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Finisce l’incubo per 35 rumeni
di AMDuemila
Lavoravano in condizioni disumane 17 ore al giorno, tutti i giorni, per 200 miseri euro al mese e, per gli audaci che osavano protestare, arrivavano pestaggi a sangue o minacce di licenziamento. Un incubo. Ma ora è tutto finito per 35 persone, tutte di nazionalità rumena tra cui molte donne, trattate come vere e proprie schiave da Francesco Sabato (43 anni) e Andrea Paduraru (25 anni). Per l’imprenditore e il suo braccio destro, arrestati due anni fa in Puglia con le accuse di intermediazione illecita di manodopera, sfruttamento del lavoro aggravato, estorsione, lesioni personali, tentata violenza privata in concorso, sabato scorso è giunta la sentenza di condanna di primo grado. Francesco Sabato dovrà scontare 4 anni e 4 mesi di carcere mentre Andrea Paduraru 3 anni e 5 mesi.
Ciò che accadeva nelle campagne di Ginosa aveva dell’incredibile. Stando alle testimonianze, i braccianti, reclutati direttamente dalla Romania e privati dei documenti dai caporali, restavano a digiuno per giorni e vivevano in un capannone fatiscente, con docce insufficienti che potevano utilizzare solo per pochi minuti e senza acqua calda. Non solo. I bagni agibili erano solo 2 quindi i braccianti spesso erano costretti ad espletare i loro bisogni all’aperto. Una situazione al limite del tollerabile. La via di fuga? Una disperata ricerca su google digitando la frase “lotta al caporalato”. Così i lavoratori rumeni risalirono all’indirizzo del sindacato e armandosi di coraggio chiesero aiuto alla Flai Cgil. Da qui l’operazione anti-caporalato che ha portato all’arresto dei due soci in affari e il sequestro del casolare dormitorio e dei due bus utilizzati per il trasporto. Inoltre, sempre durante l’operazione, era stata accertata un’evasione contributiva di circa 4 milioni insieme a una multa salatissima di 400mila euro per violazione delle norme di prevenzione e sicurezza sul lavoro. Gli inquirenti erano riusciti a scoprire che l’azienda si era fatta carico delle spese di viaggio salvo poi decurtarle dalla loro paga, già irrisoria. I braccianti venivano pagati con assegni, ma poi erano costretti a restituire una parte del denaro. In pratica ciò che restava nelle loro mani era un compenso di un euro all’ora. L’unico dipendente assunto regolarmente era proprio l’uomo accusato di sfruttamento dei connazionali.

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