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di AMDuemila
"Noi come Ustica. Così sarà riconosciuta la verità sul disastro”

Il dieci aprile di 28 anni fa la collisione tra il traghetto della Moby Prince e la petroliera Agip Abruzzo ed il successivo incendio generato dallo scontro, portò alla morte 140 persone tra passeggeri e membri dell'equipaggio a due miglia e mezzo dal porto di Livorno. Ieri era il giorno del ricordo e le famiglie delle vittime sono tornate a chiedere verità e giustizia non solo con la commemorazione ma anche presentando un esposto in Procura, che per la terza volta in 28 anni ha riaperto le indagini, tramite l'avvocato Carlo Alberto Melis Costa. Il documento mette in fila le conclusioni della Commissione parlamentare d'inchiesta, a cominciare da una serie di condotte degli armatori delle due navi e dell'equipaggio della petroliera Agip Abruzzo, dopo la collisione. "La commissione - scrive l'avvocato nella memoria - ha accertato la totale assenza di nebbia e che il comando della petroliera non pose in essere condotte pienamente doverose. Ma anche che dalla Capitaneria di porto non partirono ordini precisi e neppure ordini per chiarire l'entità e la dinamica dell'evento e per ricercare la seconda imbarcazione, benché fosse chiara la gravità del fatto e il pericolo degli occupanti del traghetto". Melis Costa ha evidenziato che il comando della petroliera provò ripetutamente, e in modo "contrario alle consuetudini marinare", ad attirare i soccorsi solo su di sé "senza segnalare l'eventuale esigenza di soccorso del secondo natante" e sottolinea inoltre l'esistenza di un accordo assicurativo tra le due compagnie: "Gli armatori e le compagnie assicuratrici - afferma Melis Costa - si accordarono per non attribuirsi reciproche responsabilità, non approfondendo eventuali condizioni operative o motivazioni dell'incidente attribuibili a uno dei due natanti". E sui soccorsi afferma: "I tragici effetti sulla vita delle persone a bordo sono stati determinati dalla sostanziale abdicazione delle autorità responsabili rispetto a un'efficace funzione di soccorso pubblico in mare". Pertanto, conclude il legale, "si ha dolo eventuale quando l'agente, ponendo in essere una condotta diretta ad altri scopi, si rappresenti la concreta possibilità del verificarsi di una diversa conseguenza della propria condotta e, ciononostante, agisca accettando il rischio di realizzazione dell'evento accessorio allo scopo perseguito in via primaria" e se le omissioni fossero state coscienti "il dolo da eventuale potrebbe divenire diretto".
Parallelamente i familiari delle vittime (per il momento 40 famiglie) hanno avviato una causa civile contro lo Stato affidata a un pool di avvocati (Paolo Carrozza, Paola Bernardo, Stefano Taddia, Sabrina Peron e Ugo Milazzo), basandosi "su alcune precedenti sentenze relative al giudizio promosso dai familiari delle vittime della strage di Ustica e ipotizzando la violazione dell'obbligo dell'amministrazione competente di garantire la sicurezza in mare, soprattutto in relazione al traffico che si verifica all'interno dei porti". Saranno citati in giudizio i ministeri delle Infrastrutture e dei trasporti, della Difesa e la presidenza del Consiglio. Intanto, Livorno ha celebrato il 28° anniversario con la consueta commemorazione in Comune e un corteo che ha attraversato le vie del centro cittadino fino al porto e alla quale hanno partecipato oltre 300 persone.

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