetto alla pensionatura ordinaria, le dimissioni del procuratore generale della Cassazione Riccardo Fuzio. La decisione di riposo anticipato del pg arriva dopo il suo coinvolgimento nella vicenda di Perugia e nel caso Palamara. Fuzio ha incontrato stamattina il presidente della Repubblica Mattarella e successivamente si è visto con il vicepresidente del Csm Ermini e il presidente della corte di Cassazione Mammone a palazzo dei Marescialli a seguito di due riunioni con il Csm nel corso delle quali è stato pregato a Fuzio di rimanere finché non sarà nominato il nuovo procuratore generale. La data fissata è quella del 20 novembre, cioè dopo l’elezione dei due pubblici ministeri che sono stati a loro volta sostituiti perché coinvolti nella vicenda di Perugia. Già nei giorni scorsi l’Associazione nazionale dei magistrati aveva chiesto al procuratore generale della Cassazione, un "gesto di responsabilità" e di presentare le dimissioni dal suo incarico. Nel frattempo in queste ore stanno partendo diverse denunce ai suoi danni e tra i primi a trasmetterle alla Procura di Perugia ci sono i sostituti procuratori di Rimini, Davide Ercolani e Luca Bertuzzi, e il sostituto procuratore di Padova, Sergio Dini. Negli atti i magistrati scrivono di aver appreso dalla stampa delle conversazioni tra Fuzio e l'ex consigliere Csm Luca Palamara, indagato per corruzione. "Emergerebbe che l'Alto Magistrato avrebbe discusso con Palamara di una indagine a suo carico aperta dalla Procura di Perugia, e che gli avrebbe rivelato alcuni atti di detta indagine”, scrivono gli autori degli esposti. "Competente a svolgere indagini in merito a fatti denunciati - si legge nelle denunce - è la Procura di Perugia essendo pacifico che l'eventuale reato sia stato commesso a Roma nell'esercizio delle funzioni giudiziarie svolte da Fuzio. Chiediamo di essere informati in caso di richiesta di archiviazione".