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di AMDuemila
L'Appello del testimone di giustizia alle istituzioni

"Tristemente dopo la morte del fratello del collaboratore di giustizia Bruzzese a Pesaro oggi c'è la notizia di un altro ex collaboratore di giustizia ucciso con un colpo alla nuca, in pieno centro a Genova. Questo è un segnale di sfida da parte della mafia. E non si può restare inermi". Così Gennaro Ciliberto, ex dirigente d'azienda e testimone di giustizia, ha commentato la morte del collaboratore di giustizia Orazio Pino, ucciso a Chiavari due sere fa con un colpo di calibro 22. "E' una cosa gravissima - ha detto Ciliberto -, un messaggio a collaboratori e testimoni di giustizia. Anche se hanno percorsi diversi entrambi sono sotto il mirino ed è noto che la mafia, la camorra portano sempre a termine le loro condanne a morte. Siamo morti viventi". "Vivo costantemente con il giubbotto antiproiettile - ha detto Ciliberto - che mi sono comprato con i soldi miei perché sono un morto che cammina. Ma non ce la faccio più. Hanno tolto la scorta a mia moglie e ai miei figli. Il sistema di protezione fa acqua da tutte le parti. Per questo faccio un appello allo Stato: lanciate un segnale forte. Lo dico al ministro Salvini, che nonostante tutto continua a farsi i selfie e non a tutelare le figure dei testimoni e dei collaboratori. E lo dico anche al sottosegretario Gaetti che dovrebbe occuparsi di questo". Ciliberto inizierà a giorni lo sciopero della fame "per cercare di dare una scossa al sistema". Ma, dice "abbiamo tutti paura: perché quando vorranno ucciderci ci uccideranno". Orazio Pino è stato trovato l'altro ieri da un passante che ha subito chiamato i soccorsi. Il corpo era supino in terra vicino alla macchina posteggiata al quinto piano del parcheggio del supermercato. Pino aveva preso in affitto un posto auto e ogni giorno lasciava la sua vettura in quel luogo. Il pubblico ministero ha disposto l'autopsia sul cadavere che verrà eseguita venerdì mattina. Secondo i primi accertamenti, l'ex pentito di mafia sarebbe stato ammazzato poco dopo le 20, orario di chiusura dei negozi. Gli investigatori della mobile stanno scandagliando la vita dell'uomo per capire il contesto in cui sarebbe maturato l'omicidio.
Pino era uno dei più importanti collaboratori di giustizia che aveva ricostruito le fasi più sanguinose della guerra di mafia a Catania negli anni Novanta. Lui stesso si era accusato di essere l'autore di decine di agguati. Era stato una figura di spicco della famiglia mafiosa di Giuseppe Pulvirenti detto "u Malpassotu". All'ombra del boss aveva ricoperto il ruolo di capo della "squadra" di Misterbianco (Catania) in aperta contrapposizione con la cosca di Mario Nicotra. Orazio Pino, come il "Malpassotu", era ritenuto vicino al clan di Nitto Santapaola nel quale avrebbe organizzato anche epurazioni interne. Dopo varie condanne, due settimane fa aveva chiuso i conti con la giustizia. Per sua scelta, nel 2009 era anche uscito dal programma di protezione: aveva concordato una "liquidazione" economica che aveva investito nella sua attività commerciale. Con la società "Isola preziosa" gestiva una gioielleria con alcuni punti vendita. Socie di "Isola preziosa" erano la moglie di Pino e le due figlie. L'ex collaboratore era componente del consiglio di amministrazione e per questo la società era stata oggetto nel 2016 di una interdittiva antimafia emessa dalla Prefettura di Genova. Il provvedimento era stato poi confermato dal Tar al quale Pino aveva fatto ricorso dopo essersi dimesso dalla società. Ma la sua uscita, scrivono i giudici del Tar, "è da considerarsi un mero tentativo di salvare la società dalla censura antimafia" e quindi "permane il pericolo di tentativi di infiltrazioni mafiose nella società, proprio in ragione della sua presenza".