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di Aaron Pettinari - Video/Foto
La presentazione del libro inserito nel programma delle commemorazioni per la strage di Pizzolungo

A trentaquattro anni di distanza dalla strage di Pizzolungo che aveva come obiettivo il giudice Carlo Palermo e che ha visto il sacrificio di vittime innocenti come Barbara Rizzo ed i gemellini Giuseppe e Salvatore Asta, ricordati ieri mattina nel luogo dell'eccidio, ci sono ancora tante domande che ancora attendono una risposta: perché Cosa nostra decide di colpire un magistrato che si è appena insediato nel territorio in maniera così violenta? C'era solo Cosa nostra dietro quella strage?
Lo stesso Carlo Palermo, oggi avvocato, sopravvissuto ma profondamente segnato da quanto avvenuto, nel suo libro "La Bestia" (edizione Sperling & Kupfer) ha cercato di mettere in fila i pezzi e di ricostruire le ragioni di quel delitto consumato nei suoi confronti. L'opera è stata presentata ieri per la prima volta nel trapanese, ad Erice, presso il seminario vescovile, nell'ambito della rassegna “Non ti scordar di me”, un cartellone con diverse iniziative che da anni si svolge per accompagnare l’impegno per la memoria e la giustizia di Margherita Asta, figlia e sorella delle tre vittime. In una sala gremita, stimolato dalle domande di Rino Giacalone e Giacomo Pilati, Palermo ha riavvolto il nastro partendo da quelle sue prime indagini sul traffico internazionale di armi e droga, svolte a Trento e che gli furono tolte per intervento del Csm (su esposto, tra gli altri, di Bettino Craxi), per arrivare fino a Trapani.



"Quelle indagini furono bloccate - ha ricordato l'ex magistrato - ma io ho sempre cercato di capire quali fossero le connessioni per cui vi fu la strage a Pizzolungo. Nel 2015, rileggendo alcune carte, ho capito una cosa semplice, che avevo in mano dal 1982 nell'indagine di Trento. Ovvero che nelle mie inchieste emergevano dei nomi di due che per lungo tempo avevo creduto essere dei siriani, invece erano dei palestinesi che erano membri di Settembre nero, l'organizzazione terroristica che aveva compiuto la strage delle Olimpiadi di Monaco. Quelle indagini offrivano una chiave di lettura per qualcosa di più grande e l'ho capito rileggendo anche le lettere di Aldo Moro, al tempo del sequestro, che parla chiaramente di un accordo tra lo Stato italiano ed i terroristi di questa organizzazione che operava sotto l'ombrello dell'OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina, ndr). Tramite il 'Lodo Moro', infatti, i terroristi di "Settembre Nero" "potevano vivere e operare in Italia usufruendo del beneficio dell’impunità. In cambio c'era la garanzia che in Italia non venissero fatti gli attentati". "Questo filo - ha proseguito Palermo - è rimasto taciuto, segreto. Un segreto di Stato che vive ancora oggi.
E cosa dire di quell'esplosivo Semtex che fa parte di una lunga lista di sangue che fu usato dalla mafia ma che era usato anche dai palestinesi e dai servizi di sicurezza?
Quello speciale tritolo militare è stato usato a Pizzolungo, nell’attentato nel dicembre 1984 al treno Rapido 904, a San Benedetto Val di Sambro, ma anche nel fallito attentato all’Addaura al giudice Falcone il 21 giugno 1989, e in via d'Amelio il 19 luglio 1992. La strage che ha colpito Pizzolungo è un anello di una catena ma per comprenderla bisogna mettere in fila i pezzi, incrociare le date e rileggere i documenti dei processi che ci sono già stati. Dietro questi fatti c'è la mafia ma non è vero, come dicono altri magistrati, che sopra di essa non c'è nulla. Sopra di essa ci sono altri poteri occulti, Servizi e massoneria, che stanno sopra. E la mafia è un organo esecutivo".

