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di AMDuemila
Per salvare Stefano Cucchi sarebbe bastata "un pò di umanità" e oggi siamo di fronte ad una "sconfitta per la giustizia". E' quanto ha detto il sostituto procuratore generale Mario Remus nel terzo processo d'appello ai medici dell'ospedale Sandro Pertini dove il geometra di 31 anni morì il 22 ottobre del 2009, sei giorni dopo essere stato arrestato dai carabinieri per detenzione di sostanze stupefacenti. Sono amare le parole del Pg che oggi si è trovato a chiedere alla seconda Corte d'assise d'appello di "non doversi procedere" per prescrizione del reato di omicidio colposo per i cinque imputati: il primario del Reparto di medicina protetta dell'Ospedale Pertini di Roma, Aldo Fierro, e altri quattro medici, Stefania Corbi, Flaminia Bruno, Luigi De Marchis Preite e Silvia Di Carlo. Troppo il tempo passato dal primo processo e vergognosi i depistaggi che si sono consumati e che hanno portato ad un allontanamento della verità.
Il Pg ha evidenziato come il processo "evidentemente è iniziato male, con imputazioni traballanti e con una perizia in primo grado che è arrivata a valutare i fatti in maniera evidentemente erronea".
Durante la requisitoria non sono mancati i complimenti ai periti nominati in appello, i quali "hanno finalmente fatto luce in maniera motivata e logica".
"Non è vero che Stefano Cucchi non fosse collaborativo e avesse una preconcetta preclusione agli esami clinici e all'assunzione di acqua e cibo - ha proseguito il pg - Sicuramente era un paziente difficile ma poteva essere malleabile. Penso che con un tocco di umanità in più poteva essere curato, alimentato e anche salvato". "La cartella clinica riferita ai sei giorni di degenza di Cucchi - ha spiegato il magistrato - contiene dei falsi evidenti. E il paziente è stato sicuramente trascurato e non monitorato. Tutto ciò è inammissibile per un soggetto in quelle condizioni. E quando un infermiere si e' accorto che qualcosa non andava, ormai era troppo tardi. I giochi erano fatti. Da questa vicenda sono emersi elementi che danno conto di una sciatteria e di una negligenza che imperversava in quell'ambiente". Per il pg Remus "alla morte di Cucchi hanno contribuito varie concause. Ma forse la vera causa è che il ragazzo non è stato ascoltato né dal punto di vista sanitario né dal punto di vista psicologico".
Particolarmente tortuoso è stato l'iter di questo processo. Gli imputati furono inizialmente portati a processo per l'accusa di abbandono d'incapace (nello stesso processo c'erano imputati anche tre infermieri e tre agenti della Polizia penitenziaria, assolti in via definitiva): condannati nel giugno 2013 per il reato di omicidio colposo, gli stessi medici furono successivamente assolti in appello. E da quel momento ebbe inizio una nuova vita processuale fatta di passaggi importanti, dapprima con l'intervento della Cassazione che rimandò indietro il processo, poi con i nuovi giudici che confermarono quell'assoluzione. Infine il nuovo rinvio stabilito dalla Suprema Corte che ha dato vita all'attuale attività dibattimentale.
"E' un processo sbagliato e depistato - ha commentato l'avvocato della famiglia Cucchi, Fabio Anselmo - Credo che la dichiarazione di prescrizione sia lo stigma finale di sette anni di depistaggi dei quali dal 21 maggio in poi saranno chiamati a rispondere generali e alti ufficiali dell'Arma dei carabinieri". Il 3 luglio prossimo spazio alle difese; poi, ulteriore udienza per camera di consiglio e sentenza.

 Foto © Imagoeconomica

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