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di Aaron Pettinari
Nuovo atto istruttorio per la Procura generale

La settimana scorsa il Procuratore generale di Milano, Galileo Proietto, si è recato a Torino nell'ambito dell'inchiesta, avocata lo scorso novembre, nei confronti dell'ex militante di Prima Linea Francesco D’Onofrio, accusato di essere stato uno dei partecipanti all'agguato che il 26 giugno 1983 uccise il Procuratore capo di Torino, Bruno Caccia. Come ha riportato oggi il quotidiano La Repubblica il magistrato milanese ha messo a verbale le dichiarazioni dei figli di Caccia, che da tempo chiedevano di essere sentiti, ma anche quelle di Mario Vaudano, giudice istruttore a Torino e collaboratore dello stesso procuratore capo ucciso nel 1983. Secondo quanto emerso Vaudano avrebbe parlato dell'esistenza di una cartellina, oggi sparita, che si trovava nel "cassetto centrale della scrivania del suo ufficio" in cui Caccia avrebbe conservato le informazioni delicate che riguardavano alcuni magistrati torinesi. "L’ho vista con i miei occhi - ha detto l'ex giudice istruttore che ha ricordato l'indagine condotta assieme al Procuratore sullo scandalo petroli, dove si manifestavano grandi interessi ed intrecci anche con i massimi vertici della Guardia di Finanza - Un giorno mi trovai un bigliettino in ufficio, firmato dal collega Luigi Moschella. C’era scritto 'Caro Mario, sei bravissimo con le tue indagini. Ma statti attento'. L’ultima frase era sottolineata. Diedi quel bigliettino a Caccia. Lo conservava in quel cassetto della scrivania. Ecco perché dico che ho visto la cartellina con i miei occhi".
Di quel cassetto si parla anche in un libro scritto da Paola Bellone. In particolare si dà atto in quelle pagine che il 29 giugno 1983, durante il primo sopralluogo ufficiale del procuratore capo di Milano, Mauro Gresti, e dell’allora sostituto procuratore Armando Spataro, cui in un primo momento era stata assegnata l’inchiesta sul delitto, non fu possibile aprire il cassetto in quanto non si trovavano le chiavi né della scrivania né dell’armadio blindato. Chiavi che, era noto anche ai familiari, lo stesso Procuratore teneva sempre con sé. Misteriosamente quelle chiavi ricomparvero a luglio. Ma quando si riuscì ad aprire il cassetto, all'interno si rinvenne solo una cartellina con la scritta "petroli".
In un documentario prodotto da Libera, Vaudano disse: "Guardate che l’omicidio Caccia non è un omicidio che guarda al passato, non è stato commesso per il passato, è un omicidio che guarda al futuro, è stato commesso per ottenere benefici, per salvare, per il futuro, interessi, per impedire che il procuratore Caccia potesse mettersi in posizione di annichilimento di quegli interessi criminali”. Sicuramente l'ex giudice istruttore avrà approfondito quella considerazione e avrà offerto anche chiavi di lettura su altre vicende che fino ad oggi non sono entrate nei processi. Lo scorso maggio, durante un convegno organizzato a Torino dalle Agende Rosse e dalla Commissione legalità del Comune, intitolato "Bruno Caccia - Ucciso per il futuro” Vaudano ha anche parlato di alcuni contatti con ambienti massonici che erano emersi nel corso di alcune sue inchieste ma anche delle frequentazioni dubbie di alcuni magistrati che furono anche indagati e processati, anche se ne uscirono indenni, se si esclude qualche sanzione disciplinare, come il magistrato Luigi Moschella, oggi deceduto, che fu indagato per associazione a delinquere insieme a Gianfranco Gonella, Mimmo Belfiore e Placido Barresi (cognato di Belfiore, processato e assolto dall’accusa di aver preso parte all’omicidio Caccia), che poi venne prosciolto nonostante la conferma di quei legami.
Su questo fronte la Procura di Milano sta anche vagliando 21 nastri che Moschella custodiva in casa in cui erano registrate conversazioni con i magistrati del Palazzo di giustizia di Torino.
Per l'omicidio Caccia sono stati condannati all'ergastolo come mandante Domenico Belfiore, capo clan dell'omonima ‘ndrina operante in Piemonte, e come esecutore Rocco Schirripa (sentenza d'appello nello scorso febbraio). Inoltre resta aperto il capitolo d'indagine nei confronti di Rosario Pio Cattafi, soggetto ritenuto vicino all'estrema destra e alla mafia siciliana, e Demetrio Latella (entrambi iscritti nel registro degli indagati per il delitto dal 2 luglio 2015). Un'indagine che di fatto inquadra l'omicidio dell'ex Procuratore capo di Torino all'interno delle indagini che stava svolgendo sul riciclaggio di denaro della mafia al Casinò di Saint Vincent. Il Gip di Milano deve ancora decidere se archiviare o meno l'inchiesta dopo la richiesta avanzata dalla Procura di Milano e l'opposizione presentata dalla famiglia Caccia tramite l'avvocato Fabio Repici.

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