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Nelle trecento pagine del libro, tramite documenti, viene fatto riferimento anche alla storia della massoneria che passa anche dal territorio trapanese, proprio ad Erice. Simboli che fanno riferimento, ad esempio, ai Rosa-Croce e alla Grande Madre. Simboli presenti anche sui frontali delle chiese (come la Chiesa Madre di Erice) e in testi storici. "In carte e documenti del passato - ha proseguito l'ex magistrato - troviamo gli agganci che portano ad individuare il ruolo centrale che hanno avuto certi poteri in questo territorio". Mentre sullo schermo alle spalle dei relatori scorrevano le immagini di cartine e fotocopie del libro, compariva un riferimento chiaro al dispositivo Gladio, creato nel 1958, di cui si saprà in Italia solo quando Andreotti ne svelerà l'esistenza nel 1991. "Quella struttura serviva per impedire che il comunismo arrivasse al potere in Italia e per proteggere il Paese da un'eventuale invasione sovietica - ha ricordato Palermo - In una cartina tratta dal libro di Paolo Inzerilli (fino al 1991 alto dirigente del servizio segreto militare, capo di Gladio dal 1974 al 1980, ndr), vi è un numero inserito non a caso, e cerchiato: il 58. questo numero che si vede proprio vicino la Sicilia è il numero esatto dei candelotti che furono recapitati a Giovanni Falcone all'Addaura. Poi c'è una freccia che indica in Trapani il punto estremo di quella struttura Stay behind".

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Altra "coincidenza" che si evince dalle carte è la presenza in un documento, sempre rispetto al periodo dell'attentato all'Addaura, in cui si parla di un'operazione stay behind a largo di Mondello. "E' il 18 giugno 1989 - ha evidenziato Palermo - e viene autorizzata un'esercitazione Domus Aurea in ambito Nato. E si scrive di un posizionamento del radio comando in un villino imbarcadero Torre del Rotolo. Se non sbaglio anche alcuni collaboratori parlano di un villino a Torre del Rotolo dicendo che quel luogo era in possesso della famiglia Madonia".
Parlando della massoneria l'ex magistrato ha evidenziato come "i canali occulti consentono di mettere in contatto persone apparentemente divergenti tra loro. La massoneria è qualcosa che esiste da secoli. Qualcosa che resiste nel tempo. C'è una parte che è legata allo sviluppo della conoscenza e della sapienza e che opera in modo lecito. Ma un'altra parte strumentalizza quel senso e manovra in maniera occulta e deviata e che portano a chi governa il mondo". Nella sua analisi storica Palermo ha individuato due fasi: "La prima che riguarda il passaggio che va dal 1947 al 1989, in cui il mondo ruota attorno alla guerra fredda. La seconda è quella immediatamente successiva e che poi porterà all'individuazione del terrorismo e l'integralismo islamico come il 'nemico' e che sarà in gioco finché non verrà messo in mezzo il rapporto con la Cina".

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Parlando del ruolo della mafia in questo puzzle Palermo ha ribadito che "essere braccio armato non è comunque da poco e quando economicamente si muovono miliardi si detiene comunque un potere. Dove vanno a finire i soldi delle mafie? Entrano nel sistema economico e produttivo e passano nelle banche entrando in un sistema che connette tra loro più dimensioni. Questo schema non è facile da ricostruire perché presenta come tante scatole cinesi ed oggi è ancora più frazionato".
Infine Palermo, mentre il pubblico, in piedi, gli rendeva onore con un lungo applauso, ha concluso invitando tutti i presenti a non smettere di informarsi: "Solo oggi mi trovo qui ad Erice a parlare di queste cose. A Trapani ancora non si vogliono far emergere certi aspetti. E' necessario far emergere queste cose brutte perché possono liberare la popolazione da certe ombre che sembrano inficiare tutto e tutti. Se queste ombre vengono dichiarate e rivelate si apre un nuovo percorso". Una strada necessaria, anche se dolorosa, per giungere ad un cambiamento.

Foto © ACFB

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